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6. IL QUARTO DISCORSO DELLA MONTAGNA: IL GIURAMENTO, LA PREGHIERA, IL DIGIUNO. (02 di 2)

6.1 Gesù: «Nel Pater noster è la perfezione della preghiera».

Vi siete già a questo punto resi conto che la preghiera è una cosa troppo importante per non continuare ad approfondire l’argomento in maniera quasi monografica.
Per chi non sapesse pregare ricordo che la Preghiera più semplice e perfetta ce l’ha data proprio Gesù: è quella del ‘Padre nostro’, l’unica Preghiera che Egli ci abbia insegnato.
Se detta meditandola con il cuore, si potrebbe dire – con una battuta - che ‘Un Padre nostro al giorno… leva il medico di torno’. Meglio se due ‘Pater’, uno al mattino al risveglio per ringraziarlo di averci preservato in vita durante il sonno, ed uno prima di dormire perché – di notte - faccia ben vegliare il nostro Angelo Custode su di noi in quella che è notoriamente l’ora delle Tenebre.
Ecco comunque cosa spiega Gesù a Maria Valtorta proprio in merito alla Preghiera per eccellenza (i grassetti sono miei):1
7 luglio.
Dice Gesù:
«Nel Pater noster è la perfezione della preghiera.
Osserva: nessun atto è assente nella brevità della formula. Fede, speranza, carità, ubbidienza, rassegnazione, abbandono, domanda, contrizione, misericordia sono presenti.
Dicendola, pregate con tutto il Paradiso, durante le prime quattro petizioni, poi, lasciando il Cielo, che è la dimora che vi attende, tornate sulla terra, rimanendo con le braccia alte verso il Cielo per implorare per le necessità di quaggiù e per chiedere aiuto nella battaglia da vincersi per tornare lassù.
“Padre nostro che sei nei cieli”.
O Maria! Solo il mio amore poteva dirvi: dite “Padre nostro”. Con questa espressione vi ho investiti pubblicamente del titolo sublime di figli dell’Altissimo e fratelli miei.
Se qualcuno, schiacciato dalla considerazione della sua nullità umana, può dubitare di essere figlio di Dio, creato a sua immagine e somiglianza, pensando a questa mia parola non può più dubitare. Il Verbo di Dio non erra e non mente. E il Verbo vi dice: dite “Padre nostro”.
Avere un padre è dolce cosa e forte aiuto. Io, nell’ordine materiale, ho voluto avere un padre sulla terra per tutelare la mia esistenza di bimbo, di fanciullo, di giovane. Con questo ho voluto insegnarvi, sia ai figli che ai padri, quanto sia grande la figura morale del padre. Ma avere un Padre di perfezione assoluta, quale è il Padre che è nei Cieli, è dolcezza delle dolcezze, aiuto degli aiuti. Guardate a questo Padre-Dio con timore santo, ma sempre più forte del timore sia l’amore riconoscente per il Datore della vita in terra e in cielo.
“Sia santificato il Nome tuo”.
Con lo stesso movimento dei serafini e di tutti i cori angelici, ai quali e coi quali vi unite nell’esaltare il nome dell’Eterno, ripetete questa esultante, riconoscente, giusta lode al Santo dei Santi. Ripetetela pensando a Me che prima di voi, Io, Dio figlio di Dio, l’ho detta con venerazione somma e con sommo amore. Ripetetela nella gioia e nel dolore, nella luce e nelle tenebre, nella pace e nella guerra. Beati quei figli che mai hanno dubitato del Padre e in ogni ora, in ogni evento, hanno saputo dirgli: “Sia benedetto il tuo Nome!”.
“Venga il tuo Regno”.
Questa invocazione dovrebbe essere il battito del pendolo di tutta la vostra vita, e tutto dovrebbe gravitare su questa invocazione al Bene. Perché il Regno di Dio nei cuori, e dai cuori nel mondo, vorrebbe dire: Bene, Pace, e ogni altra virtù. Scandite perciò la vostra vita di innumeri implorazioni per l’avvento di questo Regno. Ma implorazioni vive, ossia agire nella vita applicando il vostro sacrificio di ogni ora, perché agire bene vuol dire sacrificare la natura, a questo scopo.
“Sia fatta la tua Volontà come in Cielo così in terra”.
Il Regno del Cielo sarà di chi ha fatto la Volontà del Padre, non di chi avrà accumulato parole su parole, e poi si è ribellato al volere del Padre, mentendo alle parole anzidette.
Anche qui vi unite a tutto il Paradiso che fa la Volontà del Padre.
E se tale Volontà la fanno gli abitanti del Regno, non la farete voi per divenire, a vostra volta, abitanti di lassù? Oh! gioia che vi è stata preparata dall’amore uno e trino di Dio!
Come potete voi non adoperarvi con perseverante volontà a conquistarla?
Chi fa la Volontà del Padre vive in Dio. Vivendo in Dio non può errare, non può peccare, non può perdere la sua dimora in Cielo, poiché il Padre non vi fa fare altro che ciò che è Bene, e che, essendo Bene, salva dal peccare, e conduce al Cielo.
Chi fa sua la Volontà del Padre, annullando la propria, conosce e gusta dalla Terra la Pace che è dote dei beati.
Chi fa la Volontà del Padre, uccidendo la propria volontà perversa e pervertita, non è più un uomo: è già uno spirito mosso dall’amore e vivente nell’amore.
Dovete, con buona vo1ontà, svellere dal cuore vostro la volontà vostra e mettere al suo posto la Volontà del Padre.
Dopo avere provveduto alle petizioni per lo spirito, poiché siete poveri, viventi fra i bisogni della carne, chiedete il pane a Colui che provvede di cibo gli uccelli dell’aria e di vesti i gigli del campo.
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Ho detto oggi e ho detto pane. Io non dico mai nulla di inutile.
Oggi. Chiedete giorno per giorno gli aiuti al Padre. È misura di prudenza, giustizia, umiltà.
Prudenza: se aveste tutto in una volta, ne sciupereste molto. Siete degli eterni bambini e capricciosi per giunta. I doni di Dio non vanno sciupati. Inoltre, se aveste tutto, dimentichereste Iddio.
Giustizia: Perché dovreste avere tutto in una volta quando Io ebbi, giorno per giorno, l’aiuto del Padre? E non sarebbe ingiusto pensare che è bene che Dio vi dia tutto insieme, sotto-pensando con sollecitudine umana che, non si sa mai, è bene avere oggi tutto nella tema che domani Dio non dia? La diffidenza, voi a ciò non riflettete, è un peccato. Non bisogna diffidare di Dio. Egli vi ama con perfezione. È il Padre perfettissimo. Chiedere tutto insieme urta la fiducia e offende il Padre.
Umiltà: il dover chiedere giorno per giorno vi rinfresca nella mente il concetto del vostro nulla, della vostra condizione di poveri, e del Tutto e della Ricchezza di Dio.
Pane. Ho detto “pane” perché il pane è l’alimento-re, l’indispensabile alla vita. Con una parola e nella parola ho chiuso, perché li chiedeste tutti, tutti i bisogni della vostra sosta terrena. Ma come sono diverse le temperature della vostra spiritualità, così sono diverse le estensioni della parola.
“Pane-cibo” per coloro che hanno una spiritualità embrionale al punto che è già molto se sanno chiedere a Dio il cibo per saziare il loro ventre. Vi è chi non lo chiede e lo prende con violenza, imprecando a Dio e ai fratelli. Costui è guardato con ira dal Padre poiché calpesta il precetto da cui vengono gli altri: “Ama il tuo Dio con tutto il tuo cuore, ama il tuo prossimo come te stesso”.
“Pane-aiuto” nelle necessità morali e materiali per chi non vive solo per il ventre, ma sa vivere anche per il pensiero, avendo una spiritualità più formata.
“Pane-religione” per coloro che, ancora più formati, antepongono Dio alle soddisfazioni del senso e del sentimento umano e già sanno muovere le ali nel soprannaturale.
“Pane-spirito, pane-sacrificio” a quelli che, raggiunta l’età piena dello spirito, sanno vivere nello spirito e nella verità, occupandosi della carne e del sangue solo quel tanto che è strettamente necessario per continuare ad esistere nella vita mortale, finché sia l’ora di andare a Dio. Questi hanno ormai scalpellato se stessi sul mio modello e sono copie viventi di Me, sulle quali il Padre si curva con abbraccio d’amore.
“Perdonaci i nostri debiti come noi li perdoniamo ai nostri debitori”.
Non v’è, nel numero dei creati, nessuno, eccetto mia Madre, che non abbia avuto da farsi perdonare dal Padre colpe più o meno gravi a seconda della propria capacità d’esser figli di Dio. Pregate il Padre che vi cancelli dal novero dei suoi debitori. Se lo farete con animo umile, sincero, contrito, piegherete l’Eterno in vostro favore.
Ma condizione essenziale per ottenere, per essere perdonati, è di perdonare.
Se vorrete solo e non darete pietà al vostro prossimo, non conoscerete perdono dell’Eterno. Dio non ama gli ipocriti e i crudeli, e colui che respinge il perdono al fratello respinge il perdono del Padre a se stesso.
Considerate inoltre che, per quanto possiate essere stati feriti dal prossimo vostro, le vostre ferite a Dio sono infinitamente più gravi. Questo pensiero vi spinga a perdonare tutto come Io perdonai per mia Perfezione e per insegnare il perdono a voi.
“Non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male”.
In tentazione Dio non vi induce. Dio vi tenta con doni di Bene soltanto, e per attirarvi a Sé.
Voi, interpretando male le mie parole, credete che esse vogliano dire che Dio vi induca in tentazione per provarvi. No.
Il buon Padre che è nei Cieli il male lo permette, ma non lo crea. Egli è il Bene da cui sgorga ogni bene. Ma il Male c’è. Ci fu dal momento in cui Lucifero si aderse contro Dio.
Sta a voi fare del Male un Bene, vincendolo e implorando dal Padre le forze per vincerlo.
Ecco cosa chiedete con l’ultima petizione. Che Dio vi dia tanta forza da sapere resistere alla tentazione. Senza il suo aiuto la tentazione vi piegherebbe perché essa è astuta e forte, e voi siete ottusi e deboli.
Ma la Luce del Padre vi illumina, ma la Potenza del Padre vi fortifica, ma l’Amore del Padre vi protegge, onde il Male muore e voi ne rimanete liberati.
Questo è quanto chiedete col Pater che Io vi ho insegnato.
In esso vi è tutto compreso, tutto offerto, tutto chiesto di quanto è giusto sia chiesto e dato.
Se il mondo sapesse vivere il Pater, il Regno di Dio sarebbe nel mondo.
Ma il mondo non sa pregare. Non sa amare. Non sa salvarsi. Sa solo odiare, peccare, dannarsi.
Ma Io non ho dato e fatto questa preghiera per il mondo che ha preferito essere regno di Satana.
Io ho dato e ho fatto questa preghiera per coloro che il Padre mi ha dato perché sono suoi, e l’ho fatta affinché siano una cosa sola col Padre e con Me fin da questa vita, per raggiungere la pienezza dell’unione nell’altra.»
Alcune concetti offrono lo spunto ad ulteriori riflessioni.
I temi dell’amore e del perdono ricorrono molto spesso nel Discorso della montagna.
Ai fini della salvezza è importante perdonare per essere perdonati da Dio.2
Gesù aveva infatti detto: «Perdonate per essere perdonati da Dio perché anche voi avete colpe verso Dio e i fratelli. Il perdono apre le porte al Regno dei Cieli tanto al perdonato come al perdonante».
Nella preghiera del ‘Padre nostro’ Gesù ha illustrato l’invocazione: ‘Perdonaci i nostri debiti come noi li perdoniamo ai nostri debitori’ e lo ha fatto con le seguenti parole che ritrascrivo perché…‘repetita juvant’:
“Perdonaci i nostri debiti come noi li perdoniamo ai nostri debitori”.
Non v’è, nel numero dei creati, nessuno, eccetto mia Madre, che non abbia avuto da farsi perdonare dal Padre colpe più o meno gravi a seconda della propria capacità d’esser figli di Dio. Pregate il Padre che vi cancelli dal novero dei suoi debitori. Se lo farete con animo umile, sincero, contrito, piegherete l’Eterno in vostro favore.
Ma condizione essenziale per ottenere, per essere perdonati, è di perdonare.
Se vorrete solo e non darete pietà al vostro prossimo, non conoscerete perdono dell’Eterno. Dio non ama gli ipocriti e i crudeli, e colui che respinge il perdono al fratello respinge il perdono del Padre a se stesso.
Considerate inoltre che, per quanto possiate essere stati feriti dal prossimo vostro, le vostre ferite a Dio sono infinitamente più gravi. Questo pensiero vi spinga a perdonare tutto come Io perdonai per mia Perfezione e per insegnare il perdono a voi.
La necessità del Perdono, come la si evince dalla preghiera del ‘Padre nostro’,
è dunque estremamente importante.
Il suddetto brano del Gesù valtortiano sulla preghiera a Dio per ottenere il perdono me ne ricorda però anche un altro dove, nel luglio del 1946, Egli dice alla mistica che - dopo averle dettato un’Ora Santa3 per coloro che la desideravano, dopo averle svelato nei dettagli i propri pensieri della sua Ora di Agonia del Getsemani4 le offre, poiché lei con le sue sofferenze di anima-vittima è sulla ‘Croce’, anche un’Ora di preparazione alla morte5 con un commento a ciascuna delle seguenti ‘sette parole della Croce’:
I. “Padre mio, se è possibile passi da me questo calice…”
II. “Padre, perdona loro…”
III. “Ecco tuo figlio…”
IV. “Ricordati di me…”
V. “Dio mio, perché mi hai abbandonato? …”
VI. “Ho sete…”
VII. “Tutto è compiuto…”
La seconda è appunto: ‘Padre, perdona loro’. 6
Quante volte – di fronte alla gravità di certe ingiustizie subite o dolori arrecatici – sembra impossibile ‘perdonare’. Talora - vedendo in televisione la cronaca di efferati assassinii, se non anche stragi - si sente che il cronista interpella la moglie, o il marito, o comunque un parente stretto, chiedendogli se ha ‘perdonato’ il colpevole.
Per chi ascolta e guarda sembra quasi una domanda ‘sadica’ e ‘insulsa’ di fronte a quel dolore, e chi la fa non si rende neanche conto – nel clima vigente di ‘perdonismo’ e ‘umanitarismo’ che tuttavia non ha niente a che vedere con il perdono cristiano – di chiedere con leggerezza una cosa che è in quel momento enorme, anche se la Dottrina di Gesù, in chiave spirituale’ ci chiede proprio di dare perdono, ma per ben altre ragioni.
Se però é umanamente difficile perdonare in certe situazioni, ecco che Gesù – che è stato Uomo e che ci conosce alla perfezione – nella sua Bontà e desiderio di aiutarci dà un consiglio preziosissimo a chi, umanamente, non riesce a perdonare di suo:
Ecco dunque il commento di Gesù nel luglio 1946:7
(…)
“Padre, perdona loro”.
È il momento di spogliarsi di tutto quanto è peso per volare più sicuri a Dio. Non potete portare con voi né affetti né ricchezze che non siano spirituali e buone. E non c’è uomo che muoia senza avere da perdonare qualcosa ad uno od a molti suoi simili e in molte cose, per molti motivi. Quale l’uomo che giunga a morire senza aver patito l’acre di un tradimento, di un disamore, di una menzogna, un’usura, un danno qualsiasi, da parenti, consorti, o amici?
Ebbene: è l’ora di perdonare per essere perdonati. Perdonare completamente, lasciando andare non solo il rancore, non solo il ricordo, ma anche la persuasione che il nostro motivo di sdegno era giusto.
È l’ora della morte. Il tempo, il mondo, gli affari, gli affetti hanno fine, divengono “nulla”. Un solo vero esiste ormai: Dio. A che dunque portare oltre le soglie ciò che è del di qua delle soglie?
Perdonare. E poiché giungere alla perfezione d’amore e di perdono, che è il neppur più dire: “Eppure io avevo ragione”, è molto, troppo difficile per l’uomo, ecco passare al Padre l’incarico di perdonare per noi. Dargli il nostro perdono, a Lui che non è uomo, che è perfetto, che è buono, che è Padre, perché Egli lo depuri nel suo Fuoco e lo dia, divenuto perfetto, a chi merita il perdono.
Perdonare, ai vivi e ai morti. Si. Anche ai morti che sono stati cagione di dolore.
La loro morte ha levato molte punte al corruccio degli offesi, talora le ha levate tutte.
Ma il ricordo dura ancora. Hanno fatto soffrire, e si ricorda che hanno fatto soffrire.
Questo ricordo mette sempre un limite al nostro perdono. No. Ora non più. Ora la morte sta per levare ogni limite allo spirito. Si entra nell’infinito. Levare perciò anche questo ricordo che limita il perdono.
Perdonare, perdonare perché l’anima non abbia peso e tormento di ricordi e possa essere in pace con tutti i fratelli viventi o penanti, prima di incontrarsi col Pacifico.
“Padre, perdona loro”. Santa umiltà, dolce amore del perdono dato, che sottintende perdono chiesto a Dio per i debiti verso Dio e verso il prossimo che ha colui che chiede perdono per i fratelli. Atto d’amore.
Morire in un atto d’amore è avere l’indulgenza dell’amore.
Beati quelli che sanno perdonare in espiazione di tutte le loro durezze di cuore e delle colpe dell’ira.
Il ricordo di quanto subito limita la nostra capacità di perdono.
Ecco cosa bisogna dunque cercare di fare: seguire il consiglio di Gesù di ‘passare al Padre l’incarico di perdonare per noi’, dicendogli: ‘Padre, tu conosci la mia umanità, Tu sai bene che il Peccato originale mi ha reso imperfetto, Tu sai anche che il ‘ricordo’ dell’ingiustizia è più forte di me, Tu sai pure che il dolore mi rende incapace di perdonare, ma Tu sei anche Spirito Perfettissimo, e sei anche Buono, e sei anche Padre, mio e dell’altro, e se l’altro lo merita perdonagli allora Tu per me…’.
Sempre a proposito della preghiera del ‘Padre nostro’, richiamo l’attenzione su quella che in termini giuridici si potrebbe definire la ‘interpretazione autentica’ – da parte del Gesù valtortiano - di alcune parole che hanno fatto discutere per secoli in quanto ritenute di non chiara comprensione, e cioè quelle sul ‘Non ci indurre in tentazione…’.
Dio ci induce forse in tentazione? No, non lo fa. Egli permette tuttavia le tentazioni del nostro ‘io’ e del ‘mondo’ perché ci ha creato ‘liberi’. Egli sa però anche che – se vogliamo - le possiamo vincere ed in tal caso il nostro impegno serve a rafforzarci spiritualmente ed a superare poi prove superiori guadagnando così per il Cielo un merito ancora maggiore.
Poi vi sono tentazioni molto forti, come ad esempio quelle indotte da Satana, e anche con quella invocazione noi chiediamo al Padre la forza per resistervi.
Dio non impedisce dunque le tentazioni, rispetta il nostro libero arbitrio, ma – se gli chiediamo aiuto con convinzione e con fede, anche in una incipiente debolezza che avanza – Egli non ci nega la forza per superarle.
Ancora una considerazione.
Gesù sottolinea che Egli non ha dato questa preghiera del Padre nostro per il ‘mondo’.
Egli sa infatti bene che ‘il mondo’ respinge l’amore di Dio, ma Gesù aggiunge che l’ha data per coloro che il Padre – conoscendo in anticipo dal suo Eterno Presente il loro futuro comportamento – sa che vorranno comportarsi bene per cui Egli concederà loro gli aiuti, anche materiali, che con la preghiera essi gli chiedono.
Se la preghiera al Padre è dunque ottima cosa, è però anche importante la preghiera a Maria SS.: l’Ave Maria.
Troppi non considerano abbastanza il fatto che Lei è la ‘Figlia’ del Padre, la ‘Sposa’ dello Spirito Santo, la Mamma di Gesù.
Ella – in questa triplice veste – è la ‘Mediatrice’ ideale fra l’uomo e Dio, ed è capace di perorare la nostra causa e di ottenerci, se la invochiamo con autentica fede, quanto Gesù – per una questione di ‘giustizia’ - forse non ci darebbe se fossimo solo noi a chiederlo.
Gesù non riesce infatti a resistere ad una preghiera di sua Mamma, ed è anche per questo – cioè per offrirci una ulteriore opportunità – che, per amore nostro, Egli le ha conferito il ruolo di Madre dell’Umanità.

6.2 La preghiera che non serve, cioè la maggioranza delle nostre preghiere. Gesù: «Voi fate preghiere e preghiere in questi tempi. Ma non servono come dovrebbero… perché Religione vuol dire ubbidienza ai desideri e ai voleri di Dio, e voi nelle grandi e nelle piccole cose disubbidite a Dio… condizione essenziale per essere ascoltati è di non avere in cuore l’odio che uccide l’amore».

Le preghiere – aveva detto in un’altra occasione Gesù – sono spesso inutili perché dettate dall’egoismo: vorremmo, ad esempio, essere preservati dal Male ma non chiediamo lo stesso per i nostri nemici.
Nelle nostre preghiere – Egli spiegava - c’è infatti sempre come una segreta molla di odio ed egoismo.
Bisogna invece imparare ad amare per amore anche i nostri nemici.
A proposito di ‘nemici’ e di preghiere di invocazione a Dio, sappiamo che molte guerre sono state fatte e vengono ancora oggi fatte pregando ed invocando ‘Dio’.
Ogni popolo o singolo combattente, perciò, prima di entrare in battaglia, prega per la propria vittoria e – conseguentemente – per la sconfitta e morte dei nemici. E lo fa invocando appunto il ‘suo’ Dio, che tuttavia è lo stesso Dio di tutti, anche dei suoi nemici.
Se Dio ascoltasse gli uni e gli altri si troverebbe davvero in un bell’imbarazzo.
Dio dunque non ‘parteggia’ nelle guerre, ma talvolta permette che una parte vinca al fine di punire la parte avversa che ha troppo peccato. Salvo poi punire anche quella che ha vinto se questa dovesse a sua volta prevaricare nella oppressione degli avversari o degenerasse troppo nei propri comportamenti e costumi.
La storia dell’Antico Israele annovera casi di questo genere, ma succede anche ai nostri giorni.
Sono molti gli Imperi, a cominciare da quello egizio fino a quello romano e altri ancora che si sono succeduti nel corso dei secoli, che se da un lato possono avere contribuito a mantenere un certo ‘ordine mondiale’ o ‘regionale’ che ha evitato guai peggiori - dall’altro lato hanno finito per decadere progressivamente, come alcuni storici hanno potuto rilevare, quando sono venute meno le tensioni morali e le virtù civiche che ne avevano permesso la crescita.
Di norma il declino o la caduta di queste ‘civiltà’, o Imperi, o Governi o nazioni, viene attribuita a cause naturali, come la fine ‘per esaurimento’ di un ciclo storico – e questo in parte è anche vero – ma pochi sanno riconoscere o vogliono riconoscere che in questo declino vi possono essere anche ragioni ‘spirituali’.
Quando un popolo sbaglia, Dio - finché può – ‘porta pazienza’ ma - oltre un certo limite – lo lascia declinare ed affondare quando poi non lo colpisce direttamente.
A proposito poi della preghiera nelle guerre – e qui mi riferisco alla seconda guerra mondiale del Novecento che ha comportato molti milioni di morti e sofferenze inenarrabili – mentre la mistica Valtorta pregava chiedendo l’aiuto di Gesù per le afflizioni che la guerra dei primi anni ’40 stava provocando all’Italia – Gesù le aveva parlato della preghiera che non serve: (i grassetti sono miei):8
10 agosto 19439
Mi lamento piano col Signore perché aprendo, come mia abitudine, a caso il libro del Vangelo o della Bibbia, mi fa, anche questa mattina, cadere sotto agli occhi un punto tristissimo (Geremia cap. 9°).
Avrei tanto bisogno di una parola di speranza per la mia povera Patria!... Riconosco che siamo colpevoli delle colpe di cui siamo accusati e puniti. Ma amore di patria mi fa sentire dolore delle afflizioni con cui Dio ci colpisce.
Gesù mi lascia lamentare e poi mi richiama l’attenzione sui versetti 23, 24, e sull’ultima frase del versetto 25. Comprendo che sarò istruita su questo... e aspetto.
Dice Gesù:10
La preghiera è buona e santa cosa, buona cosa è pure meditare e studiare la Sapienza.
Ma nulla è più utile all’uomo di una conoscenza: quella di essere convinto di Dio.
Quando uno ha conosciuto veramente chi è il Signore, non sbaglia più, sa pregare non con un moto macchinale di labbra dal quale esulano seri propositi di bontà, di perdono, di continenza, di umiltà, ma con vera adesione a Dio, ma con vero proposito di praticare sempre meglio la Legge per essere benedetto da Dio.
Quando uno ha conosciuto chi è il Signore, possiede per sempre la Scienza, la Ricchezza, la Forza, che dànno la Gloria vera che non muore in eterno e che piace a Dio.
Voi fate preghiere e preghiere in questi tempi. Ma non servono come dovrebbero.
Non pensate che il vostro Dio abbia cambiato la sua Natura d’infinita Bontà e di Paternità perfetta! È che a Lui voi presentate preghiere contaminate da troppe cose.
Spogliatevi della triplice veste che opprime il vostro spirito e lo contamina.
Via l’ipocrisia, via l’odio, via la lussuria.
Vi sarebbero altre cose da levare. Ma queste sono le più abbiette ai miei occhi.
E siete ipocriti quando venite a Me per funzioni religiose che compite con senso umano e non soprannaturale.
Ma chi volete ingannare? Me? O infelici! Vi potrete ingannare fra di voi, mostrando un volto di religione, una maschera, anzi, sul volto vero che è di irreligione, perché Religione vuol dire ubbidienza ai desideri e ai voleri di Dio, e voi nelle grandi e piccole cose disubbidite a Dio.
Potrete ingannarvi fra di voi, ma il vostro Dio non lo ingannate.
Che diresti, Maria, e che faresti se uno ti offrisse un mazzo di fiori o un piatto di frutta tutto sporco o bacato? Che faceva meglio a non offrirtelo perché ti ripugna e ti offende.
Ecco: Io dico lo stesso della maggioranza delle vostre preghiere.
Odiate. Sicuro. Odiate. E siete così appesantiti nello spirito che neppure ve ne accorgete di essere pieni di astio verso tutti e di egoismo. Ma che vi ho detto Io?
“Se quando stai per pregare ti sovvieni d’aver offeso il fratello o che egli ha qualcosa in cuore contro di te, riconciliati prima con esso e poi vieni”.
Condizione essenziale per essere ascoltati è di non avere in cuore l’odio che uccide l’amore.
Come potete venire a Me, che sono Misericordia, quando non siete misericordiosi?
Come potete giudicare e pensare che Io, che sono Giustizia, non vi giudichi?
Non vedete che dando condanna d’odio verso chi vi nuoce - e non fu forse il primo, ma il primo foste voi -- non vedete che da voi stessi vi condannate?
Siete lussuriosi. Quanta lussuria: della carne, della mente, del cuore, dilaga sul mondo sgorgando da voi come da tante bocche di fontana le cui origini siano nel profondo dove regna il Nemico!
È un diluvio, non voluto da Dio, ma da Satana ed al quale vi siete prestati, quello che si riversa sulla terra e vi scaccia la Luce, la Verità, la Vita.
E Luce e Verità e Vita, come colomba che non ama il fango putrido, si ritira nei Cieli, scendendo rapida da essi per raccogliere il volo sulle rare creature che come vette di monte emergono sulla fanghiglia che vi disonora.
Il mio Figlio11 diletto ha preclusa la sua dimora fra gli uomini dagli uomini stessi.
Ascoltatelo, o voi che ancora lo sapete fare, voi che resistete all’onda corruttrice, per amore Nostro. In Lui è la salvezza, perché Egli è l’eterno Redentore, ed i meriti infiniti del suo infinito dolore operano in eterno. Ma voi li sterilite sotto il corrosivo del male satanico di cui siete ripieni. Più ancora del suo Sangue sugli ebrei, questo vostro distruggere in voi gli effetti del suo Sangue col peccato, che amate come la vostra vita di un’ora, vi condanna e vi fa degni del mio castigo.
Cuori incirconcisi siete. Non sapete, non volete mettere anello di triplice penitenza a quel vostro cuore che avete tolto a Dio e avete dato al Nemico di Dio e del genere umano.
Questo è quello che è necessario perché Io intervenga: pentirvi e fare penitenza.
Senza queste due cose ogni vostra preghiera, ogni vostro atto religioso è menzogna e offesa che fate a Dio.
E se lo Spirito d’Amore non può più operare in voi i prodigi dell’amore perché il vostro agire neutralizza la sua azione, e se il Verbo del Padre non può più operare i miracoli del suo Sangue e della sua Parola perché in voi sono forze contrarie, il Padre, il Signore Iddio, può sempre agitare su voi la sferza della punizione e difendere in Sé le tre divine Persone troppo, troppo, troppo offese dall’umanità.»
Merita di essere ben valutata, sempre a proposito della preghiera, anche l’osservazione fatta sopra per cui è bene pregare, meditare e conoscere la sapienza di Dio ma nulla è più utile di avere la conoscenza di Dio e quindi di essere ‘convinti’.
Quando una persona ha conosciuto Dio riceve da Lui tutto quanto gli necessita.
La mistica stava leggendo il seguente brano di Geremia (i grassetti sono miei):
Geremia 9, 23-25:
23Ma chi vuol vantarsi, si vanti di avere senno e di conoscere me, perché io sono il Signore che pratico la bontà, il diritto e la giustizia sulla terra, e di queste cose mi compiaccio. Oracolo del Signore.
24Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali punirò tutti i circoncisi che rimangono non circoncisi: 25l'Egitto, Giuda, Edom, gli Ammoniti e i Moabiti e tutti coloro che si radono le tempie, i quali abitano nel deserto, perché tutte queste nazioni e tutta la casa d'Israele sono incirconcisi nel cuore».
Gesù – nel suo più sopra trascritto Dettato – aveva attirato l’attenzione di Maria Valtorta su due concetti delle parole che erano state ispirate secoli prima a Geremia:
1) la necessità di ‘conoscere Dio’ (versetto 9, 23)
2) il fatto che – allora per Israele e ora per i giorni nostri – Egli punirà tutti gli uomini, della religione giusta e non giusta, perché tutti costoro sono ‘pagani’ cioè ‘idolatri’ nel cuore (versetto 9, 24)
Quello del versetto 9, 24 di Geremia è tuttavia il pericolo che ancor oggi corriamo a causa della generale apostasia che ha ‘afferrato’ da alcuni decenni la quasi totalità dei cristiani - che oggi ‘non conoscono’ più Gesù essendosene allontanati - ma anche la quasi totalità dei ‘pagani’ che, pur non avendo potuto ‘conoscere’ Gesù, per odio non vogliono conoscere Dio nel loro cuore.

6.3 Gesù: «SEMPRE dal cominciare della preghiera la grazia del Signore scende su voi. Parlo della preghiera santa, non della stolta richiesta di cose inutili, o da Dio e dalla morale retta riprovate…».

A proposito del come bisognerebbe pregare, Gesù aveva detto in precedenza:
«…Udite come dovete pregare e col labbro e col lavoro e con tutto voi stessi, per impulso del cuore che ama, sì, Dio, e Padre lo sente, ma che anche sempre ricorda chi è il Creatore e che è la creatura, e sta con amore riverenziale al cospetto di Dio, sempre, sia che òri o che traffichi, sia che cammini o che riposi, sia che guadagni o che benefichi. Per impulso del cuore, ho detto. E’ la prima ed essenziale qualità. Perché tutto viene dal cuore, e come è il cuore tale è la mente, tale la parola, lo sguardo, l'azione…».
Se ne deduce e si ha qui riconferma del fatto che, quando si prega il Signore, lo si deve fare con animo contrito, puro e per ottenere una cosa giusta, meglio ancora se poi la grazia che si chiede ha una valenza spirituale.
Non bisogna peraltro stancarsi nel chiedere, perché ciò starebbe a significare che poi a quella certa ‘cosa’ che si chiede non ci si tiene poi veramente tanto, oppure che non si ha fiducia nell’aiuto di Dio.
Quando però chi prega è nelle giuste condizioni di spirito e determinazione, allora Dio ‘si piega’ su di lui e concede quanto richiesto, e a volte concede anche di più perché Egli – amando con sovrabbondanza - dona con sovrabbondanza.
Un esempio di preghiera rivolta al Signore nel modo ‘giusto’ - e dove il Signore ha risposto appunto ‘con sovrabbondanza’ - è quella del Profeta Daniele che pregava per il popolo di Israele deportato a Babilonia, preghiera che viene esaudita da Dio che gli darà conferma non solo del rientro in patria ma gli farà anche avere dall’Arcangelo Gabriele la famosa profezia delle ‘settanta settimane’ che sarebbero intercorse dal rientro in patria del popolo ebraico alla manifestazione del futuro Messia. (Dn 9, 1-27)
Dovete infatti sapere che Geremia – come riportato in nota a piè di pagina - aveva in precedenza profetizzato12 che, a causa dei peccati e abbandono della fede da parte di Israele, il suo popolo sarebbe stato castigato da Dio e – sconfitto in guerra dal Re Nabucodonosor - sarebbe stato deportato prigioniero a Babilonia dove la prigionia sarebbe durata settanta anni, e lo stesso re di Babilonia, prevaricatore, sarebbe stato sconfitto e punito per le sue male azioni da un altro re.
Con riferimento a questa profezia di Geremia, attiro la vostra attenzione su quanto ho già accennato con riguardo alla ‘Giustizia’ divina quando gli uomini eccedono nel peccato.
Quando un popolo sbaglia, e sbaglia a lungo e ripetutamente tanto da far perdere 'la pazienza' a Dio Padre, e sbaglia in particolare abbandonando volutamente fede ed insegnamenti divini, Dio lo punisce lasciandolo in balìa delle sue male passioni e di altri popoli prevaricatori dei quali Dio si serve permettendo che essi si trasformino in strumenti umani di punizione.
Poi però – se questi popoli esagerano infierendo sui vinti o per loro decadenza morale - Dio prima o poi li punisce a loro volta lasciando anch’essi in balìa di altri popoli o comunque vittime di distruzioni per fenomeni anche naturali.
Anche questa dovrebbe essere una chiave di ri-lettura di tutta la Storia dell’Umanità, anche quella moderna, e potremmo – con questa lente di ingrandimento - trovarci di fronte a delle vere e proprie sorprese che spiegherebbero le alterne vicissitudini di molti popoli.
Per tornare tuttavia al discorso di poc’anzi a proposito di come dovrebbe essere una giusta preghiera, e cioè quella di un cuore accorato, riporterò di seguito quella del già citato Profeta Daniele.
Daniele meditava e rimeditava sulla profezia di Geremia in merito ai settanta anni di prigionia, cercando di capire con maggior chiarezza quale sarebbe stato l’anno in cui Dio avrebbe liberato il popolo dalla schiavitù rendendo possibile il suo ritorno in patria.
Ecco allora come egli si rivolge al Signore:13
Daniele: 9, 1-27:
1 Nell'anno primo di Dario, figlio di Serse, della progenie dei Medi, il quale era stato costituito re sopra il regno dei Caldei, 2nel primo anno del suo regno io, Daniele, tentavo di comprendere nei libri il numero degli anni di cui il Signore aveva parlato al profeta Geremia e che si dovevano compiere per le rovine di Gerusalemme, cioè settant'anni.
3Mi rivolsi al Signore Dio alla ricerca di un responso con preghiera e suppliche, con il digiuno, veste di sacco e cenere 4e feci la mia preghiera e la mia confessione al Signore, mio Dio:
«Signore Dio, grande e tremendo, che sei fedele all'alleanza e benevolo verso coloro che ti amano e osservano i tuoi comandamenti, 5abbiamo peccato e abbiamo operato da malvagi e da empi, siamo stati ribelli, ci siamo allontanati dai tuoi comandamenti e dalle tue leggi!
6Non abbiamo obbedito ai tuoi servi, i profeti, i quali nel tuo nome hanno parlato ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri e a tutto il popolo del paese. 7A te conviene la giustizia, o Signore, a noi la vergogna sul volto, come avviene ancora oggi per gli uomini di Giuda, per gli abitanti di Gerusalemme e per tutto Israele, vicini e lontani, in tutti i paesi dove tu li hai dispersi per i delitti che hanno commesso contro di te.
8Signore, la vergogna sul volto a noi, ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri, perché abbiamo peccato contro di te; 9al Signore, nostro Dio, la misericordia e il perdono, perché ci siamo ribellati contro di lui, 10non abbiamo ascoltato la voce del Signore, nostro Dio, né seguito quelle leggi che egli ci aveva dato per mezzo dei suoi servi, i profeti.
11Tutto Israele ha trasgredito la tua legge, si è allontanato per non ascoltare la tua voce; così si è riversata su di noi la maledizione sancita con giuramento, scritto nella legge di Mosè, servo di Dio, perché abbiamo peccato contro di lui.
12Egli ha messo in atto quelle parole che aveva pronunciato contro di noi e i nostri governanti, mandando su di noi un male così grande, che sotto tutto il cielo mai è accaduto nulla di simile a quello che si è verificato per Gerusalemme.
13Tutto questo male è venuto su di noi, proprio come sta scritto nella legge di Mosè. Tuttavia noi non abbiamo supplicato il Signore, nostro Dio, convertendoci dalle nostre iniquità e riconoscendo la tua verità.
14Il Signore ha vegliato sopra questo male, l'ha mandato su di noi, poiché il Signore, nostro Dio, è giusto in tutte le cose che fa, mentre noi non abbiamo ascoltato la sua voce.
15Signore, nostro Dio, che hai fatto uscire il tuo popolo dall'Egitto con mano forte e ti sei fatto un nome qual è oggi, noi abbiamo peccato, abbiamo agito da empi.
16Signore, secondo la tua giustizia, si plachi la tua ira e il tuo sdegno verso Gerusalemme, tua città, tuo monte santo, poiché per i nostri peccati e per l'iniquità dei nostri padri Gerusalemme e il tuo popolo sono oggetto di vituperio presso tutti i nostri vicini.
17Ora ascolta, nostro Dio, la preghiera del tuo servo e le sue suppliche e per amor tuo, o Signore, fa' risplendere il tuo volto sopra il tuo santuario, che è devastato.
18Porgi l'orecchio, mio Dio, e ascolta: apri gli occhi e guarda le nostre distruzioni e la città sulla quale è stato invocato il tuo nome!
Noi presentiamo le nostre suppliche davanti a te, confidando non sulla nostra giustizia, ma sulla tua grande misericordia.
19Signore, ascolta! Signore, perdona! Signore, guarda e agisci senza indugio, per amore di te stesso, mio Dio, poiché il tuo nome è stato invocato sulla tua città e sul tuo popolo».
20Mentre io stavo ancora parlando e pregavo e confessavo il mio peccato e quello del mio popolo Israele e presentavo la supplica al Signore, mio Dio, per il monte santo del mio Dio, 21mentre dunque parlavo e pregavo, Gabriele, che io avevo visto prima in visione, volò veloce verso di me: era l'ora dell'offerta della sera.
22Egli, giunto presso di me, mi rivolse la parola e mi disse:
«Daniele, sono venuto per istruirti e farti comprendere. 23Fin dall'inizio delle tue suppliche è uscita una parola e io sono venuto per annunciartela, poiché tu sei un uomo prediletto.
Ora sta' attento alla parola e comprendi la visione:
24Settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua santa città per mettere fine all'empietà, mettere i sigilli ai peccati, espiare l'iniquità, stabilire una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei Santi.
25Sappi e intendi bene: da quando uscì la parola sul ritorno e la ricostruzione di Gerusalemme fino a un principe consacrato, vi saranno sette settimane.
Durante sessantadue settimane saranno restaurati, riedificati piazze e fossati, e ciò in tempi angosciosi.
26Dopo sessantadue settimane, un consacrato sarà soppresso senza colpa in lui.
Il popolo di un principe che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine sarà un'inondazione e guerra e desolazioni sono decretate fino all'ultimo.
27Egli stringerà una solida alleanza con molti per una settimana e, nello spazio di metà settimana, farà cessare il sacrificio e l'offerta; sull'ala del tempio porrà l'abominio devastante, finché un decreto di rovina non si riversi sul devastatore».
Certamente avrete notato con quale ‘cuore’ e ardente sentimento Daniele abbia nutrito la sua preghiera, e come il Signore si sia ‘piegato’ su di lui appunto con ‘sovrabbondanza’, facendo rispondere dall’Arcangelo Gabriele – sia pur in profezia velata, perché Gabriele aveva ad esempio taciuto se sarebbero state settanta settimane di giorni, di mesi o di anni, lasciando il rompicapo alla perspicacia degli uomini - non solo in merito alla data della liberazione dalla schiavitù ma anche riguardo alla data di manifestazione sulla Terra del Messia.
Nei secoli successivi fu proprio la profezia data a Daniele quella che diede la forza al popolo ebraico di resistere a tutte le travagliate vicissitudini storiche, avendo esso acquisito una sicurezza incrollabile persino sull’epoca in cui sarebbe venuto il loro Messia-Liberatore, anche se la Casta di Scribi, Farisei, Sadducei e Sacerdoti del Tempio – nella sua umanità – se lo auspicava come ‘Liberatore dai nemici politici’ anziché dal peccato e da Satana.
Ecco comunque un commento di Gesù in merito alla ‘qualità santa’ di tale preghiera di Daniele (i grassetti sono miei): 14
29.11.43
Daniele Cap. 9° v. 20-27
Dice Gesù:
«Sempre dal cominciare15 della preghiera la grazia del Signore scende su voi.
Parlo della preghiera santa, non della stolta richiesta di cose inutili, o da Dio e dalla morale retta riprovate.
L’Eterno che veglia su voi dai Cieli non ha cuore di bronzo simile al vostro che siete duri ai fratelli e ingrati a Dio.
Egli subito si piega su voi quando con cuore umile, amoroso e fidente, quando con sacrificio e costanza, chiedete a Dio pietà.
Pane e conforto, scienza e guida vi dà Dio quando a Lui vi rivolgete. E se non sempre siete esauditi, non pensate di rimanere senza risposta al vostro pregare.
Per un che, negato da una intelligenza che tutto conosce, voi ricevete altri doni che non sempre subito apprezzate e dei quali non siete subito riconoscenti. Ma prima o poi dovete riconoscere questa Bontà intelligente che vi cura. E se qui non lo conoscete, sarà certamente oltre la vita della terra che conoscerete quanto fu grande e buono con voi il Signore.
A Daniele che ancora pregava - e la preghiera di lui potreste dirla anche ora - il mio angelo parlò.
Il Consolatore, che è anche l’Annunziatore16, non è mai disgiunto da ciò che mi riguarda.
Messaggero di Dio, spirito ubbidiente e amoroso, fece sempre suo gaudio portare i voleri di Dio agli uomini e consolare coloro che soffrono. Non lasciò rapido il Cielo unicamente per l’annunzio beato17, per consolare Giuseppe18, per confortare la mia tremenda agonia.19
Già ai profeti era andato a portare la parola e a disvelare il futuro che mi concerne come Messia. Spirito infiammato d’amore, ai desiderosi di Dio aleggia da presso e porta i sospiri degli amanti a Dio e le luci di Dio ai suoi amanti.
Uno solo poteva levare prevaricazione, peccato e ingiustizia dalla Terra20, che era meritevole di un nuovo diluvio e che fu unicamente sommersa e mondata da un Sangue divino e innocente. Io, Dio vero fatto carne per voi.
Corruzione, peccato, ingiustizia e guerra fra l’uomo e Dio, avrebbero avuto termine quando non di regale unzione ma di unzione funebre sarebbe stato unto il Santo dei santi, l’innocente ucciso per amore degli uomini.
Sospiro dei Patriarchi e di tutto il popolo di Dio, il Messia doveva sorgere per creare la Gerusalemme nuova che non muore in eterno. La Chiesa che vive e vivrà fino alla fine dei secoli e che continuerà a vivere nei suoi santi oltre il giorno di questa Terra.
E a Daniele viene dato a conoscere il numero dei giorni che separavano i viventi dal tempo del Signore e le conseguenze della nequizia del popolo che al prodigio di Dio risponde con una condanna.
La condanna del Cristo segna la condanna del popolo.
Sempre un delitto attira una punizione. E dato che nessun delitto è più grande di quello di infierire sugli innocenti e calunniare gli incolpevoli, quale punizione poteva esser serbata a chi aveva ucciso l’innocente, che non fosse distruzione totale del luogo dove l’anonimo s’era installato?
Inutili ormai i sacrifici quando la misura è sorpassata. Dio è longanime, ma non è ingiusto. E perdonare la pertinacia nel peccare dopo aver dato tutti i mezzi per conoscere l’errore ed uscirne, e per tornare a Dio, sarebbe da parte di Dio ingiustizia verso i giusti e verso coloro che i malvagi hanno torturato.
Le settantadue settimane21 potrebbero essere, ora, anche di secoli, o figlia, e al termine di esse venire la desolazione sulla Terra e l’abominio là dove tutto dovrebbe essere santo. Già vi siete incamminati.
Troppo sgretolare di umana scienza rode come una carie i cuori dei miei ministri che non sanno esser di Dio ma del mondo, e che assorbono lo spirito del mondo e dànno al mondo il loro alito non più di Cielo.
È il grande dolore del Cristo. Troppe plaghe senza chiese. Troppe chiese senza sacerdoti. Troppi fedeli senza guida. Troppi cuori senza amore.
Se Gabriele tornasse non troverebbe che ben difficilmente cuori che sapessero orare come Daniele e che accogliessero la sua parola senza vivisezionarla fino ad ucciderla per studiarla e per giungere a negarla. E non è già questo un abominio nella casa di Dio, là, dove almeno i ministri di essa, quelli almeno, dovrebbero essere luce alle turbe?
Cristo lo state uccidendo una seconda volta. Nel vostro spirito lo uccidete.
E fra poco non sarete più popolo suo, ma tribù di idolatri. Non vi lamentate perciò se il Cielo è chiuso, sul vostro fermentare di abominio.
In verità vi dico che se non vi convertite al Signore Iddio vostro, la desolazione durerà fino alla fine.»
Cosa dire su questo Dettato di Gesù che – ve lo ricordo – era stato dato nel novembre 1943, in piena guerra mondiale?
L’Umanità di allora stava peccando gravemente, ma quella di ora sembra sia messa ancora peggio.
Ecco perché Gesù dice che se i Capi del popolo ebraico uccisero allora Gesù, subendone poi collettivamente condanna, anche ora che Cristo viene ucciso nel cuore degli uomini, potrebbe arrivare analoga punizione collettiva.
Per altro verso colpisce l’affermazione da parte di Gesù del ruolo di ‘portatore di ordini divini’ dell’Arcangelo Gabriele, ruolo che andrebbe a mio avviso ulteriormente ‘rivalutato’.
Se infatti – a parte il caso di Daniele - Egli non fu solo l’Angelo dell’Annunciazione ma anche l’Angelo che, come citato nelle note precedenti, consolò Giuseppe convinto che Maria - in 'attesa' - lo avesse tradito, poi lo avvisò di lasciare Betlemme e fuggire in Egitto22, che si recò infine a consolare Gesù durante l’agonia di sangue del Getsemani, ebbene si può supporre che potrebbe allora essere stato sempre lui, Gabriele, l’angelo misterioso che – In Egitto – disse a Giuseppe di ritornare in Palestina e, successivamente, lo avvertì ancora una volta in sogno di ritornare a Nazareth.23

6.4 Il ‘digiuno’ più difficile è quello spirituale. Un vero e proprio ‘cilicio’ che consiste nel violentare se stessi per dimostrare a Dio che intendiamo combattere il nostro ‘io’ per amore suo.

Abbiamo parlato molto della Preghiera - perché abbiamo dovuto capire bene le molteplici regioni che la rendono importante - ma cosa si potrebbe invece dire del digiuno?
Il Vangelo di Matteo24 dice poco e - nel suo Discorso della montagna - Gesù non vi dedica molto spazio, limitandosi a dire:
Quanto ho detto per l'orazione dico per il digiuno.
Quando digiunate non prendete un'aria melanconica come usano gli ipocriti, che ad arte si sfigurano la faccia acciò il mondo sappia e creda, anche se vero non è, che essi digiunano.
Anche essi hanno già avuto, con la lode del mondo, la loro mercede e non ne avranno altra. Ma voi, quando digiunate, prendete un'aria lieta, lavatevi a più acque il volto perché appaia fresco e liscio, ungetevi la barba e profumatevi le chiome, abbiate il sorriso del ben pasciuto sulle labbra. Oh! che in verità non vi è cibo che pasca quanto l'amore! E chi fa digiuno con spirito d'amore, di amore si nutre! In verità vi dico che se anche il mondo vi dirà "vanitosi" e "pubblicani", il Padre vostro vedrà il vostro segreto eroico e ve ne darà doppia ricompensa. E per il digiuno, e per il sacrificio di non essere lodati per esso.
Quella del digiuno è una pratica oggi molto in voga, ma solo per mantenere o raggiungere una linea snella: in sostanza per soddisfare il proprio senso estetico e la propria vanità, qualora non vi siano ovviamente ragioni di salute che invece lo consigliano.
Oggi si tende ad avere cura solo del corpo, anziché dell’anima.
Il corpo non va però idolatrato, come si suggerisce surrettiziamente in certi tipi di propaganda televisiva ‘salutista’.
Se invece riuscissimo a vivere anche solo saltuariamente un digiuno a scopo ‘spirituale’, inteso come un sacrificio di offerta personale o anche di preghiera collettiva, potremmo fare molto per ridurre la presenza del Male nel mondo.
Digiunare significa vivere distaccati dalla ‘carne’ privandosi in parte degli alimenti vitali e dei propri più impellenti ‘bisogni’.
Pregare significa vivere intimamente con Dio ed avere – come diceva San Paolo – Gesù che vive in noi.
Naturalmente bisogna chiarire meglio cosa si possa intendere per digiuno.
Non è ‘digiuno’ solo il ‘non mangiare’, ma lo è anche il fatto di rinunciare per periodi più o meno lunghi a qualcosa che ci preme molto, facendolo per ragioni spirituali e offrendo a Dio questo nostro sacrificio.
Il Cristianesimo è sostanzialmente una religione ascetica, cioè di ‘rinuncia’.
È ad esempio ‘digiuno’ quello dei consacrati che rinunciano al ‘mondo’.
È poi importante ‘digiunare’ anche nell’orgoglio perché – come aveva detto prima Gesù - ‘l’orgoglio sazio rende apatica la mente e l’anima, e diviene tiepida, inerte l’orazione, così come il corpo troppo sazio è sonnolento e pesante’.
L’importanza del digiuno anche materiale è davvero grande. Non per niente Gesù, prima di iniziare la sua missione di evangelizzazione si ritirò 40 giorni nel deserto a digiunare e pregare per avere la forza umana e spirituale necessaria per la futura missione di evangelizzazione.
Il digiuno fisico, infatti, vera e propria sofferenza della ‘carne’, spiritualizza, rarefà la nostra umanità e consente di unirci meglio a Dio.
Quando Gesù si ritirò sul ‘monte’ per l’elezione apostolica impose agli apostoli un ritiro di una settimana a ‘pane e acqua’, più acqua che pane, ognuno nella solitudine di una sua grotta per una meditazione nel silenzio dell’ambiente e del proprio spirito.
Il ‘digiuno’ più difficile è tuttavia quello di ‘rinunciare’ al proprio ‘Io’ - cioè al proprio ‘Ego’, alla propria aggressività, al proprio brutto carattere - per dimostrare così a Dio che intendiamo sacrificarci per amore suo.
Essere veramente cristiani significa peraltro, metaforicamente parlando, ‘digiunare’ anche nelle piccole cose della vita quotidiana - vita che certo non ci fa mancare le occasioni - mettendoci noi un cilicio25 di natura spirituale.
Quale maggior ‘penitenza’ e ‘mortificazione’ che sforzarsi ogni giorno, rispondendo da vero cristiano a tutte le provocazioni che ci vengono dal mondo, dal nostro ‘io’ e da… satana?
Non è facile, è vero, ma d’altra parte questi insegnamenti di Gesù sono ‘insegnamenti di perfezione’.
Lo avevo detto: con i Dieci comandamenti ci si salva, con l’adesione alle Beatitudini ed ai Consigli evangelici è invece… una maggior Gloria.
La prossima riflessione sarà dedicata a:
7. IL QUINTO DISCORSO DELLA MONTAGNA: L’USO DELLE RICCHEZZE, L’ELEMOSINA, LA FIDUCIA IN DIO.

1  M.V. ‘I Quaderni del 1943’ – 7.7.43 – Centro Editoriale valtortiano
2  N.d.A.: Vedi il precedente Cap. 4.2 e ‘L’Evangelo…’ di M.V., Vol. IV, Cap. 278 – Centro Ed. Valtortiano
3  M.V.: ‘Preghiere’: ‘Un’ora con Gesù’ – 14.6.1944 - Centro Editoriale Valtortiano
4  M.V.: ‘Preghiere’: ‘L’ora del Getsemani’ - 6.7.1944 - Centro Editoriale Valtortiano
5  M.V.: ‘Preghiere’: ‘Un’ora di preparazione alla morte’ - 6.7.1944 - Centro Editoriale Valtortiano
6 Lc 23, 32-38: 32Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori. 33Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. 34Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte. 35Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
7  M.V.: “I Quaderni del 1945-1950’ – 14.7.1946 – Centro Editoriale Valtortiano
8  M.V.: ‘I Quaderni del 1943’ – 10.8.43 – Centro Editoriale Valtortiano
9  N.d.R.: Il Dettato di Gesù è dato nel 1943, nel pieno delle atrocità della seconda guerra mondiale.
10  Nota Editore: ‘Dice Gesù…’. Ma verso la fine sembrano parole del Padre
11  N.d.A.: Il Dettato, iniziato da Gesù - come detto dall’Editore nella precedente nota - qui è continuato con certezza dal Padre che accenna infatti a Suo ‘Figlio’ e dice che è pronto ad agitare la sua ‘sferza’ di punizione. Non deve stupire questa alternanza e sostituzione di Persona in alcuni ‘dettati’: Padre, Figlio e Spirito Santo sono una stessa Unità e quando Uno parla… gli Altri ascoltano e annuiscono.
12  Geremia 25, 1-14: 1 Questa parola fu rivolta a Geremia per tutto il popolo di Giuda nel quarto anno del regno di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda, cioè nel primo anno del regno di Nabucodònosor, re di Babilonia.
2Il profeta Geremia l'annunciò a tutto il popolo di Giuda e a tutti gli abitanti di Gerusalemme dicendo: 3«Dall'anno tredicesimo del regno di Giosia, figlio di Amon, re di Giuda, fino ad oggi sono ventitré anni che mi è stata rivolta la parola del Signore e io ho parlato a voi con premura e insistenza, ma voi non avete ascoltato. 4Il Signore vi ha inviato con assidua premura tutti i suoi servi, i profeti, ma voi non avete ascoltato e non avete prestato orecchio per ascoltare 5quando vi diceva: «Ognuno abbandoni la sua condotta perversa e le sue opere malvagie; allora potrete abitare nella terra che il Signore ha dato a voi e ai vostri padri dai tempi antichi e per sempre.
6Non seguite altri dèi per servirli e adorarli e non provocatemi con le opere delle vostre mani e io non vi farò del male. 7Ma voi non mi avete ascoltato - oracolo del Signore - e mi avete provocato con l'opera delle vostre mani per vostra disgrazia».
8Per questo dice il Signore degli eserciti: Poiché non avete ascoltato le mie parole, 9ecco, manderò a prendere tutte le tribù del settentrione - oracolo del Signore - e Nabucodònosor re di Babilonia, mio servo, e li farò venire contro questo paese, contro i suoi abitanti e contro tutte le nazioni confinanti, voterò costoro allo sterminio e li ridurrò a oggetto di orrore, a scherno e a obbrobrio perenne.
10Farò cessare in mezzo a loro i canti di gioia e di allegria, il canto dello sposo e della sposa, il rumore della mola e il lume della lampada.
11Tutta questa regione sarà distrutta e desolata e queste genti serviranno il re di Babilonia per settanta anni.
12Quando saranno compiuti i settanta anni, punirò per i loro delitti il re di Babilonia e quel popolo - oracolo del Signore -, punirò il paese dei Caldei e lo ridurrò a una desolazione perenne.
13Manderò dunque a effetto su questo paese tutte le parole che ho pronunciato a suo riguardo, tutto quanto è scritto in questo libro, ciò che Geremia aveva profetizzato contro tutte le nazioni.
14Nazioni numerose e re potenti ridurranno in schiavitù anche costoro, e così li ripagherò secondo le loro azioni e le opere delle loro mani».
13  N.d.R.: Molti studiosi ritengono che l’Editto con il quale venne autorizzato il ritorno degli ebrei in Israele fu quello del re Artaserse nel 445 a.C.
Non dobbiamo tuttavia entrare qui nel merito della profezia data dall’Arcangelo Gabriele a Daniele. E’ una esercitazione molto difficile e la sua interpretazione ha impegnato per secoli prima rabbi e dottori della legge ebraici e poi esperti teologi cristiani che alla fine, pur avendone compreso in parte il senso complessivo per quanto riguarda la nascita di Gesù-Messia e la distruzione di Gerusalemme, hanno rinunciato a capirlo fino in fondo.
Essi hanno dovuto convenire che alcuni aspetti sono davvero oscuri.
In specie nei versetti della parte finale con quell’accenno alla cessazione del Sacrificio nello spazio di ‘metà settimana’ (come dire metà settimana di giorni, equivalente a tre ‘giorni’ e mezzo, o forse metà settimana di anni, come di anni era stata la profezia di Daniele sulle ‘settanta settimane’, ed in tal caso come dire tre anni e mezzo)
Oppure con quell’altro accenno ad un “abominio della desolazione” sul Tempio, dove vi potrebbe essere un molto velato riferimento a quanto si potrebbe nuovamente verificare nel nostro futuro, trovandoci qui forse di fronte ad una profezia ripetitiva del primo abominio sul Tempio di Gerusalemme per la uccisione dell’Uomo-Dio, abominio che portò allora – come predetto dal Gesù dei Vangeli - alla distruzione della città di Gerusalemme ad opera dei Romani nel 70. d.C. ma che potrebbe riguardare anche il Tempio della Cristianità in futuro. Una prospettiva che taluni ipotizzano possa riguardare – forse prima della fine o anche alla fine del mondo – una Cristianità ed una Umanità allontanatesi da Dio, come diceva anche Geremia in 9, 23-25.
A quest’ultimo riguardo lo stesso Gesù valtortiano dirà comunque – nel corso della sosta del sabato fra il sesto e settimo Discorso della montagna e con riferimento alla Profezia di Daniele – che questi aveva meritato ‘le alte profezie del Cristo e dell’Anticristo, chiave dei tempi di ora e dei ‘tempi ultimi’ (Da ‘L’Evangelo’, dettato 1.6.45).
Da notare che nell’Opera valtortiana il termine ‘tempi ultimi’ o anche ‘tempo ultimo’ vengono usati anche per indicare una fase storica cruciale che può riguardare sia l’epoca dell’Anticristo che quella di Satana (Ap 20, 7-10) alla fine del mondo.
Quella di Daniele è in ogni caso una profezia ‘messianica’, forse la più famosa perché è l’unica che, oltre a far capire a Daniele il tempo della liberazione del popolo di Israele, fece anche conoscere - attraverso il calcolo numerico delle settanta settimane di anni ripartite in vari scaglioni (e qui io aggiungo: anni non solari ma composti di mesi lunari, e quindi più brevi, come si apprende dall’Opera ‘L’Evangelo’) – l’epoca in cui in seguito si sarebbe manifestato il Messia sulla Terra.
Ricordo che Vittorio Messori, in una sua opera, aveva osservato al riguardo che è l’unica profezia dell’Antico Testamento in cui viene precisata con assoluta esattezza e per di più - con quasi cinque secoli di anticipo - la data dell’avveramento della nascita di Gesù.
14  M.V.: ‘I Quaderni del 1943’ – 29.11.43 – Centro Editoriale Valtortiano
15  N.d.A.: ‘Sempre dal cominciare’: Infatti l’Arcangelo Gabriele comunica a Daniele che Egli ricevette l’ordine di andare ad istruire Daniele fin dal cominciare della sua preghiera, quindi quasi ancor prima che egli pregasse.
16  N.d.A.: L’Arcangelo Gabriele
17  Lc 1, 26-38: 26Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.
18  Mt 1, 18-21: 18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
19  Lc 22, 39-46: 39Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. 40Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». 41Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: 42«Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». 43Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. 44Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. 45Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. 46E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
20  N.d.R.: Vedi versetto Dn 9, 24 della già citata profezia: 24Settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua santa città per mettere fine all'empietà, mettere i sigilli ai peccati, espiare l'iniquità, stabilire una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei Santi.
21  N.d.A.: Notare che in questo caso Gesù, parlando del futuro, fa pensare che la profezia di Daniele sia ripetitiva, cioè destinata a riavverarsi in particolari analoghe circostanze. Ma qui, misteriosamente, Gesù non parla di ‘settanta settimane’ ma di ‘settantadue’. L’Editore, da me interpellato per sapere se si fosse trattato di un refuso di stampa, ha controllato il manoscritto originale di Maria Valtorta e poi mi confermato che il testo dice proprio ‘settantadue’ e tale dunque rimane.
22  Mt 2, 12-15: 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.3Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». 14Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, 15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall'Egitto ho chiamato mio figlio.
23 Mt 2, 19-23: 19Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto 20e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nella terra d'Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». 21Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d'Israele. 22Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea 23e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».
24  Mt 6, 6-18: 16E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 17Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, 18perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
25  N.d.A.: Cilicio, cintura di tessuto grossolano, pungente, di lana di capra o crine di cavallo, quando non anche ruvida cintura a nodi portata sotto la veste sulla pelle nuda come pratica di penitenza.
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