NoviGL-49 - ilCATECUMENO.it

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49. Insegnamenti, impartiti dalle anime del Purgatorio, sui quali – a ben meditare –
c’è da imparare molto.
Ma non è ancora finita, perché la mistica vede ancora la mamma. Siamo nell'ottobre del 1949, oltre tre anni dopo la precedente1:
Ore 15,30.
Dopo tanto vedo mia mamma2. È fra le fiamme del Purgatorio. Non l’ho mai vista nelle fiamme. Grido. Non riesco a reprimere il grido che poi giustifico a Marta con una scusa, per non impressionarla.
La mia mamma non è più così fumosa, grigiastra, dall’espressione dura, ostile al Tutto e a tutti, come la vedevo nei primi 3 anni dopo la morte quando, benché la supplicassi, non voleva volgersi a Dio... né è annebbiata e mesta, quasi spaventata, come la vidi per gli anni successivi.
È bella, ringiovanita, serena. Sembra una sposa nella sua veste non più grigia ma bianca, candidissima. Emerge dalle fiamme dall’inguine in su.
Le parlo. Le dico: “Sei ancora lì, mamma? Eppure ho tanto pregato per abbreviarti la pena e ho fatto pregare. Stamane per il sesto anniversario ti ho fatto la S. Comunione. E sei ancora lì!.
Ilare, festosa, mi risponde: “Sono qui, ma per poco ancora. So che hai pregato e fatto pregare. Questa mattina ho fatto un gran passo verso la pace. Ringrazio te e la suora che ha pregato per me. Ricompenserò poi... Presto. Fra poco ho finito di purgarmi. Ho già purgato le colpe della mente... la mia testa orgogliosa... poi quelle del cuore... I miei egoismi... Erano le più gravi. Ora espio quelle della parte inferiore. Ma sono un’inezia rispetto alle prime”.
“Ma quando ti vedevo così fumosa e ostile... non volevi volgerti al Cielo...”.
“Eh! Ero ancora superba... Umiliarmi? Non volevo. Poi è caduto l’orgoglio”.
“E quando eri così triste?”.
Ero ancora attaccata agli affetti terreni. E tu sai che non era un attaccamento buono...
Ma capivo già. Ero triste per questo. Perché capivo, ora che non c’era più colpa di superbia, che avevo amato male Dio, volendolo mio servo, e male voi...”.
“Non ci pensare più, mamma. Ora è passato”.
“Si, è passato. E se sono così ti ringrazio. È per te che sono così. Il tuo sacrificio... Mi ha ottenuto il purgatorio e fra poco la pace”.
“Nel 1950?”.
“Prima! Prima! Presto!”.
“Allora non ci sarà più da pregare per te”.
Prega lo stesso come Io fossi qui. Ci sono tante anime, di ogni specie, e molte di madri, dimenticate. Bisogna amare e pensare a tutti.
Ora lo so. Tu sai pensare a tutti, amare tutti. So anche questo ora, e lo capisco, ora, che è giusto. Ora non imbastisco (precise parole) più il processo a Dio. Ora dico che è giusto...”.
“Allora tu prega per me”.
“Eh! prima ci ho pensato a te. Vedi come ti ho conservato la casa. Lo sai, eh? Ma ora pregherò per la tua anima e perché o tu sii felice o tu venga con me”.
“E papà? Dove è papà?”.
"In Purgatorio".
“Ancora? Eppure era buono. Morì da cristiano, con rassegnazione”.
Più di me. Ma è qui. Dio giudica diverso da noi. Un modo tutto suo...”.
“Come mai papà è lì ancora?”.
“Eh!!” (ci resto male, lo speravo in Cielo da un pezzo).
“E la mamma di Marta? Sai, Marta...”.
“Sì, sì. Ora so cosa è Marta. Prima... Il mio carattere... La mamma di Marta è fuori di qui da tanto tempo”.
“E la mamma della mia amica Eroma Antonini? Sai...”.
“So. Noi sappiamo tutto. Noi purganti. Meno bene dei santi. Ma sappiamo. Quando io scendevo qui, lei ne usciva”.
Vedo il lingueggiare delle fiamme e mi dànno pena. Le chiedo: “Soffri molto per quel fuoco?”
Ora no. Ora ce ne è un altro più forte che non fa quasi sentire questo. E poi... quell’altro fuoco dà voglia di soffrire. E allora il soffrire non fa male. Io non volevo mai soffrire... lo sai...”.
“Sei bella, mamma, ora. Sei come ti volevo”.
“Se sono così lo devo a te. Eh! quante cose si capiscono quando si è qui. Si capiscono sempre di più, più ci si purifica dell’orgoglio e dell’egoismo. Ne avevo tanto...”.
“Non ci pensare più”.
“Ci devo pensare... Addio, Maria...”.
“Addio, mamma. Vieni presto a prendermi...”.
“Quando Dio vorrà...”.
Ho voluto segnare questo. Contiene insegnamenti.
Dio punisce prima le colpe della mente, poi del cuore, ultime le debolezze della carne.
Bisogna pregare, come fossero nostri parenti, per i purganti abbandonati; il giudizio di Dio è ben diverso dal nostro; i purganti capiscono ciò che non capivano in vita perché pieni di se stessi.
A parte il dispiacere per papà... sono contenta di averla vista così serena, lieta anzi, povera mamma!
In questa visione la mistica vede per la prima volta la mamma fra le 'fiamme' del Purgatorio... dalla cintola in su.
L'Immagine delle fiamme serve a farle capire che la mamma è ora nel vero profondo 'fuoco' della purificazione che sempre più aumenta quanto più l'anima si avvicina a Dio.
La mistica, vedendole, non riesce a reprimere un grido di spavento, ma in compenso la mamma - che sente prossimo il suo ingresso in Paradiso - le appare bella, ringiovanita e serena, a conferma del fatto che quando le anime sono in Purgatorio - e ancor di più in Cielo - subiscono una spirituale metamorfosi, una sorta di spirituale trasfigurazione che sarà più evidente nel momento della materiale trasfigurazione della resurrezione dei corpi al Giudizio universale.
La mistica, quel mattino, nel sesto anniversario della morte della mamma, le aveva offerto l'Eucarestia. E la mamma le risponde che quella stessa mattina lei aveva fatto un grande passo verso la pace. Non si può non rilevare l'importanza dell'offerta della S. Comunione, come pure la coincidenza con il compimento del sesto anniversario della sua morte, morte che non è morte ma è nascita alla Vita del Cielo.
Molti mistici hanno confermato che il Cielo elargisce un maggior numero di grazie in occasione di anniversari, quasi fossero dei premi come facciamo noi in terra, o in occasione della ricorrenza di importanti solennità religiose, quando non solo in terra ma pure in Cielo si fa festa.
Ecco dunque l'importanza di chiedere grazie a Dio in tali occasioni. È come se - per intenderci umanamente - il Cielo in queste ricorrenze fosse 'meglio disposto', cioè più benevolo.
Succede così anche in terra.
Un altro particolare che merita attenzione: all'inizio le anime purganti - specie quelle che hanno peccato in orgoglio, superbia o egoismo - pur sapendosi in salvo, anzichè elevare 'peana' ed 'alleluia' al Cielo, conservano come un risentimento verso Dio che le ha salvate. Ciò può stupire ma è la conseguenza del fatto che esse nelle prime fasi conservano la loro mentalità che avevano in vita, con le loro durezze e superbie.
Il loro stesso attaccamento ai beni terreni per non dire anche agli affetti, se men che santi, è un ostacolo alla loro crescita spirituale, ma tutto concorre alla loro maggior sofferenza e dunque espiazione.
La mamma dice a sua figlia che presto lei 'ricompenserà', a dimostrazione della gratitudine che le anime del Purgatorio provano per chi le aiuta.
Si comprende poi che la purificazione segue una sua logica: prima si espiano le pene della mente, come ad esempio la superbia o l'orgoglio, quindi quelle del cuore, come gli egoismi, e infine quelle della parte inferiore.
Infatti le fiamme partendo dal basso le arrivano sino all'inguine, fiamme che però - dice la mamma - sono una inezia rispetto a quelle che erano state le prime, quando lei - pur in Purgatorio - era superba, orgogliosa, ancora attaccata ai beni terreni.
Spesso quando si parla di anima - fosse anche la 'nostra' - si pensa ad essa astrattamente, ma in realtà l'anima siamo noi, un 'noi' senza corpo' ma integri nel nostro pensare.
Mi sembra di capire che quando l'anima va in Purgatorio vi si ritrova con la sua 'Psiche' e 'carattere' che aveva in terra fino ad un momento prima di 'morire'.È solo dopo che - nella sempre maggior consapevolezza delle proprie colpe - essa comincia a 'lavorarsi' nel rimorso e nel dolore del pentimento.
È il sacrificio della figlia - lei dice - che le ha ottenuto il Purgatorio, il che farebbe quasi dedurre che senza i meriti di sua figlia anima-vittima lei non si sarebbe nemmeno salvata: è il solito discorso della 'Comunione dei santi'.
Infine la mamma invita la figlia a non desistere dalle preghiere, anche se lei è ormai prossima al Paradiso, perché sono tantissime le anime, fra cui molte madri, che sono in Purgatorio: questo significa che le preghiere per i propri defunti, anche se nel frattempo essi fossero già andati in Paradiso, non vanno perdute ma vanno ad aiutare - e questa è ancora una volta la 'Comunione dei santi' - altre persone dimenticate o comunque molto bisognose.
È poi confermato quanto aveva detto in precedenza Gesù: più si sale e più il 'fuoco' dell'Amore purificatore brucia, ma ad un certo punto è tale la gioia di essere vicini al traguardo del Paradiso che il 'fuoco'... non brucia più.
Meditiamo queste visioni e queste parole perché - quasi certamente - toccherà anche a noi e non dobbiamo a quel punto sentirci dire da Gesù: 'Eppure, un giorno, te lo avevo mostrato e anche fatto capire...!'.
Per lo meno facciamone tesoro, sfruttiamo il 'talento' concessoci e '...io speriamo che me la cavo' come aveva scritto in un tema un bambino delle scuole elementari.
Vi è però qualcosa su cui bisognerebbe ancora riflettere: le Sante Messe di suffragio e le comunioni offerte per i defunti.
L'importanza delle prime è grande, ma quanto poche sono le persone che se ne ricordano o che se ne ricordano solo molto saltuariamente o addirittura che non lo sanno, per non dire di coloro che considerano le Sante Messe di suffragio per i defunti un 'trucco' dei preti per fare soldi con le offerte.
Con la Santa Messa - che rinnova in maniera incruenta la Passione, Morte e Resurrezione di Gesù - si offrono, non mi stancherò mai di ripeterlo, i 'meriti infiniti' della Sua Passione, Crocifissione e Morte a favore di una certa persona o di gruppi di persone.
Ora, la S. Messa ha - di per se stessa - un valore oggettivo, ma mi domando quanto più Gesù gradirebbe l'offerta se essa fosse accompagnata oltre che dalla Comunione anche da un sacrificio personale del richiedente.
Nell'Antico Testamento - lo avevo già detto - per chiedere perdono o aiuto a Dio si offrivano in olocausto gli animali più belli, peraltro 'innocenti' animali senza colpa alcuna, o anche i prodotti agricoli migliori: quelli senza difetto.
A partire dal Nuovo Testamento, Dio gradisce invece solo i sacrifici dell'io umano perché è l'io che pecca ed è con l'io che si deve riparare.
Il principio del sacrificio, nell'Antico Testamento, consisteva nel fatto che - dovendo chiedere delle 'grazie' al Signore - bisognava rendere credibile la legittimità di questa richiesta rinunciando a qualcosa che era molto caro al richiedente. Di qui, appunto, l'offerta di sacrifici di animali senza imperfezioni oppure il versamento di somme in denaro a simboleggiare la rinuncia a qualcosa a cui anche i 'migliori' sono piuttosto attaccati.
È d'uso - nel chiedere oggi ad un sacerdote di dire una Messa per un defunto - accompagnare la nostra richiesta con un obolo, solitamente per i poveri o per il mantenimento della chiesa, obolo che tuttavia non rappresenta una 'tariffa' imposta ma, commisurato alle possibilità economiche del richiedente, costituisce simbolicamente il 'sacrificio' personale che ciascuno offre liberamente a sostegno della propria richiesta.
Non conta però l'ammontare dell'offerta ma l'intenzione del cuore. Il Signore vede tutto e specialmente l'interno dei nostri cuori.
Significativo l'episodio evangelico - mi pare di ricordare fosse una vedova - che offriva i suoi 'piccioli' al Tempio, dove il suo 'piccolo' era però il suo 'tutto' perché poteva significare il rinunciare ad un pasto, quindi un sacrificio ben più grande di quello di un ricco che offriva a Dio il superfluo.
Vi è gente che non ha possibilità economiche e magari - credendo che l'offerta sia 'obbligatoria' - rinuncia a far dire Messe, vergognandosi di non poter dare un obolo 'decoroso'. Niente di più sbagliato: l'obolo non è un obbligo, nel modo più assoluto, e quello che il Signore preferisce è l'obolo impalpabile del nostro 'cuore'.
Tuttavia, anche senza richiedere al sacerdote una apposita Santa Messa, si possono - debitamente pentiti e confessati per essere 'in regola' di fronte a Gesù - offrire intimamente a favore di un defunto i meriti di Gesù in una usuale Messa alla quale si partecipi, accompagnando la richiesta di 'grazia' con l'offerta dell'Eucarestia come aveva fatto la Valtorta con la mamma, ma soprattutto con un sacrificio personale, come la rinuncia a qualche pasto, o accontentarsi di un pasto frugale a pane ed acqua, oppure con una rinuncia per qualche tempo a qualche cosa che ci è particolarmente gradito, come sigarette, caffè, acquisto di giornali od altro ancora, infine partecipando a tridui o Novene di S. Messe, possibilmente in orari 'scomodi' che già di per se stessi costituiscano un sacrificio.
È il sacrificio quello che conta, è il 'nostro' sacrificio quello che rende credibile e tanto più accettabile da parte Dio la nostra richiesta.
Non bisogna neanche confidare in un effetto 'miracoloso' sperando di 'cavarcela' con una sola o con poche Messe fatte dire da un sacerdote dietro la rituale corresponsione di un obolo, magari anche ricco, e chi s'è visto s'è visto, quasi per scaricarci macchinalmente la coscienza: il Giudizio di Dio è imperscrutabile e ripeto che è l'intenzione profonda del nostro 'cuore' quella che per Dio conta.
Abbiamo peraltro visto che nel caso di Maria Valtorta, nonostante le tante Messe di suffragio e le sue numerose offerte di espiazione, il Purgatorio della mamma è stato lungo e doloroso.
Abbiamo pure compreso - perché è la sua stessa mamma che lo ha detto - che lei ha potuto salvarsi (in Purgatorio) grazie ai sacrifici, alle offerte e alle preghiere della figlia anche per le altre anime del Purgatorio.
Evidentemente Dio - nel Giudizio particolare sulla mamma - ha esercitato verso di lei misericordia per i meriti della figlia e della 'Comunione dei santi'.
Dove sarebbe finita se la Valtorta non avesse così a lungo pregato?
Questa è una 'lezione' che non bisogna assolutamente dimenticare almeno per quanto concerne i nostri cari che sono il nostro 'prossimo più prossimo': che non succeda a noi un giorno di dover soffrire per le omissioni di preghiere dei nostri figli, come noi abbiamo forse fatto con i nostri genitori, o abbiamo fatto in misura insufficiente o senza lo spirito ed il 'cuore' giusto che è quello che dà 'sapore' alla nostra richiesta.
Dal racconto che la Valtorta ha fatto abbiamo anche capito che contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la carità dei trapassati nei confronti dei viventi è sempre vigile e vicina. Essi non si disinteressano e non ignorano quel che succede intorno a noi. E intercedono per noi...
È ragionevole comunque pensare - con riferimento al Dante della 'Divina Commedia', un Dante che molti peraltro ritengono sia stato almeno in parte ispirato - che in quello che noi chiamiamo Purgatorio, sia esso un 'luogo' o uno 'stato' poco importa, vi siano delle 'regioni purgative', forse a seconda del grado e tipo delle colpe che sono state commesse in vita oppure - chissà - in base allo stadio di espiazione.
Del resto era sembrato di cogliere questa realtà dalle parole della mamma di Maria Valtorta.
Una regola di carattere generale è che in Purgatorio - e molto di più nell'Inferno - si debba espiare in una forma corrispondente e in qualche modo conseguente al tipo di peccato commesso in vita: la 'norma' sembra essere che si espii con lo stesso 'mezzo' con cui si è peccato. Più esattamente non saprei dirvi per farvi meglio capire, ma - ad esempio - potreste spiegarvela come una sorta di legge del contrappasso, vale a dire un principio che regola la pena che colpisce i peccatori mediante il contrario della loro colpa o per analogia ad essa.
Chi è superbo soffre tremendamente di questa superbia. Chi ha mancato di carità soffre altrettanto tremendamente di questo fatto di cui gli diventano note tutte le implicazioni dirette ed indirette, e così via.
In Purgatorio - lo abbiamo visto - si espiano dunque le colpe spirituali, morali e anche ... carnali.
Ebbene a quest'ultimo riguardo anche il senso in tutte le sue accezioni - quando esso 'tortura' o assilla l'anima di una persona che tuttavia cerca di non arrendersi - se viene in qualche modo represso in terra, è una forma di anticipata espiazione
Se in Purgatorio si soffre c'è comunque una consolazione: una volta in Paradiso la gioia sarà talmente tanta che ci dimenticheremo non solo la Terra e i suoi dolori ma anche lo stesso precedente Purgatorio con le sue nostalgie d'amore.
Avevo richiamato in precedenza l'attenzione sul fatto che i purganti sanno molto di noi, sanno molto ma non però tutto, come aveva detto la mamma di Maria Valtorta: in Purgatorio essi sanno ma 'meno bene' dei Santi in Paradiso.
Ce ne potremmo chiedere la ragione, ma direi che essa è intuitiva. I 'Santi' sono i 'beati' del Paradiso' ed è dunque chiaro che - nella 'Luce' di Dio - essi 'vedano' e 'sappiano' di più di coloro che sono in Purgatorio ai quali fa 'velo' il loro stato di imperfezione spirituale.
La 'luce', grazie alla quale i Santi vedono, è come alimentata dalla Luce del Signore alla quale essi sono sempre collegati, così come un 'carica batterie' alimenta una lampada-flash o il nostro telefono cellulare.


1  M.V.: 'I Quaderni del 1945-1950' - 4.10.1949 - C.E.V.
2  mia mamma, Iside Fioravanzi, nata a Cremona nel 1861, morta a Viareggio il 4 ottobre 1943. Suo marito Giuseppe Valtorta, padre della scrittrice, era nato a Mantova nel 1862 ed era morto a Viareggio il 30 giugno 1935.   

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