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56. La beata attesa dei giusti e innocenti non battezzati nel Limbo. Tutti quelli non battezzati ma giusti o incolpevoli non andranno all'Inferno: che è sofferenza pura, non andranno in Purgatorio: che è pur sempre sofferenza d'amore, ma resteranno nel Limbo: dove non vi è sofferenza, in attesa che venga la vera Gioia del Paradiso, fatto che è già 'gioia' in quanto 'anticipazione', pregustazione della gioia futura.
A proposito del Limbo, vi è un curioso episodio - raccontato ne ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’
- dove si parla delle varie dimore dell’Aldilà alle quali, dopo il Giudizio particolare, le anime vengono destinate.
Innanzitutto ve ne riassumo l’antefatto.
Una donna di Cafarnao, di nome Meroba, è madre di Alfeo e di altri due bambini che ella non ama e tratta anche male. Rimasta vedova si è risposata e attende un bambino.
Maria SS., mossa a compassione per il piccolo, le chiede di lasciare Alfeo a lei per qualche giorno e la donna acconsente ma di mala grazia. Il bambino viene dunque temporaneamente ‘adottato’ dal gruppo di apostoli con alcune loro parenti e discepole che in quel periodo si erano aggregate a Gesù in quel suo viaggio di predicazione.
Una certa Sara, ricca vedova con emporio e terre ad Afec nella Decapoli, incontra le discepole con Gesù ed il piccolo Alfeo presso la cittadina di Ippo.
Lei si mette al seguito del gruppo apostolico che – giunto presso la cittadina di Afec, dove lei risiede – viene invitato al completo a casa sua. Sara – che desiderava ardentemente un figlio – spera in cuor suo che Gesù le affidi in adozione il bambino.
Gesù ovviamente non può farlo, dovendolo restituire alla legittima madre, ma anche perché giudica che le ricchezze della vedova – dalle quali lei pare essere assai poco distaccata - possano essere in futuro un impedimento alla salvezza spirituale del bimbo, una volta diventato adulto.
Gesù non concede dunque il bimbo alla vedova ma la invita a curare prima se stessa staccandosi dalla propria umanità.
Il suo desiderio di un figlio – le dice Gesù - la spinga a santità perché in tal caso Dio l’avrebbe esaudita, anche perché gli orfanelli in Israele certo non mancavano.
Prima ancora di arrivare in prossimità di Afec, Sara vuol fare da guida suggerendo al gruppo apostolico una scorciatoia nella campagna.
La Valtorta vede infatti in visione (i grassetti sono miei): 1
(…)
La vedova va avanti indicando la via più breve, ossia lascia la carovaniera per una stradetta che si inerpica per il monte, ancor più fresca e ombrosa.
Ma comprendo il motivo della deviazione quando, volgendosi sulla sella, Sara dice:      
«Ecco, questi boschi sono miei. Di piante pregiate. Vengono a comprarne sin da Gerusalemme per i cofani dei ricchi. E queste sono le piante antiche; ma poi ho vivai sempre rinnovati. Venite. Vedete...», e spinge il ciuchino giù per le balze, su per le creste, e poi giù di nuovo, seguendo la stradetta fra i suoi boschi, dove infatti sono zone ad alberi adulti, già pronti al taglio, e zone dove le piante sono ancor tenerelle, talora alte pochi centimetri da terra, fra erbe verdi, odorose di tutti gli aromi montani.
«Belli questi luoghi. E ben tenuti. Sei saggia», encomia Gesù.
«Oh!... Ma per me sola... Più volentieri li curerei per un figlio...».
Gesù non risponde.
Proseguono la via. Già si vede Afec fra un cerchio di pometi e altri alberi da frutto.
«Anche quel frutteto è mio. Troppo ho per me sola!... Era già troppo quando avevo ancora lo sposo e a sera ci guardavamo nella casa troppo vuota, troppo grande, davanti alle troppe monete, ai conti delle troppe derrate, e ci dicevamo: "E per chi?". E ora più ancora lo dico...».
Tutta la tristezza di un matrimonio sterile balza dalle parole della donna.
«I poveri ci sono sempre...», dice Gesù.
«Oh! sì! E la mia casa si apre ad essi ogni giorno. Ma dopo...»
«Vuoi dire quando sarai morta?».
«Si, Signore. Sarà un dolore lasciare, a chi?... le cose tanto curate...».
Gesù ha un'ombra di sorriso pieno di compatimento. Ma risponde con bontà: «Sei più saggia per le cose della Terra che per quelle del cielo, donna. Ti preoccupi perché le tue piante crescano bene e non si formino radure nei tuoi boschi. Ti affliggi pensando che dopo non saranno più curate come ora. Ma questi pensieri sono poco saggi, anzi sono stolti affatto.
Credi tu che nell'altra vita abbiano valore le povere cose che hanno nome piante, frutta, denaro, case? E che sarà afflizione vederle trascurate?
Raddrizza il tuo pensiero, donna.
Là non sono i pensieri di qui, in nessuno dei tre regni.
Nell'Inferno l'odio e la punizione acciecano ferocemente.
Nel Purgatorio la sete di espiare annulla ogni altro pensiero.
Nel Limbo la beata attesa dei giusti non è profanata da sensualità alcuna.
La Terra è lontana, con le sue miserie; è invece vicina solo con i suoi bisogni soprannaturali, bisogni di anime, non bisogni di oggetti.
I trapassati, che dannati non siano, solo per amore soprannaturale volgono alla Terra il loro spirito, e a Dio le loro preghiere, per coloro che sono sulla Terra. Non per altro.
E quando poi i giusti entreranno nel Regno di Dio, che vuoi che sia più, per uno che contempla Iddio, questa misera carcere, questo esilio che ha nome Terra? Che, le cose lasciate in essa? Potrebbe il giorno rimpiangere una lampada fumigante, quando lo illumina il sole?».
«Oh! no!».
«E allora? Perché sospiri su ciò che lascerai?».
«Ma vorrei che un erede continuasse a...».
«A godere delle ricchezze terrene per averne ostacolo a divenire perfetto, mentre il distacco dalle ricchezze è scala per possedere le ricchezze eterne? Vedi, o donna? Il maggior ostacolo ad ottenere questo innocente non è la madre di lui, coi suoi diritti sul figlio, ma il tuo cuore. Egli è un innocente, un triste innocente, ma sempre un innocente che, per il suo stesso soffrire, è caro a Dio. Ma se tu lo facessi un avaro, cupido, forse vizioso, per i mezzi che hai, non lo priveresti tu della predilezione di Dio? E potrei, Io che ho cura di questi innocenti, essere uno sbadato maestro che, senza riflettere, permette che un suo innocente discepolo si travii? Cura prima te stessa, spogliati dell'umanità ancor troppo viva, libera la tua giustizia da questa crosta di umanità che la deprime, e allora meriterai di esser madre. Perché non è madre solo chi genera o chi ama un figlio adottivo e lo cura e segue nei suoi bisogni di creatura animale. Anche la madre di questo lo ha generato. Ma non è madre perché non ha cura nè della sua carne, nè del suo spirito.
Madre si è quando ci si cura soprattutto di ciò che non muore più, ossia dello spirito, non soltanto di quello che muore, ossia della materia. E credi, o donna, che chi amerà lo spirito, amerà anche il corpo, perché possederà un amore giusto e perciò sarà giusto».
«Ho perduto il figlio, lo comprendo...».
«Non è detto. Il tuo desiderio ti spinga a santità e Dio ti esaudirà. Sempre ci saranno orfani nel mondo».
Vorreste sapere come finirà la storia di Sara e del piccolo Alfeo?
Meno di un anno dopo Meroba, la non buona madre di Alfeo e dei suoi due fratellini, muore malamente ma i suoi bambini rimasti orfani trovano una madre amorosa proprio in Sara di Afec che – distaccatasi dai suoi averi, avendone lasciata la tutela al suo intendente di casa – si era stabilita a Cafarnao finendo poi per adottarli tutti e tre.
Tante sono le meditazioni e gli insegnamenti che si potrebbero trarre da questo episodio, ma ve li lascio tutti.
A me preme solo attirare la vostra attenzione su una parte del precedente colloquio fra Gesù e Sara che vi trascrivo nuovamente qui sotto (i grassetti sono miei):
(Dice Gesù)
(…) Credi tu che nell'altra vita abbiano valore le povere cose che hanno nome piante, frutta, denaro, case? E che sarà afflizione vederle trascurate? Raddrizza il tuo pensiero, donna.
Là non sono i pensieri di qui, in nessuno dei tre regni.
Nell'Inferno l'odio e la punizione acciecano ferocemente.
Nel Purgatorio la sete di espiare annulla ogni altro pensiero.
Nel Limbo la beata attesa dei giusti non è profanata da sensualità alcuna.
La Terra è lontana, con le sue miserie; è invece vicina solo con i suoi bisogni soprannaturali, bisogni di anime, non bisogni di oggetti.
I trapassati, che dannati non siano, solo per amore soprannaturale volgono alla Terra il loro spirito, e a Dio le loro preghiere, per coloro che sono sulla Terra. Non per altro.
E quando poi i giusti entreranno nel Regno di Dio, che vuoi che sia più, per uno che contempla Iddio, questa misera carcere, questo esilio che ha nome Terra? Che, le cose lasciate in essa? Potrebbe il giorno rimpiangere una lampada fumigante, quando lo illumina il sole?».
Gesù, parlando a Sara dell’Aldilà – 2000 anni fa, prima della Redenzione - diceva che i ‘regni’ erano tre: Inferno, Purgatorio e Limbo.
Non parla qui ancora del Paradiso, perché questo è ancora da venire poiché per esso si dovrà appunto attendere il momento della Redenzione con la successiva crocifissione e morte di Gesù quando Egli scenderà agli ‘Inferi’ per liberare i salvati che là lo attendevano per poter ascendere al Cielo.
È però interessante notare la ‘psicologia’ dei trapassati.
Essi non pensano più come noi ma vivono in una prospettiva ed in una realtà completamente diversa.
Nel Purgatorio esiste ad esempio solo l’esigenza di espiare che fa passare in ultima linea qualsiasi altro pensiero terreno.
I suoi 'abitanti' sono lontani ‘anni luce’ dall’attaccamento ‘sensuale’ ai beni ed affetti della terra. Essi stanno con l'occhio rivolto soprattutto a Dio al quale non mancano tuttavia di rivolgere le loro preghiere di intercessione per i propri congiunti o anche amici.
Nell'Inferno non ci si preoccupa certo dei propri congiunti ma anzi, poiché là regna solo l'odio verso Dio, verso lo stesso Satana e verso tutti, l'unico pensiero per i congiunti potrebbe essere semmai quello di poterseli sadicamente portare giù con sè. Triste a pensarvi ma non pensiero privo di una certa aberrante logica.
Nel Paradiso dove sono i 'giusti' battezzati, la terra sarà solo un ricordo come di carcere ed esilio perché essi capiranno, toccando 'con mano', che la loro vera casa, la loro vera Patria, è lì in Cielo.
Nel Limbo dei non battezzati l'attesa dei 'residenti' viene ancora una volta definita 'beata', per cui credo di poter dedurre che vi è affetto e preghiera per i propri cari ma anche in questo caso si tratta di un interesse e di un affetto soprannaturale.
Riassumiamo dunque quanto ho già compreso fino a questo momento sul Limbo, a costo di ribadire cose già dette.
Nel Limbo - visto che il Gesù valtortiano definisce i suoi abitanti come dei 'beati' - non vi è sofferenza, né espiazione, come del resto nemmeno soffrivano i Patriarchi e gli altri giusti dell'Antico Testamento.
Se una qualche 'sofferenza' si può semmai immaginare è quella che deriva dalla 'privazione' di Dio, temperata e resa tuttavia sopportabile dalla 'beata prospettiva' di essere ormai salvi e di poter un giorno accedere al Paradiso ed alla piena beatifica visione di Dio.
Dunque ritengo che per i giusti - da Adamo ed Eva in poi, cioè per tutti i giusti che sarebbero venuti nel seguito della storia - come 'regola generale'2(se non ci fosse stata la futura Redenzione, ben presente invece 'ab inizio' nell'Eterno Pensiero di Dio) sarebbe stato previsto il Limbo fino al Giudizio Finale, quando sarebbero stati giudicati i vivi e i morti: vivi e morti nello spirito, ed i vivi sarebbero ascesi al Cielo.
Grazie però alla successiva Redenzione, grazie ai meriti di Gesù - crocifisso con una orribile Passione dove il dolore non fu la croce di legno ma la Croce dei Peccati del Mondo: tutti divinamente visti per poter meglio soffrire, meglio riscattare e meglio perdonare - grazie alla Redenzione, Dio Padre concesse - e qui mi ripeto rispiegando con dei termini che faranno sorridere ma che almeno ci sono famigliari e ci aiutano a capire - una sorta di 'amnistia' a tutti i Giusti del Limbo, che vennero così 'liberati' e, felici, poterono in anticipo ascendere al Cielo.
Questa eccezione a quella che ho più sopra definito 'la originaria regola generale', non ci deve parere strana perché l'Amnistia di Dio non fu come le nostre, imperfette e ripetute, dove coi 'Buoni' escono i 'Cattivi', continuamente.
L'Amnistia di Dio fu 'unica' e concessa veramente per un fatto straordinario: la morte di un Dio - autocrocifisso poiché Lui accettò, anzi volle la crocifissione per riscattarci - e la Redenzione, ma soprattutto la conquista della 'Gloria' a causa del patimento subito e dell'Amore profuso, per cui avendo liberato il suo popolo in terra dalla schiavitù del Peccato Originale, Egli, il Figlio, aveva diritto al suo primo Popolo in Cielo, quello appunto dei Giusti rimasti fino a quel momento nel Limbo.
Cristo venne dunque per tutti gli uomini, e tutti li riscattò concedendo loro la possibilità - grazie alla Legge dei Dieci Comandamenti incisa nel Cuore e grazie al proprio Libero Arbitrio - di tornare al Padre per essere Popolo di Dio in Cielo dopo essere stati 'figli di Dio' in Terra.
Ma a quelli che, in più, vollero e vorranno essere 'Cristiani': un premio, un 'incentivo' migliore.
Non si tratta di un 'privilegio' perché essere 'cristiani', umanamente parlando, non lo è. Non è un privilegio perché essere cristiani vuol dire essere di Cristo, e Cristo è Dio, e non si può essere di Cristo, sempre umanamente parlando, come facciamo sovente noi, cioè solamente a parole.
Bisogna esserlo spiritualmente, con Amore e anche con Dolore... il dolore accettato ed offerto al Signore.
E tutto questo, ancora umanamente parlando, è 'condanna' anche se spiritualmente, poi, sarà un premio.
Ma in più, in più, per il cristiano che ha avuto la opportunità di nascere 'cristiano', (come pure per colui che non essendo cristiano sarà però stato posto a stretto contatto con la Dottrina cristiana ma l'avrà volutamente respinta, respinta con il cuore, non condividendone l'Amore) l'opportunità sarà stata un Mezzo di Prova, prova perduta e quindi occasione di Giudizio ancora più severo, perché costui avrà sprecato il 'talento' che il Signore gli aveva dato.
L'essere cristiani solo di nome, non esserlo cioè di fatto, non sarà stato un privilegio ma addirittura un fattore di condanna perché avendo avuto la sorte di conoscere veramente Dio, il vero Dio, la Sua Dottrina, essi l'hanno respinto.
Dio infatti - non lo ripeterò mai abbastanza - è 'buono, giusto, ma non stolto'.
Alla sera del Tempo, cioè al momento del Giudizio Universale, i Giusti che non avranno avuto la sorte di essere stati salvati in Cristo e per il Sangue di Cristo che circola santificante nella Chiesa dei Cristiani saranno comunque riscattati dal Peccato in virtù del Sacrificio perfetto operato dal Cristo, Dio e Uomo.
Sacrificio perfetto come Dio e come Uomo.
Nell'attesa essi rimangono nel Limbo: non sofferenza e non gioia ma beata attesa.
Ma non è ingiusta questa loro sorte come non fu ingiusta la sorte dei discendenti di Adamo menomati dal Peccato originale nello Spirito, nel Morale, nella Carne.
È per questo che bisogna fare apostolato: per diffondere il cristianesimo e fare in modo che quanti più giusti non cristiani diventino 'giusti' cristiani così da poter godere da subito, al momento della loro morte, l'ingresso nella nuova Vita che è gioia eterna.
Parimenti saranno benevolmente giudicati i giusti cristiani che avranno dentro di sè rispettato - pur senza stretta osservanza delle norme - i principi del vivere cristiano: timor di Dio e amore di prossimo.
Chiarisco ancora una volta.
È la Grazia quella che consente all'uomo il diritto alla Vita.
Ma la Grazia, per quelli dopo Cristo, è data solo in virtù del Battesimo. E questo è giusto perché altrimenti non vi sarebbe incentivo e premio al diventar cristiani, vale a dire 'figli di Dio' in Cristo.
Quindi tutti quelli non battezzati, veri giusti o incolpevoli non andranno all'Inferno: che è sofferenza pura, non andranno in Purgatorio: che è pur sempre sofferenza d'amore, ma resteranno nel Limbo: dove non vi è sofferenza, in attesa che venga la vera Gioia del Paradiso, fatto che è già 'gioia' in quanto 'anticipazione', pregustazione della gioia futura.


1  M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. VII – Cap. 456.5 – C.E.V.
2 N.d.A.: Qui siamo un poco nel campo delle illazioni, delle ipotesi e della 'speculazione teologica' nella quale Sant'Agostino, San Tommaso d'Aquino e il Beato Giovanni Duns Scoto (filosofo e teologo, definito il 'Dottor sottile') furono maestri, anche se non sempre concordi fra di loro. Al riguardo mi è stato fatto acutamente osservare che questa mia interpretazione sarebbe in effetti corretta solo in vista della futura Redenzione.
«Infatti - mi è stato detto - se Dio non avesse preparato da sempre l’Immolazione del Figlio, il Limbo sarebbe stato eterno e quindi una sorta di Inferno, anche se senza punizioni, ma comunque senza neanche l’attesa della liberazione, ma piuttosto la certezza di non poter comunque mai più vedere Dio, come diceva S. Agostino. Senza la Redenzione io penserei che a causa del Peccato originale non sarebbe stato previsto neanche un Giudizio Finale e una Risurrezione dei corpi. Tutto sarebbe finito con la morte e gli spiriti – anche se buoni o innocenti – sarebbero rimasti nel Limbo in eterno. Ecco perché Gesù parla di “Eterno Immolato” e dice che senza Maria antevista dall’eternità non ci sarebbe stata neanche la Creazione dell’uomo. Infatti a che pro creare l’uomo per lasciarlo per sempre nel Limbo? Chi avrebbe potuto cancellare la Colpa di Origine pagando anche nella Carne il peccato nei Progenitori? Come avrebbe potuto Gesù incarnarsi per mezzo di una Donna se nessuna donna fosse stata degna di diventare la Madre di Dio? Come poteva Dio-Verbo incarnarsi in un corpo che anche minimamente fosse stato preda di Satan? Infatti non era sufficiente che Dio desse per Grazia un’anima immacolata - l’avevano avuta anche Adamo ed Eva - ma poi? Quindi penso sia meglio dire proprio questo, e cioè che se Dio non avesse potuto avere una Maria, noi non saremmo neanche qui a discutere. La Trinità avrebbe continuato a vivere nel Suo Eterno Presente così come aveva fatto prima della Creazione ma non avrebbe potuto espandere il Suo bisogno d’amore! Quindi ringraziamo Maria perché senza di Lei nessuno sarebbe mai nato!».     

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