NoviGL-06 - ilCATECUMENO.it

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06. Per capire cosa si debba intendere per 'morte' bisogna parlare dell'anima: dell'anima-vegetativa che è nei vegetali, dell'anima-animale che è negli animali e dell'anima-spirituale che è nell'uomo. Nell'animale, quando il suo corpo muore, la sua anima-animale si dissolve. Nell'uomo, invece, il corpo muore quando è l'anima spirituale che - per prima - abbandona il corpo.
La morte è nata con l'uomo, anzi è la conseguenza del Peccato originale, la conseguenza del tradimento dei primi due progenitori che - tentati dal 'Satana-Serpente' - vollero essere 'come Dio', vale a dire prevaricatori, traditori ed usurpatori delle Sue prerogative divine e - in quanto loro Creatore e datore di Vita - anche... 'paterne'.
Dio - per Giustizia - li assoggettò alla morte fisica ma - per Misericordia - anziché distruggere l'Opera divenuta imperfetta grazie alla loro libera proterva volontà, concesse loro una possibilità di riscatto.
Grazie a quello stesso libero arbitrio, dono di Dio agli uomini che Satana aveva perfidamente e sardonicamente utilizzato per farli dannare e trasformarli in 'figli suoi', Dio dette loro la possibilità di riscattarsi se solo avessero liberamente manifestato la buona volontà di volerlo, combattendo contro il proprio 'io' degenerato a causa del peccato.
Dio ci vorrebbe tutti come suoi 'figli', ma desidera che siamo noi a 'volerlo': Dio non vuole 'forzarci' ad amarlo ma desidera essere amato da noi in tutta adesione e libertà.
A questo punto del discorso però non posso continuare a parlare della Morte - ed in seguito del Giudizio particolare - se non si approfondisce il problema della nostra anima visto che, dopo la morte del corpo, ad essere messa in discussione - nel Giudizio particolare - è proprio 'lei'.
Quando si parla di anima bisogna allora fare delle distinzioni.
'Anima' è un termine che può essere inteso nelle più svariate accezioni, secondo le diverse concezioni filosofiche relative al mondo e all'uomo.
«Anima - spiega Enrico Zoffoli1 - si dice di ogni principio vitale, comune alle piante e agli animali (= anima vegetativa e anima sensitiva), anima si dice soprattutto parlando dell'uomo, la quale è ritenuta la 'forma sostanziale' del corpo, essenzialmente immateriale e incorruttibile, creata da Dio, ricca di una personalità che, maturando attraverso le esperienze della vita temporale, è destinata a realizzare la sua definitiva perfezione nel possesso intellettuale di Dio, Sommo Bene, suo ultimo Fine».
San Paolo, in un paio di sue Epistole, aveva scritto che l'uomo è una realtà composta da 'carne', e cioè dal corpo, nonché da anima e spirito.
Anima e spirito non sono sinonimi, come si potrebbe pensare.
L'anima comunemente detta - come spiegato dallo 'Zoffoli' - è un principio vitale che caratterizza tutti i vegetali e gli animali, per cui la si differenzia in 'anima-vegetale' ed 'anima-animale'.
A ben vedere la 'scala' della Creazione è composta da tre 'mondi': minerale, vegetale ed infine animale.
Il mondo minerale non ha sensibilità né principio vitale, anche se ha pur sempre una sua 'vita' costituita da processi - per così dire - elettro-chimici che avvengono in base a leggi misteriose che comprendiamo nel loro manifestarsi ma non quanto alla Causa intelligente che le ha 'inventate'.
Sappiamo ad esempio che unendo due impalpabili atomi di gas idrogeno (H2) ed uno di ossigeno (O) si forma una sostanza liquida: l'acqua (H2O).
Constatiamo dunque l'esistenza in natura dell'acqua, senza la quale non esisterebbe vita, sapendo che essa deriva da una misteriosa legge di aggregazione di questi tre atomi, 'legge' che in qualche modo dà 'vita' all'acqua.
Nel mondo vegetale - dotato di una linfa che fa crescere e sviluppare erbe, piante e fiori, mondo dunque superiore a quello inerte minerale ma ancora inferiore a quello animale - vi è invece un misterioso 'principio vitale' vero e proprio che fa 'vivere' le piante facendone germogliare i semi che poi si sviluppano secondo le 'leggi' che Dio ha inciso nel loro 'Dna'.
Questo 'principio' vitale' contiene persino - nel segreto del seme - la futura 'forma' sempre identica per ogni specie, principio vitale che permette alle piante una sensibilità vegetativa al punto di far loro percepire calore e freddo, luce e buio, cambiamenti stagionali, catturare ad esempio l'energia della luce attraverso la fotosintesi clorofilliana, processo chimico di stupefacente complessità grazie al quale le piante verdi producono varie sostanze organiche quali la cellulosa con la quale esse si sviluppano. Si tratta dunque di un 'principio vitale' regolato da processi estremamente 'intelligenti' che fanno vivere la pianta, dandole insomma la vita.2
La scienza - pur avendo cominciato a capire molti meccanismi di questa vita - non ha ancora potuto capire - né forse lo potrà mai - in cosa consista questo 'principio vitale' che sfugge all'analisi di qualsiasi microscopio anche elettronico.
Per capire certe cose l'unico microscopio 'abilitato' a farlo è infatti l'occhio della Fede.
Ricordo che anni fa, partecipando ad una Conferenza in Francia, ad una Relatrice atea - una scienziata peraltro molto 'competente' nel campo medico - venne posta da una persona del pubblico la domanda se nei suoi studi - di fronte al contatto ravvicinato con la perfezione del funzionamento del corpo umano - lei fosse giunta a credere in Dio e nella esistenza dell'anima.
La sua risposta, con un sorriso gentile ma con un tono asciutto, fu: 'Crederò all'anima solo quando la vedrò sotto la lente del mio microscopio!'.
Ecco, credo che - persone del genere - crederanno al 'principio vitale' solo quando potranno vederlo nel loro microscopio elettronico.
Nel mondo animale - che nella scala creativa è di grado superiore a quello vegetale - vi è un più complesso 'principio vitale'.
È un 'principio' che consente all'animale - dotato di sangue anziché di linfa - capacità più sviluppate di quelle del mondo vegetale (che è ad esempio ancorato al terreno dalle proprie radici), come la mobilità, la possibilità di cercarsi una tana, scegliersi un 'compagno' per amico o una 'compagna' con istinti finalizzati alla riproduzione, ma anche con forme di 'intelligenza' via-via più sviluppate, per arrivare al vertice della scala ascendente del mondo animale: l'uomo.
L'Uomo, un'animale' dotato non solo - come tutti gli animali - di anima-animale ma anche di anima spirituale, la quale è di per sé intelligente e dotata di autocoscienza.
Comunemente - visto che la scienza atea non crede nell'esistenza dell'anima - si ritiene che sia il 'cervello' l'organo che produce i pensieri e determina i comportamenti, mentre in realtà è l'anima intelligente che 'utilizza' l'organo-cervello per produrre azioni, così come ad esempio è il 'conducente' che guida intelligentemente una autovettura nel modo corretto e non l'autovettura, mero strumento, che decide il percorso da sé.
L'uomo, è un essere che è capace di comprendere concetti altissimi come quello della esistenza di un Dio Creatore e della necessità di adorarlo.
Gli animali, ed in particolare l'uomo in quanto essere 'animale', trasmettono il loro 'principio vitale' attraverso il processo riproduttivo o procreativo.
Anche nel caso del mondo animale non si è mai scoperto in cosa consista esattamente questo 'principio vitale' e quindi cosa sia esattamente la 'vita'.
Sappiamo - per fede - che Dio è Vita, ma noi?
Il Credo, la nostra professione di fede, recita: 'Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio...'
Quale è allora il nesso fra Dio che è Vita e dà la Vita e noi che abbiamo in noi stessi questo principio vitale che chiamiamo vita?
L'uomo - ove fosse dotato solamente di un'anima-animale - potrebbe dichiararsi soddisfatto della propria elevata intelligenza 'animale'.
Sarebbe però semplicemente un animale come tutti gli altri, solo più intelligente, se Dio non gli avesse infuso - all'atto del suo concepimento - anche un altro tipo più sofisticato di anima: l'anima-spirituale.
Potremmo definire quest'ultima come «l'anima dell'anima animale», cioè lo 'spirito' dell'anima, vale a dire la sua parte soprannaturalmente più intelligente, più sofisticata, quella capace di elevare l'uomo dal rango di animale in senso stretto a quello di essere spirituale, fatto - nello spirito intelligente ed immortale - a somiglianza di Dio, un'anima che può non solo 'colloquiare' con Dio, ma che può farlo vivendo poi per l'eternità grazie proprio alla sua natura spirituale.
L'uomo - più che un animale dotato di anima spirituale - potremmo definirlo allora come uno spirito rivestito di carne animale, vale a dire posizionato in un gradino intermedio fra l'animale propriamente inteso e lo spirito angelico.
Ebbene è grazie all'anima spirituale che siamo 'uomini' e non semplicemente animali intelligenti, e l'uomo - proprio in quanto 'essere spirituale' - non muore affatto quando muore il suo corpo, come del resto diceva prima San Paolo: «Il corpo, come seme, cade, finito il suo ciclo, nella corruzione della fossa. Lo spirito torna alla sua Fonte per essere giudicato se è vivo o putrido quanto la carne, e a seconda del suo essere va al suo destino». 3
Quando muore l'uomo, la sua anima-spirituale in un certo senso precede la morte del corpo perché - nel caso dell'uomo - i processi si invertono.
Per spiegarmi meglio cercherò di ripetermi e dirò che l'uomo muore quando il suo 'io interiore', la sua anima spirituale intelligente, alla luce di Dio ed al comando di Dio, abbandona quel corpo ormai spiritualmente inutile o materialmente inservibile.
Quando invece a morire è l'animale, la sua 'anima-animale', cioè il suo 'principio vitale'' non arricchito dallo 'spirito' che Dio insuffla invece nell'uomo, si dissolve con la morte del corpo. Il dissolvimento dell'anima-animale è cioè contestuale alla morte del corpo.
La morte nell'uomo è una conseguenza dell'abbandono della 'carne' da parte dell'anima-spirituale che invece sopravvive e si presenta a quel punto al Giudizio di Dio.
È proprio questa l'inversione del processo rispetto al semplice animale: l'uomo - in quanto 'carne' - muore quando è abbandonato dall'anima spirituale.
Il Decreto di abbandono è sempre di Dio!
Maria Valtorta aveva il suo Angelo custode, Azaria, che le impartiva regolarmente delle 'lezioni' spirituali di altissimo livello.
In una di esse, commentando una epistola di San Giovanni apostolo, l'Angelo le spiegava un concetto importante che ci consola, e cioè che una persona 'colpevole', ma addolorata di aver spiaciuto a Dio, ha già in questo stesso amore, che è carità, la sua prima assoluzione.
Poi Azaria, parlando dell'anima, aggiungeva (i grassetti o le sottolineature sono sempre i miei):4
«...Giovanni apostolo, il beato e amoroso Giovanni, vi dà nell'epistola5 la misura di ciò che può la carità, e le altezze che raggiunge, e, per contrapposto, vi fa vedere l'abisso in cui precipita chi non ha la carità. "Noi sappiamo di essere stati trasportati da morte a vita perché amiamo i fratelli".
Da morte a vita! Che frase lapidaria, Maria! L'uomo è morto, è un morto se non ama.
L'uomo risuscita e acquista vita, dopo esser stato un morto, se ama.
Come questo miracolo? I poveri, i veri poveri del mondo, ossia quelli che non conoscono Dio non possono comprendere questa verità e la deridono come parola di delirio. Ma chi crede, chi realmente crede, la comprende.
Dio è Carità. Perciò chi ama è in Dio.
Chi è Colui che dà o rende la vita? Dio.
Sia che dal limo tragga l'uomo, e lo vivifichi con l'alito divino spirato sulla forma di creta, sia che cooperi alla procreazione degli uomini col creare un'anima per l'embrione animale che si è concepito in un seno; l'anima: la vita dell'uomo che non è un bruto e che, senza questa vita della sua esistenza, non sarebbe neppur materialmente vivo perché a lui, per esserlo, non basta avere il respiro come l'animale nelle narici, ma deve possedere questa spirituale gemma, questa vena spirituale che lo tiene congiunto al Seno Ss. del suo Creatore e nutrito di Lui che è Spirito e Luce e Sapienza e Amore. E sia, infine, che a colui che ha già reso la sua anima, Egli rinfonda detta anima risuscitandolo. È sempre il "Voglio" divino quello che fa vivere la creatura.
Ma la creatura ha una vita nella vita: la sua anima.
E questa, che non muore, per la morte fisica, essendo immortale, può ben morire se, come ho detto sopra, si recide dal Seno del suo Signore.
L'odio, qual che ne sia la forma e la testimonianza, è il coltello che recide il legame col Signore, e l'anima, separata dal suo Dio, muore.
Perciò soltanto la carità fa dei morti dei vivi. Perché senza carità morti siete. E morti erano molti, i più, prima che la Carità fatta Carne venisse ad insegnare l'Amore come Salute.
Perciò può ben dire Giovanni apostolo che i veri cristiani sanno di essere trasportati da morte a vita per la Carità che ha loro comandato di amare i fratelli sino all'olocausto, dando l'esempio dell'amore perfetto.
Il comando d'amore, che i buoni accolgono, è come il soffio della vita ispirato sulla creta per farne l'Adamo, o il fiat che si ripete per ogni infusione d'anima in un germe d'uomo, e soprattutto come il grido del Risuscitatore "Io te lo dico: alzati!" e il "Lazzaro, vieni fuori!" ai risuscitati di Palestina.
Dio, che rientra con l'amore, riporta i morti a vita per l'amore. Ma chi non ama resta nella morte, ossia nel peccato, perché il peccato, in tutte le sue forme, è odio.
Il figlio che non rispetta i genitori e li opprime di pretese e di egoismo, colui che nuoce al suo prossimo con la violenza, il furto, la calunnia, l'adulterio, è omicida. Non occorre uccidere per essere omicida. Anche chi fa morire di vergogna o di dolore, anche chi porta le anime alla disperazione per azioni che levano loro pace e fede e onore e stima, e mezzo di lavorare, e vivere, e far vivere ai suoi famigliari; anche chi porta colla sua ferocia sanguinaria o con la sottile persecuzione morale a disperare di Dio e a morire odiandolo, sono omicidi dei fratelli, ed è come tentassero di uccidere Dio, in una nuova Crocifissione, perché Dio è nei fratelli vostri e i vostri fratelli sono in Dio di cui sono figli e l'omicida dei fratelli, colui che odia i fratelli materialmente o moralmente, o spiritualmente, non colpisce essi solo, ma colpisce, attraverso essi, Dio, e come tutti i deicidi è un morto.
Nel Regno di Dio i morti non entrano. Il Regno di Dio si inizia nello spirito dell'uomo sulla Terra con l'unione con Dio, si completa in Cielo col pieno possesso di Dio.
Qui, sulla Terra, Dio in voi; in Cielo: voi in Dio. Ma Dio non entra nella putrefazione di morte, e la putredine di morte non entra in Cielo.
Nella Gerusalemme eterna come non vi saranno templi "perché suo tempio è il Signore nel quale tutti saremo"; come non vi sarà bisogno di sole o di luna, perché suo splendore è Dio, e suo luminare l'Agnello come non avrà porte, perché non ci sarà più nemico per Essa, né Tenebra ad odiarla; così non ci sarà in essa nessuno di impuro e corrotto, nulla di morto, ma solo coloro che avranno scritto il loro nome nel libro della Vita, ossia nella Carità che Vita è. "Da questo abbiamo conosciuto la carità di Dio: dall'avere dato la sua vita per noi".
Ecco la misura del perfetto amore: l'immolazione. E Gesù-Amore ve l'ha data con Sé Stesso morto su un patibolo dopo avervi dato dottrina e miracoli, ossia ancora amore, ma non perfetto amore.
La perfezione dell'amore è nel sacrificio. Egli stesso, alle soglie ormai della Passione, quando già poteva dire di aver finito la predicazione, quando avrebbe dovuto essere sconfortato perché al fiume delle parole dette non corrispondeva che un minuscolo ruscello di convertiti, esclamò: "Quando sarò innalzato da terra trarrò tutto a Me".
Perciò il Cristo sapeva che solo l'immolazione avrebbe vinto gli ostacoli di Satana e della carne, e le parole sarebbero germinate sotto la pioggia del suo Sangue...».
Merita fra le altre particolare riflessione la precedente affermazione di Azaria. Egli - parlando dello spirito insufflato da Dio - dice che l'uomo, che non è un bruto, senza l'anima spirituale che è vita, non sarebbe neppur materialmente vivo perché all'uomo, per esserlo, non basta avere il respiro (vale a dire l'anima-animale) come l'animale nelle narici, ma deve possedere questa spirituale gemma, questa vena spirituale che lo tiene congiunto al Seno Ss. del suo Creatore e nutrito di Lui che è Spirito e Luce e Sapienza e Amore.
Bisogna dunque arrendersi davvero di fronte al mistero costituito dalla nostra anima e dalla nostra stessa vita materiale.
Abbiamo parlato della morte della 'carne' ma - a proposito del rapporto fra spirito e anima, e della morte dell'anima a causa del peccato, il Gesù valtortiano - che parlava alla mistica negli anni '40 - aveva ancora spiegato:6
Dice Gesù:
«Perdere la vita, somma sventura per l’uomo che vive nella carne e nel sangue, non è una perdita, ma un acquisto per l’uomo che vive di Fede e di spirito.
Per questo Io ho detto: “Non temete coloro che vi possono uccidere il corpo».
E poi ancora: «Perciò Io ho detto: “Non temete di chi uccide il corpo e non può fare nulla di più”. Io conforto gli ingiustamente uccisi nell’ora della prova, e ciò è garanzia che dopo quell’ora viene la Luce che beatifica.
Ma vi dico: “Temete colui che, dopo avervi ucciso, vi può gettare nella geenna”.
Ucciso come? Ucciso che? La vostra anima e il vostro spirito.
L’anima che è lo scrigno, l’arca santa, il ciborio che contiene lo spirito, che è la gemma levata dalla mano di Dio dagli sconfinati tesori del suo Io per porla dentro alla creatura: segno che non si può negare della vostra origine di figli miei.
Come il sangue nelle vene, sta lo spirito nel vostro interno di carne. E come il sangue dà vita alla carne per vivere i giorni della terra, così lo spirito dà vita all’anima per vivere i giorni che non hanno fine.
Dunque la perdita, senza limite di misura, è quella dello spirito e non di poca carne. Né vi è delitto più grande e più condannato da Dio di questo di uccidere uno spirito privandolo della grazia che lo fa figlio di Dio.
Come un figlio nel seno della madre cresce e si forma, raggiungendo l’età perfetta della vita intrauterina, attingendo nutrimento da organi che lo tengono in contatto cogli organi di nutrimento della madre, così colui che sa vivere la vita dello spirito e conservare lo spirito è come un figlio nel seno mio e cresce e raggiunge l’età perfetta della vita intra-Me, attingendo da Me nutrimento e forza...».

1  Padre Enrico Zoffoli: 'Dizionario del Cristianesimo' - Ed. SINOPSIS Iniziative culturali
2  N.d.A.: Fotosintesi: L'erba è verde non perché sia... verde: Il processo di fotosintesi, al quale verrebbe da taluni fatta addirittura risalire l'origine della vita sul globo terrestre, rende molto bene il concetto della fantasia e della potenza creativa di Dio. L'erba è verde non perché sia 'verde' ma perché essa, nel ricevere la luce solare per trasformarla in energia, mentre assorbe le varie lunghezze d'onda di cui la stessa luce solare è composta, non assorbe, e cioè respinge, la lunghezza d’onda che corrisponde al colore 'verde' per cui questa 'onda' viene riflessa indietro, colpisce la nostra rètina ed appare all'occhio della nostra mente - dopo la rielaborazione fatta dal nostro cervello - sotto forma di colore 'verde', il colore appunto dell'erba che vediamo. Nella fotosintesi avvengono degli incredibili processi biochimici che consentono ad un'esile pianta di immagazzinare la luce solare, produrre carboidrati, cioè energia necessaria a produrre riserve alimentari e cellulosa, in sostanza a crescere, e diventare da semino una gigantesca sequoia. Ogni pianta è quindi una sorta di fabbrica alimentata dalla luce solare. Essa infatti - attraverso complesse reazioni chimiche - utilizza i fotoni della luce per ottenere idrogeno dall'acqua che è nel terreno (H2O) e legare quindi l'idrogeno alle molecole di anidride carbonica che diventano così carboidrati, cioè zuccheri. Tutti questi processi avvengono all'interno di piccole catene di montaggio situate nelle foglie, i 'citoplasti', all'interno dei quali ci sono dei 'tilacoidi' nei quali ci sono a loro volta delle molecole di clorofilla che 'catturano' la luce. I processi chimici di fotosintesi (reazioni di fotoni, combinazioni di elettroni, atomi, ecc.) avvengono con una velocità impressionante di migliaia e persino milioni di cicli produttivi al secondo e tutto ciò ci fa intravvedere la mente di un progettista e ingegnere senza pari: il nostro Creatore.
3  N.d.A.: Facciamo esemplificativamente uno 'zoom' sull'anima. Lo spirito dell’uomo, che noi chiamiamo anche comunemente ‘anima’, altro non è che quel ‘soffio di Dio’ di cui parla la Genesi e che viene ‘insufflato’ nell’anima animale dell’uomo per renderlo diverso dagli altri animali, dandogli cioè un ‘quid’ che gli consentirà dopo la morte del corpo una vita spirituale, eterna. Ma allora, vi domanderete, come può succedere che questa ‘anima spirituale’, questo spirito dell’anima, questa nostra quintessenza così perfetta, data direttamente da Dio, finisca per contrarre il Peccato Originale, cioè le sue conseguenze?
Oggi viviamo in una società tecnologica, anzi informatica, dove anche i bambini ormai imparano all’asilo a familiarizzarsi nell’uso del computer. Ed allora - non tanto per i teologi 'nipotini' di Bultmann, che non credono nell’anima a meno che non sia quella ‘animale’, ma per voi - spiegherò l’apparente mistero servendomi di una analogia presa dal mondo dei computers.
In casa avrete certamente un membro della famiglia che conosce l’uso di queste macchine ed al quale potrete magari poi chiedere qualche chiarimento.
Il computer lo potete immaginare come un corpo umano inanimato, come una macchina insensibile, un macchinario che di per sé non risponderebbe a nessun comando. Ma se nel computer il fabbricante introduce il suo software di base (e cioè, per analogia, l’anima animale) ecco che il computer come per incanto si ‘anima’, si accende, comincia a girare ed al primo comando di Avvio comincia ad aprire uno dopo l’altro tutti i suoi programmi di base che servono al suo funzionamento operativo. Il Costruttore (e cioè Dio) non è però ancora soddisfatto di un programma software di quel genere, perché quel programma ce l’hanno – più o meno – anche tutti gli altri animali, e persino i vegetali, a modo loro.
Dio vuole che quel particolare ‘computer’, cioè l’uomo, possa collegarsi attraverso un Internet spirituale con Sé, perché Egli vuole donarsi all’uomo e vorrebbe che l’uomo si donasse a lui, per amarlo ed essere amato, per l’eternità, come un figlio.
Ed ecco che allora, dopo che i due genitori concepiscono nell’amore quell’embrione d’uomo formato dalla fusione di due gameti, ecco che Dio – premuroso e tempestivo – lo munisce di un 'software' ancora più sofisticato di quello dell’anima ‘animale’ già di per sé meraviglioso di cui l’uomo in quanto ‘animale’ viene normalmente dotato al pari degli altri esseri viventi. Un software intelligentissimo, di natura sofisticatamente spirituale, destinato a non morire mai, neanche distruggendo il 'computer'. Questo software aggiuntivo, cioè lo 'spirito' dell’anima, per funzionare ha bisogno del software di base del computer, e cioè dell’anima animale. Se quest’ultimo gira bene, anche l’altro software funzionerà al meglio.
Questa era la situazione di Adamo ed Eva prima del Peccato originale.
Ma dopo, dopo che il Peccato spirituale dei due Progenitori (peccato dovuto non ad un difetto costruttivo del Fabbricante ma ad una imprudenza degli operatori: Adamo ed Eva) ebbe danneggiato quel software sofisticatissimo del loro spirito trasmesso direttamente da Dio, perdendo il contatto con Dio, ecco che andò in cortocircuito anche l’altro software di base, e cioè quell’anima-animale che si trasmette per via naturale con la riproduzione fisica, di padre in figlio, che noi chiamiamo 'procreazione'. Ora – dopo quel Peccato - i programmi ‘cortocircuitati’ del software di base del nostro computer umano non sono più perfetti come quando erano stati progettati, anzi sono tarati. E’ come se essi fossero stati attaccati da un virus informatico al quale incautamente o involontariamente – magari entrando o scaricandoci qualcosa da Internet - abbiamo aperto la porta, e adesso non girano più tanto bene, con conseguenze ora lievi, ora più gravi, ora irreparabili. E anche quel software aggiuntivo, lo spirito dell’anima, anche se introdotto perfetto da Dio in ogni nuovo embrione umano che viene concepito, una volta dentro, subisce le conseguenze del ‘virus’ telematico che aveva già contagiato gli altri programmi di base del computer. Esso subisce cioè le conseguenze del Peccato originale che non gli consentono più di girare secondo le aspettative di chi lo aveva creato. Comunicare con Dio e salvarsi l’anima diventerà più difficile. Entrato per una grave imprudenza, il ‘virus’ ha arrecato al ‘computer’ delle conseguenze irreparabili che pur permettendogli ancora di funzionare ora danno continuamente quelli che in gergo vengono chiamati ‘errori’. L’uomo non è più perfetto, i suoi programmi ‘girano’ ancora ma solo al minimo della loro potenza, con oscuramenti, inceppamenti, inconvenienti di vario tipo.
4  Maria Valtorta: 'Libro di Azaria', Cap. 19 del 23.6.1946 - Centro Editoriale Valtortiano.
5 Gv: 1a, 3, 11-24.
6  M.V. 'I Quaderni del 1943' - 4 agosto 1943 - C.E.V.

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