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30. Criteri e modalità del Giudizio divino. Lo Spirito Santo: «Non il censo, o la veste, o la condizione, o la posizione, altereranno il giudizio di Dio. Non lo confonderanno i ripieghi e gli scenari messi ad ingannare gli uomini, non le ipocrisie, non gli impuri atti di bontà, di fede, di onestà, di amore».
Il 'Credo' dice che Gesù Cristo – dopo essere salito al Cielo dove siede alla destra di Dio Padre Onnipotente -  verrà a giudicare i vivi e i morti.
Mentre il primo giudizio alla morte del corpo è individuale e solo sullo spirito, il secondo giudizio - alla presenza di tutti gli uomini - è collettivo e solenne, sia nel Bene che nel Male, e riguarderà anche la ‘carne'.
Perché mai la carne? Perché l'uomo può peccare anche abusando col suo corpo.
Il Giudizio particolare sullo spirito è dunque l’anteprima di una ripetizione di quello finale che tuttavia riguarderà gli uomini nella loro unità psicosomatica.
In entrambi i casi – come si evince anche dalla già citata parabola del povero Lazzaro e del ricco Epulone - saremo comunque giudicati sull’Amore che avremo saputo manifestare in vita.
Amore verso Dio e – di conseguenza – verso il prossimo, due Comandamenti nei quali è racchiusa tutta la Legge mosaica e la Dottrina di Gesù.
Approfondiamo ancora la riflessione sul Giudizio.
Il ‘metro’ dl Giudizio particolare non sarà diverso da quello 'collettivo', venendo noi – già al momento della nostra morte - giudicati in maniera irreversibile perché, come diceva nella parabola Abramo al ricco Epulone 'ciò che è giudicato è giudicato e ciò che è scritto è scritto'.
Per non essere ‘giudicati’ ancor più severamente da Gesù è però innanzitutto necessario cominciare con il 'non giudicare' avventatamente il prossimo, nel senso che si possono giudicare i 'peccati', ma non le persone.
Nel primo versetto del Cap. 2 della sua 'Epistola ai Romani', San Paolo aveva invitato appunto gli uomini a guardarsi bene dal giudicare le colpe altrui se poi - sapendo che di colpe si tratta, e soprattutto molto gravi - essi commettono le stesse colpe.
Infatti, questo voler giudicare gli altri, quando poi ci si rende responsabili delle stesse colpe, è di per se stesso una colpa ancora maggiore che ci rende – come dice San Paolo - 'inescusabili' agli occhi di Dio perché si erra in piena coscienza e ci si comporta inoltre da ipocriti che si prendono gioco del Signore.
Ecco, sempre a proposito del Giudizio di Dio, come lo Spirito Santo - in un Dettato alla mistica Valtorta - commenta i versetti 2, 2-8 dell’Epistola ai Romani di San Paolo trascritti in nota (i grassetti sono miei): 1
11-1-48
Ai Romani, cap. II, v. 2 sino all'8°.
Dice il Ss. Autore:
«Il giudizio di Dio è secondo verità. Sia per chi è reprobo, come per chi è tiepido, come per chi arde di purissimo amore sino al sacrificio.
Non il censo, o la veste, o la condizione, o la posizione, altereranno il giudizio di Dio.
Non lo confonderanno i ripieghi e gli scenari messi ad ingannare gli uomini, non le ipocrisie, non gli impuri atti di bontà, di fede, di onestà, di amore.
Le parole del Maestro sono sempre vive e giuste, sia quando dicono: "Non soltanto chi dice 'Signore, Signore' entrerà nel regno dei Cieli"2, come quando fa il parallelo fra il pubblicano e il fariseo3, sia quando dà il mirabile codice della Nuova Legge col discorso della montagna.4
Non c'è mutazione di legge per mutar dei tempi.
E non ci sarà diversità di giudizio, perché sempre secondo verità e giustizia Dio giudicherà.
E più ancora sarà giudicato colui che è deputato a giudicare o si arroga il diritto di farlo.
Più giudicato, perché più sarà chiesto a chi più ha conosciuto della Legge.
E più giudicato perché è detto: "Non giudicate per non essere giudicati".5
Siate piccoli! Siate piccoli, o voi che Io amo. Se lo sarete, Io vi insegnerò la Sapienza. Ve la insegnerò col mio amore. Perché, sappiatelo, la Sapienza si impara più per amore che per istruzione. Io che vi amo, voi che mi amate, siamo lume a capire le parole della Sapienza, che senza luce d'amore, ma per sola coltura, restano oscure in tutto o in parte.
Per questo mai finirà di gridare l'Amore: "E' per la carità che avrete salute e pace"6. Poiché chi ha carità non disprezza le ricchezze della bontà divina, della sua pazienza e tolleranza; chi ha carità ama la penitenza, non giudica, non condanna, non dà scandalo, non diviene tiepido o freddo, o sozzo di corruzione.
Chi ha carità disarma il cuore di Dio anche per quanto gli avviene di colpevolezza.
Dio perdona a chi lo ama e gli piange in grembo, e non solo darà a ciascuno secondo le opere, sempre imperfette, dell'uomo, ma tenendo conto del suo amore che sovente è più grande della sua capacità di far bene.
Anche il desiderio di perfezione sarà calcolato, quando sarà un desiderio attivo, ossia un vero desiderio che non si compie perfettamente soltanto perché la creatura non ha la capacità di compierlo.
Dio vede. Realmente vede. E vede come può vedere Iddio perfettissimo: con perfezione che non si ferma alle apparenze. E con perfezione giudica dopo paziente attesa.»


1  M.V.: ‘Lezioni sull’Epistola di Paolo ai romani’ – Dettato 11 gennaio 1948 – Lezione 7a - C.E.V.
2  Matteo 7, 21; Luca 6, 46
3  Luca 18, 9-14
4  Matteo: 5, 6, 7
5  Matteo 7, 1; Luca 6, 37
6  Galati 5, 22
     

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