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10. IL SETTIMO DISCORSO DELLA MONTAGNA NELLA SOSTA DEL SABATO: AMARE LA VOLONTA’ DI DIO. (01 di 3)

10.1 Gesù: «Quando il giorno aveva inizio mi fu fatto osservare che, se tutto viene da volontà divina, anche gli errori degli uomini sono voluti da quella. Questo è errore, ed errore molto diffuso. Può mai un padre volere che il figlio si renda riprovevole? Non lo può…».

Di giorno in giorno, di discorso in discorso, siamo arrivati al settimo.
Nell’Introduzione avevamo parlato delle discordanze evangeliche con particolare riferimento alle due diverse versioni del Discorso della montagna date da Luca e Matteo.
Abbiamo visto che la ragione stava dalla parte di Matteo: Gesù era salito infatti sul monte per tenere il discorso, come diceva appunto Matteo, e non lo aveva tenuto dopo esserne disceso, come aveva scritto Luca che aveva invece ‘legato’ il discorso alla discesa dal monte che, nel suo caso, appariva essere in realtà quello della ‘elezione apostolica’.
Nel primo discorso era stato affrontato il tema della missione degli apostoli e dei discepoli, e cioè i futuri vescovi e sacerdoti, invitati ed ammoniti severamente da Gesù a voler essere in futuro ‘luce del mondo’ e ‘sale della terra’.
Al riguardo avevamo anche citato quel successivo discorso di Gesù – avvenuto dopo la Resurrezione e prima dell'Ascensione – dove, sempre parlando del Sacerdozio, aveva profetizzato agli apostoli (anche lì convenuti a raccolta su un monte) che come per le colpe del Tempio di Gerusalemme la nazione di Israele sarebbe stata dispersa, così ‘sarebbe stata distrutta la Terra quando l’abominio della desolazione fosse entrato nel novello Sacerdozio cristiano, conducendo gli uomini all’apostasia per abbracciare le dottrine d’inferno’.
Nel secondo discorso era stato affrontato il tema della Grazia, persa dai primi due progenitori a causa del Peccato originale e restituitaci da Gesù grazie al Suo Sacrificio ed al Sacramento del Battesimo.
La Grazia rigenera l’uomo, non una volta sola, ma ogni qualvolta l’uomo si pente.
Avevamo capito - per bocca di Gesù1 - la differenza fra la ‘Predestinazione alla Grazia’ e la ‘Predestinazione alla Gloria’.
Alla Grazia sono predestinati tutti gli uomini indistintamente perché Gesù è morto per tutti, ma alla Gloria, cioè alla salvezza in Cielo, sono destinati solo quelli che rimangono fedeli almeno alla legge naturale del Bene, cioè ai Dieci comandamenti.
Grazia che è ‘possedere in noi la luce, la forza, la sapienza di Dio’. Ossia possedere la somiglianza intellettuale con Dio, il segno inconfondibile della nostra ‘figliolanza con Dio’ sapendo – come aveva detto Gesù - che non tutte le anime in Grazia possiedono la Grazia nella stessa misura… non perché Dio la infonda in maniera diversa, ma perché in diversa maniera noi la sappiamo conservare in noi’.
La causa di tutti gli errori che si commettono sulla terra è il peccato che separa l’uomo dalla Grazia e quindi lo rende cieco.
Avevamo poi approfondito il valore spirituale delle varie ‘beatitudini’: quelle dei ‘poveri di spirito’, dei ‘mansueti’ e così via fino all’ultima: ‘Beati gli oltraggiati e calunniati per essere stati di Dio perché a costoro spetterà il trionfo celeste’.
Era stato infine approfondito il tema dell’uso delle ricchezze, in particolare anche del come conquistare il Cielo facendo buon uso di quelle guadagnate ingiustamente.
Nel terzo discorso abbiamo preso in considerazione i consigli evangelici che perfezionano la Legge mosaica, per cui Gesù aveva detto che Lui non era venuto per cambiare la Legge neppure di uno jota ma per completarla divinamente, non come l’avevano ‘completata’ gli uomini nei secoli precedenti rendendola indecifrabile e inadempibile, sovrapponendo precetti e leggi tratte dal loro pensiero e secondo il loro utile. I suoi consigli evangelici sarebbero stati il serto che avrebbe incoronato la ‘testa’ della Legge mosaica resa in tal modo Regina.
Guardarsi dunque dai falsi profeti, come si debba amare il prossimo, come non reagire se percossi, come comportarsi se derubati, non fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi, eliminare la legge dell’occhio per occhio e dente per dente e sostituirvi quella dell’amore del prossimo per rispetto a Dio cercando per quanto possibile di essere perfetti come è perfetto il Padre che è nei Cieli. Non solo non uccidere ma nemmeno adirarsi e, ove succedesse, riconciliarsi perché bisogna perdonare chi ci ha procurato male se si vuole essere perdonati da Dio per il male che abbiamo fatto a nostra volta noi e per le offese arrecate a Dio. Tenere anche conto del fatto che antipatia, distacco e indifferenza sono già di per se stesse delle forme e gradazioni di odio perché il contrario dell’amore è l’odio.
Nel quarto discorso avevamo approfondito i temi del giuramento: non giurare mai, e soprattutto non spergiurare, vera bestemmia perché si chiama coscientemente ed impudentemente Dio a testimonio del proprio falso. E neppure giurare sulla testa della propria moglie o marito e ancor più dei propri figli: la cosa più sacra. Non parliamo poi del giurare sui propri morti
Quindi si è parlato della preghiera, la cui perfezione è data dal ‘Pater noster’, ed in genere della preghiera che serve e di quella che non serve, senza poi dimenticare la preghiera ipocrita. Infine l’argomento del digiuno che va sempre fatto in segreto, sapendo che digiuno non significa sacrificare solo il cibo ma in genere qualunque cosa che rappresenti per noi una ‘privazione’.
Nel quinto discorso abbiamo approfondito l’argomento delle ricchezze, sapendo che bisogna avere distacco verso di esse perché non ce le porteremo nell’Aldilà ma invece, ben usate, possono farci guadagnare un tesoro in Cielo. Inoltre l’uso discreto della elemosina. Bisogna ‘dare’ a chi ha bisogno senza preoccuparsi del proprio futuro economico perché Dio sa e provvede e bisogna avere fiducia nella Sua Provvidenza.
Nel sesto discorso il tema della scelta fra il Bene e il Male, scelta che dipende dal libero arbitrio dell’uomo, per cui l’uomo deve decidere fra Dio e Satana.
Il Male viene dal Disordine provocato da Lucifero con la sua ribellione in Cielo e dal Disordine causato dalla ribellione dei Due Progenitori nel Paradiso terrestre, ribellione che ha dato origine al Peccato originale. Quindi sono stati affrontati gli argomenti dell’adulterio e del divorzio con le gravi conseguenze che comportano per ognuno dei coniugi e per i figli.
Il matrimonio degli sposi che Dio ha unito deve rimanere indissolubile nella buona come nella cattiva sorte. Bisogna sopportare le incomprensioni reciproche con spirito di sacrificio, così come si sopportano certe disgrazie e certe malattie.
Durante questo discorso in cui si parlava di adulterio e divorzio abbiamo fatto conoscenza di Maria di Magdala: prima, donna ‘lussuriosa’, e poi mistica e asceta.
Il settimo discorso è l’ultimo, quello della importanza del fare sempre la volontà di Dio, ubbidendogli in ciò che Egli ci chiede.
Il Discorso della montagna era cominciato – nel calendario ebraico – il giorno dopo il sabato e si conclude sette giorni dopo, nel sabato. Un discorso importante, molto breve ma denso di significati, come in seguito vedremo, poiché il tema trattato di ubbidire a Dio amando la Sua Volontà si potrebbe dire che riassuma in sé tutti i Comandamenti e gli insegnamenti della Dottrina cristiana.
Leggiamo dunque quanto descrive la nostra mistica nella sua visione (i grassetti sono miei):2
1 giugno 1945.
Gesù nella notte si è alquanto dilungato risalendo il monte, di modo che l'aurora lo mostra ritto su uno scrimolo. Pietro, che lo vede, lo accenna ai compagni ed essi salgono verso di Lui.
«Maestro, perché non sei venuto con noi?» chiedono in diversi.
«Avevo bisogno di pregare»
«Ma hai anche tanto bisogno di riposare».
«Amici, nella notte una voce è venuta dai Cieli chiedendo preghiera per i buoni e per i malvagi, ed anche per Me stesso».
«Perché? Che ne hai bisogno Tu?».
Gesù è molto triste e guarda i suoi con occhio che pare supplichi chiedendo qualcosa, o che interroghi. Si posa su questo e su quello e in ultimo si posa su Giuda Iscariota fermandovisi.
L'apostolo lo nota e chiede: « Perché mi guardi così?».
«Non vedevo te. Il mio occhio contemplava un'altra cosa...».
«Ed è?».
«Ed è la natura del discepolo. Tutto il bene e tutto il male che un discepolo può dare, può fare per il suo maestro. Pensavo ai discepoli dei Profeti e a quelli di Giovanni.
E pensavo ai miei propri. E pregavo per Giovanni, per i discepoli e per Me...».
«Sei triste e stanco questa mattina, Maestro. Di' a chi ti ama il tuo affanno» invita Giacomo di Zebedeo.
«Sì, dillo, e se c'è cosa che si possa fare per sollevarlo noi lo faremo» dice il cugino Giuda.
Pietro parla con Bartolomeo e Filippo, ma non capisco ciò che dicono.
Gesù risponde: «Essere buoni, sforzatevi ad essere buoni e fedeli. Ecco il sollievo. Non ce ne è nessun altro, Pietro. Hai inteso? Deponi il sospetto. Vogliatemi e vogliatevi bene, non vi fate sedurre da chi mi odia, vogliate soprattutto bene alla volontà di Dio».
«Eh! ma se tutto viene da quella, anche i nostri errori verranno da quella!» esclama Tommaso con aria di filosofo.
«Lo credi? Non è così. Ma molta gente si è destata e guarda qui. Scendiamo. E santifichiamo il giorno santo con la parola di Dio».
Scendono mentre i dormenti si destano in numero sempre più numeroso. I bambini, allegri come passerotti, già cinguettano correndo e saltando fra i prati, bagnandosi ben bene di rugiada tanto che qualche scappellotto vola, con relativo pianto. Ma poi i bambini corrono verso Gesù che li carezza ritrovando il suo sorriso, quasi rispecchiasse in Sé quelle gaiezze innocenti. Una bambina gli vuole mettere alla cintura il mazzetto di fiori colto nei prati «perché la veste è più bella così» dice, e Gesù la lascia fare nonostante che gli apostoli brontolino, anzi Gesù dice: «Ma siate contenti che essi mi amino! La rugiada leva la polvere dai fiori. L'amore dei bambini leva le tristezze dal mio cuore».
Arrivano contemporaneamente, in mezzo ai pellegrini, Gesù venendo dal monte e lo scriba Giovanni venendo dalla sua casa con molti servi carichi di ceste di pane e altri con ulive, formaggelle e un agnellino, o caprettino che sia, arrostito per il Maestro.
Tutto viene deposto ai piedi dello Stesso, che ne cura la distribuzione, dando ad ognuno un pane e una fetta di formaggio con un pugno di ulive; ma ad una madre, che ha ancora al petto un grasso puttino che ride coi suoi dentini novelli, dà col pane un pezzo di agnello arrostito, e così fa con altri due o tre che gli paiono bisognosi di particolare ristoro.
«Ma è per Te, Maestro» dice lo scriba.
«Ne gusterò, non dubitare. Ma vedi... se Io so che la tua bontà è per molti mi si aumenta il sapore».
La distribuzione finisce e la gente sbocconcella il suo pane, riserbandosene il resto per le altre ore. Anche Gesù beve un poco di latte, che lo scriba gli vuole versare in un tazza preziosa da una fiaschetta che porta un servo (pare un orciolo).
«Però mi devi accontentare dandomi la gioia di udirti» dice Giovanni lo scriba, che è stato salutato da Erma con uguale rispetto e con un rispetto ancora maggiore da Stefano.
«Non te lo nego. Vieni qui contro» e Gesù si addossa al monte e inizia a parlare.
«La volontà di Dio ci ha trattenuti in questo luogo perché andare oltre, dopo il già fatto cammino, sarebbe stato ledere i precetti e dare scandalo. E ciò mai non sia finché il nuovo Patto non sarà scritto. E’ giusto santificare le feste e lodare il Signore nei luoghi della preghiera. Ma tutto il creato può essere luogo di preghiera se la creatura sa farlo tale con la sua elevazione al Padre. Fu luogo di preghiera l'arca di Noè alla deriva sui flutti, e luogo di preghiera il ventre della balena di Giona. Fu luogo di preghiera la casa del Faraone quando Giuseppe vi visse e la tenda di Oloferne per la casta Giuditta. E non era tanto sacro al Signore il luogo corrotto dove viveva schiavo il profeta Daniele, sacro per la santità del suo servo che santificava il luogo, da meritare le alte profezie del Cristo e dell'Anticristo, chiave dei tempi d'ora e dei tempi ultimi ?3
Con più ragione santo è questo luogo che coi colori, coi profumi, con la purezza dell'aria, la ricchezza dei grani, le perle delle rugiade, parla di Dio Padre e Creatore, e dice: "Credo. E voi vogliate credere perché noi testimoniamo Iddio". Sia dunque la sinagoga di questo sabato, e leggiamovi le pagine eterne sopra le corolle e le spighe, avendo a lampada sacra il sole.
Vi ho nominato Daniele. Vi ho detto: "Sia questo luogo la nostra sinagoga". Ciò richiama il gioioso "benedicite" dei tre santi fanciulli fra le fiamme della fornace: "Cieli ed acque, rugiade e brine, ghiacci e nevi, fuochi e colori, luci e tenebre, folgori e nuvole, monti e colline, tutte le cose germinate, uccelli, pesci e bestie, lodate e benedite il Signore, insieme agli uomini di umile e santo cuore".
Questo il riassunto del cantico santo che tanto insegna agli umili e santi. Possiamo pregare e possiamo meritare il Cielo in ogni luogo. Lo meritiamo quando facciamo la volontà del Padre.
Quando il giorno aveva inizio mi fu fatto osservare che, se tutto viene da volontà divina, anche gli errori degli uomini sono voluti da quella. Questo è errore, e errore molto diffuso.
Può mai un padre volere che il figlio si renda riprovevole? Non lo può. Eppure noi vediamo anche nelle famiglie che alcuni figli si rendono riprovevoli, pur avendo un padre giusto che prospetta loro il bene da farsi e il male da sfuggire. E nessun che sia retto accusa il padre di avere spronato il figlio al male.
Dio è il Padre, gli uomini i figli. Dio indica il bene e dice: "Ecco, Io ti metto in questa contingenza per tuo bene", oppure anche, quando il Maligno e gli uomini suoi servi procurano sventure agli uomini, Dio dice: "Ecco, in quest'ora penosa, tu agisci così; e così facendo, servirà questo male ad un eterno bene".
Vi consiglia. Ma non vi forza. E allora se uno, pur sapendo ciò che sarebbe la volontà di Dio, preferisce fare tutto l'opposto, si può dire che questo opposto sia volontà di Dio? Non si può.
Amate la volontà di Dio. Amatela più della vostra e seguitela contro le seduzioni e le potenze delle forze del mondo, della carne e del demonio. Anche queste cose hanno la loro volontà. Ma in verità vi dico che è ben infelice chi ad esse si piega.
Voi mi chiamate "Messia" e "Signore". Voi dite di amarmi e mi osannate. Voi mi seguite e ciò pare amore. Ma in verità vi dico che non tutti fra voi entreranno meco nel Regno dei Cieli. Anche fra i miei più antichi e prossimi discepoli4 vi saranno di quelli che non vi entreranno, perché molti faranno la loro volontà o la volontà della carne, del mondo e del demonio, ma non quella del Padre mio.
Non chi mi dice: "Signore! Signore!" entrerà nel Regno dei Cieli, ma coloro che fanno la volontà del Padre mio. Questi soli entreranno nel Regno di Dio.5
Verrà un giorno in cui Io che vi parlo, dopo essere stato Pastore, sarò Giudice.
Non vi lusinghi l'aspetto attuale.6 Ora il mio vincastro aduna tutte le anime disperse ed è dolce per invitarvi a venire ai pascoli della Verità. Allora il vincastro sarà sostituito dallo scettro del Giudice Re e ben altra sarà la mia potenza.
Non con dolcezza ma con giustizia inesorabile Io allora separerò le pecore pasciute di Verità da quelle che mescolarono Verità ad Errore o si nutrirono solo di Errore.
Una prima volta e poi una ancora Io farò questo. E guai a coloro che fra la prima e la seconda apparizione davanti al Giudice non si saranno purgati, non potranno purgarsi dai veleni. La terza categoria non si purgherà. Nessuna pena potrebbe purgarla. Ha voluto solo l'Errore e nell'Errore stia. Eppure allora fra questi vi sarà chi gemerà: "Ma come, Signore? Non abbiamo noi profetato in tuo nome, e in tuo nome cacciato i demoni, e fatto in tuo nome molti prodigi?".7
Ed Io allora molto chiaramente dirò ad essi: "Sì. Avete osato rivestirvi del mio Nome per apparire quali non siete. Il vostro satanismo lo avete voluto far passare per vita in Gesù. Ma il frutto delle vostre opere vi accusa. Dove sono i vostri salvati? Le vostre profezie dove si sono compiute?
I vostri esorcismi a che hanno concluso? I vostri prodigi che compare ebbero? Oh! ben egli è potente il Nemico mio! Ma non è da più di Me. Vi ha aiutati ma per fare maggior preda, e per opera vostra il cerchio dei travolti nell'eresia si è allargato. Sì, avete fatto prodigi. Ancor più apparentemente grandi di quelli dei veri servi di Dio, i quali non sono istrioni che sbalordiscono le folle, ma umiltà e ubbidienze che sbalordiscono gli angeli.
Essi, i miei servi veri, con le loro immolazioni non creano i fantasmi, ma li debellano dai cuori; essi, i miei servi veri, non si impongono agli uomini, ma agli animi degli uomini mostrano Iddio.
Essi non fanno che fare la volontà del Padre e portano altri a farla, così come l'onda sospinge e attira l'onda che la precede e quella che la segue, senza mettersi su un trono per dire: 'Guardate'. Essi, i miei servi veri, fanno ciò che Io dico, senza pensare che a fare, e le loro opere hanno il mio segno di pace inconfondibile, di mitezza, di ordine. Perciò posso dirvi: questi sono i miei servi; voi non vi conosco. Andatevene lungi da Me voi tutti, operatori di iniquità.
Questo dirò Io allora. E sarà tremenda parola. Badate di non meritarvela e venite per la via sicura, benché penosa, dell'ubbidienza verso la gloria del Regno dei Cieli.
Ora godetevi il vostro riposo del sabato lodando Dio con tutti voi stessi. La pace sia con tutti voi».
E Gesù benedice la folla prima che questa si sparga in cerca di ombra, parlando fra gruppo e gruppo, commentando le parole udite. Presso Gesù restano gli apostoli e lo scriba Giovanni, che non parla ma medita profondamente, studiando Gesù in ogni suo atto.
E il ciclo del Monte è finito.

10.2 Gli errori degli uomini – in effetti - non derivano dalla volontà divina. Dio è Padre e nessun padre vorrebbe il male per un figlio. Dio consiglia ma non forza, perché vuole che l’uomo sia libero, e se errore viene fatto è perché l’uomo anziché la volontà di Dio segue la propria volontà. Quella dei sensi, del mondo e del demonio.

Anche se breve, la visione ed il precedente discorso di Gesù si presta ad alcune riflessioni.
In primo luogo colpisce ancora una volta il fatto che non di rado nei Vangeli concetti molto importanti espressi da Gesù abbiano avuto l’onore di una sola breve citazione. Ciò lo possiamo ancora una volta qui constatare paragonando i seguenti tre versetti di Matteo ai concetti similari espressi da Gesù nel suo discorso dove i tre versetti trovano spazio in un contesto ben più ampio ed intellettualmente elaborato:
Mt 7, 21-22-23:
21Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
22Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?
23Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
I Vangeli sinottici di Matteo, Marco e Luca – del resto - hanno trascurato altri discorsi molto importanti di Gesù, fatto al quale ha poi posto in parte rimedio Giovanni con il suo Vangelo di alcuni decenni dopo.
In secondo luogo si rileva l’esigenza per Gesù della preghiera notturna, nel silenzio della natura, sotto un cielo stellato, come quello delle notti della Palestina, quando è più facile raccogliersi in Dio in solitari colloqui spirituali.
Il pregare – per Gesù Uomo-Dio - era davvero un bisogno non solo dettato da una esigenza di amore verso il Padre ma perché era dalla Preghiera che Egli – umanamente parlando - traeva Forza.
Durante la preghiera di quella notte – che in Gesù era sempre unione intima con il Padre – Questi gli aveva fatto una triplice rivelazione: due nomi ed un dolore per Gesù.
Gesù – agli apostoli che si preoccupavano sempre del fatto che la mancanza di sonno gli togliesse ulteriori forze - risponde confermando il suo bisogno di pregare e che in quella notte una Voce era venuta dai Cieli chiedendo preghiera per i buoni e per i malvagi, e anche per Se stesso.
Gesù si fa triste, il suo sguardo si posa sui propri discepoli ma si sofferma alfine pensieroso su Giuda. Questi, sentendosi osservato in quel modo, gli chiede perché Egli lo guardi così.
Gesù risponde evasivamente:
«Non vedevo te. Il mio occhio contemplava un'altra cosa...».
«Ed è?».
«Ed è la natura del discepolo. Tutto il bene e tutto il male che un discepolo può dare, può fare per il suo maestro. Pensavo ai discepoli dei Profeti e a quelli di Giovanni. E pensavo ai miei propri. E pregavo per Giovanni, per i discepoli e per Me...».
Inutile cercare di indovinare con esattezza, ma dal contesto generale di quanto dice Gesù e da quanto sappiamo che avverrà in seguito, forse non è sbagliato pensare che il Padre abbia parlato a Gesù dei discepoli traditori (i ‘due nomi’ ai quali Egli accenna: vale a dire Giuda Iscariote e un altro discepolo di Giovanni Battista) discepoli che avrebbero portato alla morte sia Gesù che Giovanni Battista della cui futura decapitazione forse Gesù viene informato dal Padre.
Un discepolo di Giovanni - come si apprenderà in seguito dall’Opera valtortiana – tradirà infatti il Precursore e lo farà arrestare segnalando ai soldati di Erode il luogo dove egli - ricercato - si era rifugiato dopo essere già stato messo in libertà in occasione di un arresto precedente.
Giovanni si era infatti poi dato alla macchia nascondendosi in un rifugio segreto nei boschi per sottrarsi ad ulteriori ricerche dei soldati di Erode Antipa, continuamente sobillato da Erodiade, la quale non perdonava a Giovanni la pubblica denuncia di Erode che era licenzioso e si era messo insieme a lei, moglie di suo fratello Filippo. 8
È dopo questo secondo arresto che Giovanni Battista, detenuto in carcere a Gerusalemme, verrà decapitato9 dopo il famoso sensuale ballo a corte da parte di Salomé che - istigata da sua madre Erodiade - chiese poi la testa del Profeta ad Erode che, esaltato da un ballo lascivo, si era pubblicamente dichiarato pronto ad esaudire ogni suo desiderio, qualunque cosa lei gli avesse chiesto.
Quanto all’apostolo Giuda - dopo una sua iniziale infatuazione verso un Gesù-Messia che egli credeva destinato a divenire un re ‘umano’: cioè un Liberatore politico dai nemici di Israele e dai dominatori romani e non un Liberatore dal Demonio - dall’Opera valtortiana si può seguire con estrema precisione di particolari la sua progressiva delusione e regressione morale e spirituale fino alla delazione e tradimento finali.
Questo fatto – e cioè il tradimento del suo apostolo ed amico – sarà per Gesù uno dei dolori più atroci, aggravato dal sapere poi in anticipo che a nulla sarebbero serviti i suoi sforzi per salvarlo dall’Inferno, e questo perché Giuda – coscientemente, lucidamente – non avrebbe voluto fare la volontà di Dio preferendo la propria.
Il concetto dell’importanza del fare – amandola - la Volontà di Dio, viene ribadito ripetutamente da Gesù in questo discorso, anche perché – dopo aver invitato gli apostoli ad essere buoni volendosi bene fra di loro ma volendo soprattutto bene alla volontà di Dio - l’apostolo Tommaso aveva in precedenza osservato con fare ‘filosofico’ che se tutto dipende dalla volontà di Dio, anche i nostri errori ne sono una conseguenza, sottintendendo implicitamente che l’uomo alla fin fine non è responsabile degli errori che compie – come infatti sostengono alcuni eretici – visto che Dio non ha impedito il Peccato originale dei primi Due Progenitori ed il conseguente ‘male’ compiuto dai loro discendenti.
Gesù risponde a Tommaso che non è così ma poi non completa il suo pensiero e continua a scendere verso la folla ‘per santificare il giorno del Signore’ con un suo ulteriore discorso che abbiamo visto prendere lo spunto proprio dalla osservazione che aveva fatto Tommaso.
Gli errori degli uomini – in effetti - non derivano dalla volontà divina. Dio è Padre e nessun padre vorrebbe il male per un figlio. Dio consiglia ma non forza, perché vuole che l’uomo sia libero, e se errore viene fatto è perché l’uomo anziché la volontà di Dio segue la propria volontà. Quella dei sensi, del mondo e del demonio.
Gesù ripete e ‘tambureggia’ su questo concetto della necessità di ubbidire a Dio facendo la Sua Volontà, perché questa ubbidienza, anche se spesso penosa, sarà quella che procurerà all’uomo la gloria in Cielo.
Vediamo allora di meditare questo tema che in questa specifica occasione non viene ulteriormente approfondito da Gesù contrariamente a quanto invece Egli fa o comunque viene fatto anche dallo Spirito Santo e dall’Angelo Custode Azaria in altri passi dell’Opera valtortiana, come nei ‘Quaderni’, nelle ‘Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani’, e nel ‘Libro di Azaria’.
Lo Spirito Santo – che commenta alla mistica l’Epistola di Paolo ai Romani10 - esprime ad esempio un concetto che si può ‘parafrasare’ nei termini seguenti.
Dio ha fatto buone tutte le cose. Ma perché non tutte le cose sembrano buone?
Perché è l’uomo che le rovina avendo non solo un carattere che non rispetta la legge morale naturale, ma anche un’anima spirituale che non accetta la legge divina in quanto l’uomo non vuole servire la volontà di Dio.
Tutti gli uomini, anche i non cristiani, sono predestinati alla Grazia e quindi in teoria alla Salvezza eterna, ma dipende poi dal loro libero arbitrio il fare la volontà di Dio e salvarsi.
Dio – con la predestinazione alla Grazia – ci offre l’opportunità della salvezza, ma questa, noi uomini, ce la dobbiamo poi guadagnare facendo la sua volontà che sappiamo essere quella dell’ottemperanza almeno alla Legge dei Dieci Comandamenti.
In un altro passo11 delle sue già citate ‘lezioni’ lo Spirito Santo spiega che è sempre la volontà dell’uomo quella che decide la sua sorte futura ed eterna.
Adamo decadde per suo volere, Caino fu fratricida per suo volere come del resto fu il ‘malvolere’ di Ismaele che ne causò l’espulsione dalla tribù di Abramo12 e ne fece il generatore di ‘figli della carne’, essendosi congiunto ad una ‘donna d’Egitto’, cioè una egiziana idolatra.
Con il passare dei secoli anche Israele avrebbe compiuto lo stesso errore contraendo nozze con donne straniere ed idolatre, creando in tal modo le premesse per lo scisma politico e religioso che divise per secoli il Regno di Giuda ed il Regno di Israele.
Tutto ciò non fu imputabile ad un mutamento della volontà di Dio ma alla libera volontà dell’uomo che può scegliere ciò che a lui più piace: carne o spirito, mondo o Cielo, satana o Dio.
Anche gli ebrei del tempo di Cristo – aggiunge in un’altra occasione lo Spirito Santo13 - respinsero la volontà di Dio facendone derivare errore.
Essi avevano avuto infatti una conoscenza anticipata, grazie ai profeti, non solo delle futura venuta del Messia ma - come abbiamo visto commentando in precedenza la profezia delle ‘settanta settimane’ di Daniele – anche del suo avveramento proprio negli anni in cui il Messia-Gesù si manifestò.
Gli ebrei però non lo accolsero, lo respinsero come un peccatore, perché erano divenuti duri di cuore e superbi, avevano quindi già respinto Dio e non avevano voluto abbandonarsi alla sua volontà, nonostante Gesù avesse dato prove innegabili della sua divinità, come ad esempio quelle della resurrezione di Lazzaro, della autoresurrezione di Sé stesso e della Sua Ascensione al Cielo.
In un altro passo lo Spirito Santo spiegherà infatti che ‘abbandonarsi alla Divina Volontà’ è anche accettare la Dottrina di Gesù che aveva fatto miracoli di tale grandezza e portato una Dottrina di tale sublimità da non consentire di pensare, tranne in caso di ignoranza o malafede, che la sua non fosse stata Dottrina divina e – conseguentemente – ‘volontà divina’.
Il fatto – dice ancora lo Spirito Santo14 - è che vi è chi è ricco e chi è povero, chi è malato e chi è sano, chi è felice e chi infelice, ed inoltre chi dà la colpa a Dio delle ingiustizie della società, ma la vera colpa non è di Dio ma degli uomini che non credono, non sperano, non amano più Dio e la Sua Legge. Ogni dolore deriva dall’uomo decaduto a causa del Peccato originale le cui conseguenze sui discendenti hanno portato a tutti gli altri peccati, al mancato rispetto della legge naturale e spirituale, non volendo più l’uomo – insiste lo Spirito Santo - obbedire alla volontà di Dio.
La Volontà di Dio - aggiunge lo Spirito Santo15 - si può facilmente identificare nella Legge del Decalogo.
Abbandonarsi, fare la sua Volontà significa dunque rispettare questa Legge.
Ma per abbandonarsi veramente alla volontà di Dio bisogna rispettare la ‘perfezione’ della Legge, vale a dire i due Comandamenti dati dallo stesso Gesù:
1) amare il Signore con tutto il nostro cuore, tutta la nostra anima, tutta la nostra mente,
2) amare il prossimo come noi stessi.
In definitiva16 per fare la volontà di Dio bisogna essere uomini di ‘buona volontà’, la quale consente di salvarsi.

10.3 Gesù: «La Volontà di Dio è lo strumento che fa di voi, fibre inselvatichite, stoffe preziose e preziose lane».

Oggi vi sono i materassi a molle e anche a doghe, ma una volta molti materassi erano imbottiti con crine o lana.
Vi era l’uso, periodicamente, di rifare i materassi di lana scucendone la ‘fodera’ di tela, rimettendo in ordine all’interno la lana che nell’inverno si era compressa rendendo il materasso duro, ricucendone infine la tela.
Era un lavoro che facevano le donne di casa, specie nelle campagne, ogni uno o due anni, affidando talvolta il materasso a dei ‘lanaioli cardatori’ e stando bene attente che nessuno di costoro cambiasse la buona lana del materasso con altra di meno buona qualità.
L’operazione consisteva nel liberarli dalle impurità e districare le fibre tessili, utilizzando degli arnesi, chiamati cardacci, costituiti da due asticelle di legno dotate di impugnatura e irte di chiodi che – con in mezzo l’ammasso della lana - venivano sfregate l’una contro l’altra per ‘scioglierla’ e districarla rendendola 'vaporosa' e morbida.
Se la lana avesse potuto parlare avrebbe ‘urlato’ dal dolore.
A questo proposito, ricordo una spiegazione che il Gesù valtortiano aveva utilizzato per far comprendere come lavorasse su di noi la Volontà di Dio.
Gesù, nei suoi Dettati, aveva a volte il tono ed il ‘taglio’ oratorio del Dio che parla in maniera autorevole ed in un certo senso imponente quando non anche molto severa, ma molto spesso usava ammaestrare la mistica, anima vittima, con un modo di parlare quasi fraterno, da amico, direi anche molto ‘famigliare’, parlando a lei ma nello stesso tempo a noi che un giorno avremmo letto i suoi scritti.
Comunque - a proposito della nostra anima e del come su di essa agisce la Volontà di Dio - Gesù aveva detto alla nostra mistica (i grassetti sono miei):17
Dice Gesù:
«Hai mai visto come fanno coloro che vogliono avere della lana soffice per i loro sonni?
Chiamano il materassaio, il quale batte e ribatte la lana finché è tutta una spuma. Più la lana è battuta energicamente e più diviene soffice e pulita, perché la polvere e i detriti cascano al suolo e i bioccoli restano ben mondi e spumosi.
Lo stesso, peggio ancora, lo si fa se quella lana la si vuole filare o tessere. Allora entra in opera anche il pettine di ferro, che districa rudemente la lana e la rende stesa come capelli ben pettinati.
Così fa chi fila lino e canapa; e persino la seta del bozzolo, per essere usata, deve prima subire il tormento dell’acqua bollente, della spazzola ruvida e della macchina che la torce.
Anima mia, se questo è necessario fare per delle fibre naturali onde farsi vesti e giacigli, come non deve farsi lo stesso con la vostra anima per lavorarla alla vita eterna? Voi siete una fibra ben più preziosa del lino, della canapa e della lana. Da voi deve uscire la stoffa di vita eterna.
Ma, non per imperfezione divina – poiché Dio crea le cose perfette – sibbene per imperfezione vostra, le vostre anime sono selvagge, arruffate, piene di asprezze, di detriti, di polvere, non atte, insomma, ad essere usate per la Città divina dove tutto è perfetto.
Perciò la previdenza, la provvidenza, la bontà paterna del vostro Dio vi lavora. Con che? Con la sua Volontà.
La Volontà di Dio è lo strumento che fa di voi, fibre inselvatichite, stoffe preziose e preziose lane.
Vi lavora in mille modi: offrendovi delle croci, illustrandovi il bello di una mortificazione e attirandovi con il suo invito a compierla, guidandovi con le sue ispirazioni, mortificandovi col suo paterno castigo, torcendovi colla guida dei comandamenti.
Questi, con la loro necessità che per volgere di secoli non cambia forma e vigore, sono proprio quelli che fanno di voi un filato resistente e regolare, atto a formare la stoffa di vita eterna.
Le altre cose, poi, formano la stoffa di vita eterna, e più voi siete docili alla volontà del Signore e più la stoffa si fa preziosa.
Quando poi non solo la seguite con docilità, questa Volontà benedetta che opera sempre per vostro bene, ma con tutte le vostre forze chiedete a Dio di farvela conoscere perfettamente per perfettamente eseguirla, costi quel che costi e abbia la forma anche più contraria alla vostra umanità, quando agite così la stoffa si orna di ricami come un broccato.
Se poi a tutto questo aggiungete la perfezione di chiedere per voi una Volontà di dolore per essere simili a Me nell’opera di redenzione, allora nel broccato inserite gemme di incalcolabile valore e della vostra originaria firma imperfettissima fate un capolavoro di vita eterna.
Ma, o Maria, quante poche le anime che si sanno far lavorare da Dio!
Dio ha per voi sempre mano di Padre perfettissimo nell’amore e opera con Intelligenza divina.
Sa quindi fino a che punto può calcare la mano, e quale dose di forza vi deve infondere per rendervi atti a subire le operazioni divine.
Ma quando l’uomo si ricusa al buon Padre che avete nei Cieli, quando si ribella alla sua Volontà, quando annulla col peccato i doni di forza che il Padre gli dona, come può il Padre che è nei Cieli lavorare quell’anima?
Essa rimane selvaggia, si carica anzi più di grovigli e di impurità. E Io piango su lei vedendo che nulla, neppure il mio Sangue, effuso per tutti, la rigenera alla bontà.
Quando poi un’anima non solo si rifiuta al lavoro di Dio ma cova in sé astio per il Padre e per i fratelli, allora l’opera Nostra scompare totalmente e si insedia, in quel groviglio di passioni sregolate, il Padrone del peccato: Satana.
È allora che deve subentrare l’opera paziente e generosa delle vittime.
Queste lavorano per sé e per gli altri. Queste ottengono che Dio torni, con miracolo di grazia, a lavorare quell’anima dopo aver fugato Satana col fulgore del suo aspetto.
Quante sono le anime che le vittime mi salvano! Siete i mietitori soprannaturali che mietete messe di vita eterne consumandovi nell’ingrato lavoro pieno di spine. Ma ricorda che quelli per cui occorre sacrificare se stessi per primi sono quelli del nostro sangue.
Io non ho distrutto i legami di famiglia. Li ho santificati.
Ho detto di amare i parenti di amore soprannaturale. E quale più alto amore, di avere carità delle anime malate del nostro sangue?
Ti parrebbe normale colui che facesse gli interessi di tutti meno quelli della sua casa?
No: diresti che è un pazzo.
Lo stesso è fuori della giustizia che uno provveda per i bisogni spirituali del suo prossimo lontano e non metta in prima linea il suo sangue più stretto.
Sai come regolarti. Non curarti se riceverai ingratitudine. Quello che non ti darà lei te lo darò Io. Intensifica il sacrificio per lei
A me era sembrato di avervi spiegato più sopra a sufficienza la ‘tecnica’ del materassaio, ma dobbiamo ammettere che – per come la spiega poi Gesù, ‘Materassaio’ per eccellenza – Lui la conosce molto meglio.
Anche da questo brano emergono alcune interessanti considerazioni.
La prima che mi viene in mente è che nel valutare le difficoltà e gli ostacoli che incontriamo nella nostra vita, dovremmo sempre chiederci se si tratti di ostacoli ‘naturali’, che fanno parte oggettiva di una normale vita, oppure di ostacoli all’apparenza ‘naturali’ ma in realtà messi apposta lì da Dio per scoraggiarci dal prendere una certa decisione e indurci a seguire un altro percorso, prevedendo Egli in anticipo che quello scelto da noi porterebbe a risultati negativi per la nostra anima o per quelle altrui.
Di fronte a questi ostacoli, tenendo conto di questo dubbio, dovremmo imparare ad assumere – se necessario – non tanto un atteggiamento di remissione passiva di tipo fatalistico, quanto invece un abbandono alla Volontà di Dio, dicendogli che non capiamo ma che comunque desideriamo che sia fatta la sua Volontà.
Egli prenderà atto della nostra disponibilità e richiesta di aiuto, saprà come risolvere il nostro dubbio e farci comprendere meglio quale sia la cosa giusta da fare.
Una cosa che alcuni possono avere difficoltà a capire, anche perché non si pongono a fondo il problema, è che Dio Padre - se noi ci abbandoniamo fiduciosamente alla sua Volontà - si fa in quattro per aiutarci, dandoci forze ed aiuti di vario genere, per cui quella certa cosa che a noi era sembrata sgradita ci apparirà tutto sommato accettabile, anzi preferibile, del tutto superabile.
La seconda considerazione è quella che il nostro impegno a rispettare i dieci comandamenti è già di per se stesso una bella ‘cardatura’ atta a preparare il filato necessario a formare la ‘stoffa’ per avere però la quale servono le ‘croci’ della vita, accettate e se possibile offerte, insieme alle mortificazioni, alle ispirazioni ed ai ‘paterni’ castighi di Dio, paterni perché dati a fin di bene.
Quanto al proseguimento del lavoro per trasformare la nostra ‘stoffa spirituale’ in broccato, poi in broccato con gemme con il chiedere al Signore addirittura una ‘volontà di dolore’ per essere simili a Lui nell’Opera di Redenzione, bisogna sapere che non dipende da noi ottenere la missione di ‘anima-vittima’, come ad esempio quella della Valtorta, ma corrisponde ad una specifica chiamata del Signore.
Una persona ‘normale’ e ‘sana di mente’ non si sognerebbe mai – umanamente parlando - di voler diventare un’anima-vittima.
Quando una tal persona lo chiede e si offre – anche se pensa di essere lei a chiederlo o ad accettare una richiesta del Signore – è perché sta già rispondendo senza saperlo ad una interiore chiamata divina, chiamata che questa persona potrebbe ‘avvertire’ dentro di sé come un proprio desiderio ‘vocazionale’.
È grazie alle anime-vittima che si possono spiegare tante conversioni ‘miracolose’ - inaspettate ed inspiegabili - di incalliti impenitenti. Sono elargite da Dio, ma grazie alle ‘raccomandazioni’ di chi prega o soffre per costoro nell’ambito della Comunione dei Santi.
Un altro aspetto ancora che meriterebbe riflessione è quello per cui Dio – alle anime-vittima che si offrono – concede il dono di favorire la conversione e quindi la salvezza innanzitutto ai loro cari.
Dio, oltre che buono, è anche ‘psicologo’ e vuole con ciò dare – ragionando umanamente – un ulteriore incentivo e premio umano a chi per amore di Dio e del prossimo si fa vittima.
Vi pare logico che il Dio che accetta le preghiere di un’anima-vittima per gli altri non voglia gratificare la sua ‘collaboratrice’ donando grazie ai suoi parenti più stretti?
Quindi – anime-vittima o meno – non è egoismo pregare innanzitutto per i propri cari, specie se alla preghiera si vogliono unire ed offrire dei sacrifici che, se pur non sono quelli delle vittime totalmente votate, vengono sempre apprezzati dal Signore.
Quanto alla frase finale di Gesù che invita la mistica a non preoccuparsi della ingratitudine… di ‘lei’, questo ‘lei’ è riferito alla mamma della scrittrice che con la sua durezza ostacolava non poco sua figlia, ma che grazie alle preghiere di Maria Valtorta otterrà da Dio Misericordia e – morta qualche mese dopo questo Dettato - si salverà in Purgatorio salvo poi ‘salire’ progressivamente per entrare in Paradiso.
E’ infatti così che la mistica vedrà in visione sua mamma in Purgatorio.
Da tutto quanto detto fino ad ora abbiamo certo compreso che fare la Volontà di Dio significa ‘Obbedienza’, ma non obbedienza per timore o ‘coercizione’, ma obbedienza d’amore.

10.4 Gesù: «L’obbedienza. La virtù che non volete praticare… Cosa è stato, in fondo, il peccato d’origine? Una disobbedienza».

Ecco ora un altro Dettato di Gesù alla mistica che ci aiuta ulteriormente a comprendere meglio cosa sia il fare la Volontà di Dio (i grassetti sono miei):18
29 agosto 1943
Dice Gesù:
«Vediamo insieme questo punto dei “Re”. “L’obbedienza val più dei sacrifici, il dar retta più che l’offrire il grasso dei montoni; perché la ribellione è come un peccato di magia, il non volere assoggettarsi è come un peccato d’idolatria” (I Re, cap. 15°, v. 22).
L’obbedienza. La virtù che non volete praticare.
Nascete e, appena potete manifestare un sentimento, è sentimento di ribellione alla obbedienza.
Vivete essendo disubbidienti. Morite ancora disubbidienti. Il battesimo cancella il peccato d’origine, ma non annulla la tossina che vi lascia il peccato.
Cosa è stato, in fondo, il peccato d’origine? Una disobbedienza.
Adamo ed Eva vollero disubbidire al Padre Creatore, aizzati a compiere questo atto di disamore dal Disobbediente sommo, il quale è divenuto demone avendo rifiutato obbedienza d’amore al Sommo Iddio. Questo veleno cova nel vostro sangue e solo una costante volontà vostra lo rende incapace di nuocere al vostro spirito in maniera mortale.
Ma, o figli miei, quale cosa più meritoria di questa può essere da voi compiuta?
Guardate bene. È più facile ancora compiere un sacrificio, fare un’offerta, praticare un’opera di misericordia, che non essere obbedienti costantemente al volere di Dio. Esso vi si presenta minuto per minuto come acqua che fluisce e passa portando altre onde di acqua e dietro queste altre ancora. E voi siete come pesci immersi nella Volontà di Dio che vi scorre sopra. Se ne volete uscire morite, figli miei. Essa è il vostro elemento vitale. Né v’è stilla di essa che non provenga da una ragione d’amore. Credetelo.
Obbedire è fare la volontà di Dio. Quella volontà che vi ho insegnato a chiedere che si compia col Pater noster e che vi ho insegnato a praticare con la parola e con l’esempio, condotto sino alla morte.
Non obbedire e ribellarsi è compiere un peccato di magia, dice il libro.
Infatti cosa fate ribellandovi? Peccate. E il peccato che produce? Il vostro sposalizio col demonio. Non fate dunque una magia? Non vi trasformate magicamente da figli di Dio in figli di Satana?
Non obbedire e non volersi assoggettare è come un peccato di idolatria, dice sempre il libro.
Infatti che fate non assoggettandovi? Respingete Dio respingendo la sua Volontà. Lo ripudiate per Padre e Signore. Ma siccome il cuore dell’uomo non può stare senza adorare qualche cosa al posto del Dio vero che respingete, adorate il vostro io, la carne vostra, la vostra superbia, il vostro denaro; adorate Satana nelle sue più acute manifestazioni. Ecco che perciò divenite idolatri. E di che? Di ben orridi dèi che vi tengono schiavi e schiavi infelici.
Venite, venite, cari figli del mio amore, venite al paterno giogo che non fa male, che non opprime, che non avvilisce, ma che anzi vi sorregge e vi guida e vi dà sicurezza di giungere al regno beato dove non è più il dolore.
Il mondo, che vuole disubbidire, non sa che basterebbe questo atto di obbedienza a salvarlo. Rientrare nel solco di Dio, seguire la voce di Dio, obbedire, obbedire, ritrovare la casa del Padre, voluta fuggire per una chimera di falsa dignità, ritrovare la mano del Padre che benedice e risana, ritrovare il cuore del Padre che ama e perdona.
Riflettete, o figli, che per ridare a voi la grazia perduta due Purissimi, due Innocentissimi, due Buonissimi, dovettero consumare l’Obbedienza somma.
La salvezza del genere umano ebbe, nel tempo, inizio dal “fiat” di Maria davanti all’arcangelo mio, ed ebbe termine nel “Consummatum!” di Gesù sulla croce. Le due più dolorose ubbidienze e le meno obbligatorie, perché Io e mia Madre eravamo al di sopra della necessità di espiare, con l’obbedienza, il peccato.
Noi, che non peccammo, abbiamo redento il vostro peccato obbedendo. E non vorrete voi, poveri figli, imitare il vostro Maestro e ottenere misericordia con l’obbedienza che è prova d’amore e di fede?
Più bello e gradito delle stesse chiese, che mi elevate per voto, e di ogni altro voto, è questo spirituale fiore di anima, nato, sulla terra, nel cuore dell’uomo ma che fiorisce in Cielo, eterno, per vostra gloria.»
È tutto chiaro in questo Dettato, ma quel che forse molti non sanno - poiché qui si parla sempre di obbedire alla Volontà di Dio - è che il dovere di obbedienza si deve avere anche nei confronti della volontà degli uomini che governano le nostre nazioni.
So che è duro accettare questo concetto, considerata la situazione generale dei governanti a livello mondiale, ma in linea di principio il concetto è vero, a condizione però che i governanti non chiedano cose che vadano contro la volontà di Dio.19
Infatti Dio, non di rado, si serve anche dei Governanti per far conoscere la sua Volontà.
Quella di accettare con rassegnazione la volontà del Potere costituito - lasciando a Dio il compito di fare poi Giustizia nei modi e tempi ritenuti opportuni qualora i governanti avessero ‘mal governato’ - era una caratteristica dei primi cristiani.
I cristiani venivano perseguitati e martirizzati non perché si ribellassero al Potere statale di allora ma perché la Fede e Dottrina – e cioè la ‘ideologia’ religiosa che essi diffondevano fra i pagani - minava alla base il potere e la ‘dottrina del mondo’ dei governanti di allora che temevano che venisse così anche demolita nei soldati la capacità di far guerra in adesione alla ideologia di potenza militare e politica che era alla base della forza dell’impero romano.
Naturalmente venivano perseguitati anche per mero odio, perché chi ama Dio viene odiato da chi non lo ama.
E’ un poco quel che succede anche oggi nel mondo occidentale scristianizzato: non è tanto il cristiano in sé quello che dà fastidio ai ‘laicisti’, od atei che possano anche essere, quanto invece la promozione di valori cristiani che - divini – sono l’antitesi del loro modo di pensare, molto distante da quella che essi più o meno coscientemente sanno essere quella Volontà di Dio che – ribelli – non intendono né accettare né rispettare.

10.5 Gesù: «L’uomo si crede potere sindacare Iddio e le sue opere…, perché fa questo? Per irriflessione soltanto? No, sempre per superbia. È sempre il veleno, uno dei tre veleni di Lucifero, che agisce in lui. Nella sua superbia non valuta la differenza fra lui e Dio, e lo tratta alla pari…».

A proposito di chi – ribelle – non vuole accettare di fare la Volontà di Dio, c’è sempre la superbia alla base di questo suo sentimento.
Ecco come ce lo spiega ancora il Gesù valtortiano (i grassetti sono miei):20
25.10.1943
Dice Gesù:
«L’uomo si crede potere sindacare Iddio e le sue opere.
Perché fa questo? Per irriflessione soltanto? No, sempre per superbia. È sempre il veleno, uno dei tre veleni di Lucifero, che agisce in lui. Nella sua superbia non valuta la differenza fra lui e Dio, e lo tratta alla pari.
È vero che Dio vi chiama suoi figli, fatti a sua immagine e somiglianza, ma ditemi, o uomini, nei rapporti fra padre e figlio, che seguano anche unicamente la legge di una coscienza retta, un figlio tratta alla pari col padre suo?
No. L’amore del padre non esime il figlio dall’essere rispettoso verso il padre. E il grande amore del figlio, anche per il più buono dei padri, è sempre infuso di riverenza come quello del padre di autorità. Sarà autorità fatta di sorrisi e parole buone, ma sarà sempre autorità che consiglia e regola.
E dovrebbe essere diverso per il Padre santo? Ma se un padre della terra merita il vostro riverente, riconoscente amore perché col suo lavoro vi nutre e veste, se merita il vostro rispetto perché la sua esperienza vi guida, se merita la vostra ubbidienza perché egli è la più grande autorità che abbiate come singoli - e tale fu da Adamo in poi - Dio, il Padre che vi ha creato, che vi ha amato, che ha provveduto ai vostri bisogni, che vi ha salvato attraverso il suo Figlio nella parte che non muore, il Padre che regola tutto l’Universo - pensate: tutto l’Universo - perché sia servo all’uomo e gli dia piogge e rugiade, gli dia luce e calore, gli dia guida e cammino, gli dia cibo e vesti, gli dia voce e conforti, gli dia fuoco e bevanda attraverso il corso dei venti e gli evaporamenti delle acque che formano le nubi che irrorano la terra, attraverso il sole che l’asciuga e feconda e coi suoi torrenti di luce sterilizza dai morbi e consola la vita, attraverso gli astri che simili a eterni orologi e a bussole senza difetto vi segnano l’ora e la direzione del vostro cammino per terre e deserti, per monti e oceani, attraverso le messi, i frutti gli animali e le erbe, attraverso i canti e i linguaggi degli animali a voi servi, attraverso le piante vive o sepolte da millenni e le sorgenti che non solo dissetano ma curano i vostri mali perché in esse ha disciolto elementi salutari, non deve essere amato, rispettato, ubbidito, servito, questo Dio Padre vostro?
Servito non perché siete servi, ma perché è dolce e giusto dare, a chi fa tanto per voi, quel poco che potete dare nella vostra pochezza.
E voi, figli di Dio e fratelli del Cristo che vi parla per insegnarvi ad amare, non avete che dare al Padre nostro, santo e mirabile - poiché Egli di nulla abbisogna, Signore come è dell’Universo che a Lui ubbidisce come voi non sapete e non volete - non avete che dare amore poiché Egli vuol questo amore da voi come io, Dio come Egli e Figlio suo santissimo, gli ho dato e gli do.
Questo il dovere vostro. E come questo dovere si esplichi, ve l’ho già mostrato.
Amatelo ubbidendolo e farete il dovere vostro. E, dopo averlo amato con l’ubbidienza alle sue voci d’amore, non arrogatevi il diritto di lamento se Egli non ve ne compensa ad usura.
Quale diritto ne avete?
Ditevelo sempre: “Non abbiamo fatto che il nostro dovere”.
Ditevelo sempre: “Dio lo ha fatto prima di noi”.
Ditevelo sempre: “L’apparente mancanza di premio non è che per i sensi. Dio non lascia senza premio chi lo ama e ubbidisce”.
Sapete voi, polvere spersa al suolo, i segreti dell’Altissimo? Potete voi dire di leggere i decreti di Dio, scritti nei libri del divino amore? Voi vedete il momento presente. Ma che sapete voi del minuto che segue?
Non riflettete che ciò che vi può parere un bene nell’attimo presente è un male nel futuro, e che se Dio non ve lo concede è per evitarvi un dolore, una fatica superiore a quella che vivete?
Ma se anche fosse, se anche fosse, vi è lecito imporvi a Dio? Che avete fatto di più di quanto dovevate? Non pensate che non voi ma Dio è sempre in credito verso di voi, perché Egli vi dà infinitamente di più di quanto voi gli date?
O Giustizia che sei Bontà! O Giustizia sublime e santa che sei giusta verso Te sola e sei misericorde verso i tuoi figli! O Giustizia, fiume che non straripa per punire ma per effondere le sue onde fatte dal Sangue santo delle mie vene, fluito sino all’ultima stilla, fatto delle lacrime di Maria, fatto dell’eroismo dei martiri e dei sacrifici dei santi, fiume la cui corrente è Pietà e che preferisci tornare alla sorgente con un miracolo di potenza, perché la Misericordia è il tuo argine ed è più forte del tuo sdegno, e l’Amore è l’altra diga, ed è amore di un Dio che di Se stesso ha fatto baluardo per riparare l’uomo dal castigo e conquistarlo alla Vita!
Amatela questa Giustizia che si duole di punirvi, amatelo questo Padre il quale compie il suo dovere di padre ed è benigno a non chiedervi l’esattezza nel compiere il dover vostro.
L’ho detto e lo ripeto: Per un atto vero di amore, Dio ferma anche il moto degli astri21, revoca il decreto del Cielo. Se la fede può smuovere alberi e montagne, l’amore vince Iddio.
Ogni atto di amore vero fa balenare di centuplicati fulgori il divino vortice di fuoco e luce in cui viviamo amandoci, fa trascolorare i Cieli di gioia per la gioia del Dio Uno e Trino, e come da celeste nube fa scendere grazie e perdono anche su chi non sa amare per pietà di chi sa amare.
Amate e benedite il Signore. Come sapete chiedere e come esigete d’essere ascoltati, sappiate ringraziare.
Troppe volte ve ne dimenticate. La grazia di Dio si ritira anche perché siete terre sterili che non sanno esprimere un fiore di riconoscenza per il Padre che vi cura.
A coloro che sanno ricordarsi d’esser figli anche nella gioia io dico benedicendoli: “Andate in pace. La vostra fede amorosa vi salva ora e sempre”.»

10.6 Gesù: «L’ubbidienza ha più valore della Parola. L’ubbidienza è stata la virtù del Verbo».

L’ubbidienza alla Volontà di Dio, peraltro, non è richiesta solo all’uomo ma anzi è sempre stata una delle virtù del Verbo destinato ad essere uomo ed a divenire Redentore. Ne riparleremo.
L’Angelo Custode di Maria Valtorta le spiega un giorno che si ama Dio quando si fa la sua volontà, vale a dire adempiendo alla 'missione' che Egli ci ha affidato.
Ogni creatura ha una sua particolare missione ma mentre le altre creature animali e vegetali la svolgono nell'ordine e rispettano ognuna il ruolo affidato loro, rispettando così l'ordine di Dio, l'uomo è invece l'unico che tale ordine vìola.
È questo in sintesi il concetto introduttivo di una Lezione di Azaria.22
L'uomo - in quanto 'animale' ma dotato di spirito - è addirittura anello di congiunzione fra la materialità animale e gli Angeli, ma non sa essere 'ordinato' e non rispetta la volontà di Dio circa quella che dovrebbe essere la sua missione: divenire figlio adottivo di Dio facendone la volontà e quindi amandolo.
É così che l'uomo, abusando di una maggiore intelligenza, nuoce agli altri e - credendosi un piccolo 'dio' - non onora né obbedisce a Dio, odiando i suoi simili.
É un uomo - dice Azaria - che nega a Dio il ruolo di Creatore pur non essendo capace di suo di creare nemmeno un semplice esile filo d'erba anche se, prendendo dalle cose create da Dio delle cose buone, con quegli elementi 'crea' cose non buone, fonte di dolore e di sventura, volendo in tal modo mostrarsi 'creatore' in negativo.23
Di fronte agli uomini 'senza Dio', a quelli 'buoni' non rimane allora altro che la preghiera, vivendo una vita veramente cristiana per condurre la quale non mancheranno gli aiuti di Dio e lo stesso supporto della preghiera degli Angeli custodi affinché Dio sostenga la loro volontà contro gli attacchi altrimenti insostenibili di Satana.
Sempre in tema di ubbidienza si può ancora aggiungere che essa attira su di noi la benevolenza di Dio che si sente quindi indotto ad ispirarci ed ammaestrarci.
Gesù parla ancora alla mistica di obbedienza alla volontà di Dio, come fa del resto in molte occasioni trattandosi di un aspetto fondamentale, ma vi trascrivo il Dettato che segue perché esso ci offre l’opportunità anche di rilassarci soffermandoci sulla descrizione delle modalità in cui Egli si rivela alla nostra mistica e anche perché vi è un concetto espresso da Gesù che è sorprendente.
Padre Migliorini, direttore spirituale della mistica, le aveva infatti chiesto di scrivere le modalità e le impressioni che lei aveva nel ricevere le varie rivelazioni.
La mistica – molto stanca e con la salute sempre appesa ad un filo che Gesù manteneva in forza – aveva però bisogno di riposo.
Gesù aveva dunque evitato il giorno prima di parlarle e di affaticarla per darle modo – ora – di fare quanto il Padre Migliorini le aveva chiesto.
Ciò perché, spiega Gesù, l’ubbidienza al Sacerdote, suo Direttore spirituale, aveva – proprio in quanto obbedienza – più valore della sua stessa parola, anche se tale parola era scritta sotto dettatura.
Ecco dunque quanto dice Gesù (i grassetti sono miei):24
3 novembre l943.
Dice Gesù:
«Ho taciuto ieri per lasciarti modo non di riposare, ma di ubbidire. Il Padre ti ha detto di scrivere le tue impressioni e il modo come mi senti. Le tue forze e il tuo tempo essendo limitati, se fai una cosa non puoi fare l’altra. E allora ti ho lasciata quieta per darti modo di ubbidire. Il Padre non te ne ha dato un comando, ha soltanto espresso un desiderio. Ma per i veri ubbidienti anche un desiderio diviene comando.
L’ubbidienza ha più valore della parola, anche se è parola scritta sotto mia dettatura.
Perché la parola la udite e scrivete, ma non è vostra; la ripetete, ma non è vostra.
L’ubbidienza invece è vostra.
È il caso di dire: “Lasciatela fare, perché i poveri li avete sempre e Me non sempre mi avete”.25
I poveri, a cui dare la parola, li avete sempre. L’occasione di spargere prezioso aroma di santa ubbidienza sfidando i commenti degli altri, non sempre l’avete.
E sappiate che l’ubbidienza è stata la virtù del Verbo, destinato ad esser Uomo e a divenire il Redentore.
L’amore, la potenza, la perfezione, la sapienza, sono comuni alle Tre Nostre Persone.
Ma l’ubbidienza è mia, esclusivamente mia.
Ho ubbidito nell’incarnarmi, nel farmi povero, nello stare sottomesso agli uomini nel compiere la mia missione di evangelizzatore, nel morire.
Perciò quando ubbidite, sia agli uomini nelle relative ubbidienze, sia a Dio nelle grandi ubbidienze che implicano rinunce e sacrifici di sangue e accettazioni di morte, talora morte atroce, siete simili a Me che fui ubbidiente fino alla morte, che fui l’Ubbidiente per eccellenza, l’Ubbidientissimo divino.
Seconda a Me nell’ubbidienza fu la dolce Madre che ubbidì sempre, e col suo amoroso sorriso, ai voleri dell’Altissimo.
Terzo fu il casto mio padre della terra, che della sua forza virile fece dei ricami di ubbidienza, piegò anzi la sua forza virile e il suo senno di giusto come filo di seta per inchinarli ai voleri di Dio.
Perciò chi ubbidisce, ubbidisce ai tre più ubbidienti del mondo e li avrà amici qui e oltre, nel Cielo
E ora mi sforzo a descrivere le fasi e i modi per cui viene a me e da me è scritta la parola della cara “Voce”.
Delle volte, quando è notte, nel mio dormiveglia - più veglia che sonno, perché sento contemporaneamente quanto avviene in stanza o in strada - sento la Voce dirmi più e più volte una frase, quasi per invitarmi a sedermi e scrivere.
Se ho forze fisiche sufficienti mi siedo e, lottando con la sonnolenza e i dolori, mi metto a scrivere. Allora alla frase o alle poche frasi iniziali si susseguono, come un filo che si dipana, le altre, e cessa la sofferenza provocata dal contrasto dell’anima tesa in ascolto, e che vorrebbe essere servita dal corpo, e del corpo fiaccato che ricusa di servire l’anima uscendo dal riposo per scrivere.
Delle volte, invece, è così prepotente la “Voce” - la quale, insieme al suono, mi deve comunicare delle volte una forza speciale che dura per quanto dura il bisogno di essa - che devo sedermi subito e scrivere subito, o, se è giorno, smettere qualunque cosa io faccia per scrivere.
Molte volte avverto l’avvicinarsi del momento di ammaestramento, e perciò di vicinanza col Maestro, da una specie di scossa, di penetrazione, di infusione, non so come spiegarmi per essere esatta. Insomma è qualcosa che entra in me e mi dà una gioia luminosa. Insisto sul “luminosa” perché è proprio come se da posto ombroso io passassi nel tepore e nella letizia del sole. Ma questo non avviene sempre.
Sono questi i momenti più alti, come lo sono quelli in cui alle parole si unisce la vista mentale di ciò che Egli descrive (come quando mi mostrò Maria nella sua gloria nel Paradiso). Generalmente è una vicinanza, molto vicina. Ma sempre vicinanza.
Le lezioni poi sono così.
Qualche volta, come stamane per il brano che le unisco su foglietto staccato, nulla giustifica e provoca quella data istruzione. Per esempio, questa mattina io ero lontana le mille miglia da quel pensiero. Non pregavo, ero anzi intenta ad una occupazione tutta materiale connessa a speciali bisogni miei di malata. Dico questo per dirle quanto ero lontana da pensare a cose mistiche. La “Voce” principiò a parlare senza tenere conto di nulla. Poi attese, dopo avermi dato, dirò così, la prima battuta, che avessi finito quell’occupazione. Poi mi spinse a scrivere, e mi fece capire di prendere un mezzo foglietto, che sarebbe bastato. Io avevo in mano un foglio intero, ma me lo fece posare. Come vede, infatti, è bastato.
La prima frase detta mentre non potevo scrivere, era: “L’ubbidienza ha più valore della parola. L’ubbidienza è stata la virtù del Verbo”.
Dopo, su quel tema iniziale, Gesù, quando potevo ormai scrivere, dettò, così come le ho scritte nel foglietto, le sue parole.
Altre volte invece inizia la lezione spontaneamente, facendomi aprire a caso il libro che vuole Lui e nel quale mi presenta subito la frase, sulla quale svolge poi l’ammaestramento più o meno lungo. Delle volte si serve di un libro qualsiasi, di un giornale magari, dal quale Egli trae insegnamento.
Ci sono poi i giorni in cui non parla, e allora sono così infelice che mi pare di essere un bimbo che non ha più presso la mamma e la cerca da tutte le parti e la chiama. Anche io lo chiamo e lo invito aprendo qua a là la Bibbia.
Ci sono dei giorni che sta inesorabilmente zitto ed io ho una gran voglia di piangere. Ce ne sono altri che, dopo avermi fatto passeggiare su a giù senza darmi ascolto, si arrende, e allora sento quella tale sensazione detta in principio, per cui mi accorgo che la grazia viene.
Noti che, mentre prima ero capace di fare meditazioni per conto mio - povere meditazioni se confrontate a quelle che ricevo ora - adesso io sono assolutamente incapace di fare da me.
Ho un bel concentrarmi in un punto. Non ci ricavo nulla e il Maestro generalmente non mi spiega mai il punto che vorrei spiegato in quel momento. Spiega ciò che vuole e nella maniera più lontana da come lo avrei spiegato io e da come di solito è spiegato.
Ugualmente non sono più capace di interessarmi di libri di lettura. Io, lettrice accanita, lascio ora stagnare i libri senza aprirli. Se li apro, dopo poche righe mi stanco e li chiudo.
E non mi stanco per leggere. Mi stanco perché mi sono cibo insipido o disgustoso.
E così le conversazioni abituali. Sono una vera fatica.
Vorrei stare sola e zitta, perché le chiacchiere mi disturbano molto e mi paiono più insulse che mai. Devo compiere prodigi di carità per sopportare il mio prossimo che si studia di farmi compagnia e col suo stare lì mi vieta la Compagnia a me cara, l’unica che desidero e che l’anima sopporta: quella di Gesù o di persona che, come è lei, non è ignara del mio segreto.
Ma chi sono queste persone? Lei, Marta, Paola e suo padre. Quest’ultimo capisce per uno e per 99 non capisce, e perciò... Ne restano tre. Ma Marta è sempre in moto e alla sera è così stanca che piomba nel sonno. Perciò lei e Paola. Vicino a voi, e specie a lei, riposo e godo. Ma gli altri mi sono fatica e pena.
Riguardo al libro del Ricciotti, fin dal primo momento che l’ho sfogliato non mi è piaciuto. Ben tradotto come Cantico. Ma le ragioni dell’autore... sono proprio di quelle che non posso più assimilare. Inoltre, con l’insistenza di un ritornello, la Voce mi sussurra: “Non ti occupare di quel lavoro. Non voglio.” Non dice altro. Ma, vedendo che insiste, mi decido a dirle che non leggerò più là di quanto ho letto e, le confesso, non ne provo dolore perché, le ripeto, mi sembra di masticare della paglia.
Ecco fatto. Ecco ubbidito.
Le modalità con cui lo Spirito Santo agisce su un’anima possono essere le più sorprendenti e diverse, ma queste descritte da Maria Valtorta sono abbastanza ‘normali’, come gli studiosi di mistica sanno e come sanno ancor meglio molti mistici per esperienza diretta, anche se queste modalità appaiono del tutto sorprendenti per chi non le abbia provate o non abbia studiato sui libri specialistici le manifestazioni fenomeniche delle comunicazioni mistiche.
San Giovanni della Croce ha dedicato ad esempio molte interessanti pagine a questo argomento con particolare riferimento a quelle che vengono chiamate ‘locuzioni interiori’.
La prossima riflessione è dedicata a:
11. IL SETTIMO DISCORSO DELLA MONTAGNA NELLA SOSTA DEL SABATO:
AMARE LA VOLONTA’ DI DIO (02 di 3)

1  M.V.: 'Quadernetti' - 48.34 - 23.10.48 - Centro Editoriale Valtortiano
2  M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. III, Cap. 176 – Centro Editoriale Valtortiano
3  N.d.A.: Tutte le precedenti citazioni bibliche del Gesù valtortiano (Diluvio, Arca di Noé alla deriva sui flutti, Giona nel ventre della balena, ecc.), testimoniano la verità degli episodi biblici citati, non frutto di ‘racconti mitologici’, come sostiene l’Ateismo militante.
4  N.d.A.: Forse riferimento velato a Giuda Iscariote.
5  Mt 7, 21-23: 21Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? 23Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
6  N.d.A.: L’avvertimento di Gesù a non illudersi sul giudizio di Dio basandosi sul suo ‘aspetto’ attuale si comprende meglio alla luce del fatto che il Verbo Incarnato-Gesù stava svolgendo in quel momento in terra una missione di Misericordia. Era venuto per insegnare come Maestro e per salvare, non per condannare. Ma sarebbe arrivato il momento in cui Egli si sarebbe mostrato alle anime in ben altra terribile maniera, quella della Giustizia divina, una prima volta nel momento della nostra morte fisica e una seconda volta nel momento del Giudizio universale quando – con la resurrezione dei corpi – avrebbe emesso il verdetto finale: salvi o dannati, in anima e corpo.
7  Mt 7, 22-23: Vedi testo nota precedente su Mt 7, 21-23
8  N.d.A.: Si apprende sempre dall’Opera che Giovanni Battista (perseguitato da Erodiade8  - convivente di Erode Antipa, figlio di Erode il Grande e precedente moglie di Filippo fratello di Erode) dopo un suo primo arresto e detenzione in carcere e successiva liberazione con pagamento di riscatto, fu nuovamente catturato, tradotto nel carcere di Gerusalemme per essere infine giustiziato mediante decapitazione, come narrano i Vangeli. Erodiade ne aveva voluto la testa, non perdonando a Giovanni la pubblica denuncia della sua vita licenziosa con Erode Antipa.
9  N.d.R.: L’uccisione di Giovanni Battista: M.V.: ‘L’Evangelo…’ – Cap. 270.3 – C.E.V.
10  M.V.: ‘Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani’ – 25.4.50, p. 226 – Romani c. 8° v. 28-30 – C.E.V.
11  M.V.: ‘Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani’ – 2.6.50, p. 232 – Romani c. 9° v. 1-13 – C.E.V.
12  Gn 21, 8-21: N.d.A.: Attiro l’attenzione su questo concetto dello Spirito Santo che riguarda Ismaele. Dal brano citato della Genesi 21, 8-21 emerge che a causa degli attriti fra i due giovani figli di Abramo, Isacco figlio di Sara ed Ismaele figlio della egiziana Agar, e ciò a causa del cattivo carattere di Ismaele, Sara – moglie legale di Abramo – pretese che la serva Agar e suo figlio fossero allontanati dalle loro tende non volendo essa, peraltro, che neanche l’eredità di Abramo andasse a favore di Ismaele. Dio fece sapere ad Abramo di accontentare Sara perché Egli avrebbe comunque protetto Agar facendo di suo figlio Ismaelepur sempre ‘seme’ di Abramo’ - il capostipite di una razza fiera e forte, in quanto lo stesso Ismaele sarebbe divenuto un ‘tiratore d’arco’, vale a dire un grande guerriero. Questa è infatti una caratteristica delle popolazioni discendenti da Ismaele (gli arabi ed estensivamente gli islamici odierni), bellicose ed indomite. La loro esistenza e ruolo – fatto che potrebbe meravigliare oggi molti - rientra dunque già da allora nei misteriosi progetti di Dio per l’Umanità.
13  M.V.: ‘Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani’ – 29.10.50, p. 267- Rm Cap. XI, v. 1-24 – C.E.V.
14  M.V.: ‘Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani’ – 22.6.50, p. 243/244 - Rm Cap. IX, v. 19-24 – C.E.V.
15  M.V.: ‘Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani’ – 29.5/3.6.48, p. 153 - Rm Cap. VII, v. 14-25 – C.E.V.
16  M.V.: ‘Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani’ – 26.1.50, p. 200 - Rm Cap. VIII, v. 6-7-8 – C.E.V.
17  M.V.: ‘I Quaderni del 1943’ – Dettato del 17 luglio 1943 – C.E.V.
18  M.V.: ‘I Quaderni del 1943’ – 29.8.43 – Centro Editoriale Valtortiano
19  M.V.: ‘I Quaderni del 1943’ – 23.12.43 – C.E.V.
20  M.V.: ‘I Quaderni del 1943’ – 25.10.43 – Centro Editoriale Valtortiano
21  N.d.A.: E’… biblico: Vedi Libro di Giosuè 10, 12-14: « 12Quando il Signore consegnò gli Amorrei in mano agli Israeliti, Giosuè parlò al Signore e disse alla presenza d'Israele:«Férmati, sole, su Gàbaon, luna, sulla valle di Àialon».13Si fermò il sole e la luna rimase immobile finché il popolo non si vendicò dei nemici. Non è forse scritto nel libro del Giusto? Stette fermo il sole nel mezzo del cielo, non corse al tramonto un giorno intero. 14Né prima né poi vi fu giorno come quello, in cui il Signore ascoltò la voce d'un uomo, perché il Signore combatteva per Israele.
22  M.V.: 'Libro di Azaria' - Cap. 12 - 12 maggio 1946 - Centro Editoriale Valtortiano
23  N.d.A.: Un esempio ‘classico’ è quello della fissione nucleare che ha poi portato alla ‘creazione’ della bomba atomica.
24  M.V.: ‘I Quaderni del 1943’ – Dettato 3.11.43 – Centro Editoriale Valtortiano
25  Gv 12, 7-8
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