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INTRODUZIONE

1. Una discordanza evangelica: Matteo e Luca e le loro due diverse versioni sul Discorso della montagna…

Si è chiuso nel maggio 2013 – nel quadro di un programma di studio triennale della ‘Scuola di Gesù e Maria’ - il ciclo in otto mesi costituito da una sessantina di ‘riflessioni’ di approfondimento sul ‘Credo’ (Simbolo apostolico).
Tale iniziativa – che ha preso avvio in occasione dell’Anno della Fede indetto in tutto il mondo dal Santo Padre Benedetto XVI nell’ottobre 2012 – è stata presa a cura del ‘Movimento per una nuova Evangelizzazione’ che ne ha affidato l’attuazione al ‘Team di coordinamento e supporto didattico’ (Team Neval) della ‘Scuola’ di cui sopra destinata alla ‘formazione’ dei propri iscritti in funzione di una ‘evangelizzazione’ futura.
Inutile sottolineare – per una società cristiana sostanzialmente ‘scristianizzata’ che ha perduto la sua ‘memoria’ – l’importanza di una ‘nuova’ evangelizzazione, nuova nella forma e nella ‘tecnica’ espositiva e di approccio ma ovviamente identica nei contenuti.
Una Evangelizzazione come quella valtortiana che si rifaccia alla vita di Gesù inteso e conosciuto come persona reale e che - per i ‘pagani’ dei nuovi tempi - parta dagli elementi fondamentali della sua Dottrina che sono alla base della vera Fede.
Tale ‘evangelizzazione’ ha dunque come punto di partenza la Dottrina Cristiana e la conoscenza dei Vangeli ma si propone di approfondirla alla luce delle Rivelazioni e visioni ricevute dalla mistica moderna Maria Valtorta nel corso degli anni ’40 del Novecento, rivelazioni pubblicate editorialmente in una quindicina di volumi per oltre settemila pagine e tradotte in oltre venti lingue.
Superfluo - per gli iscritti al corso - spiegare chi sia Maria Valtorta.
Essi sono infatti tutti conoscitori dell’Opera enciclopedica della mistica che aveva trascritto in ‘tempo reale’ oltre seicento visioni sulla vita evangelica e sui discorsi di Gesù durante la sua triennale vita pubblica di duemila anni fa, discorsi ai quali lei assisteva come una ‘telecamera nascosta’ e che – pur essendo stati pronunciati in ebraico od anche aramaico lei – attenzione, miracolo nel miracolo – ‘sentiva’ in lingua ‘italiana’1.
Per coloro che si dovessero imbattere in queste nostre ‘riflessioni’ basterà invece digitare l’indirizzo internet del sopra citato Movimento ↔ CLICCA e VISUALIZZA - per trovare tutte le necessarie informazioni sulla mistica, sul Movimento e sulla ‘Scuola’.
Il Team – per il secondo esercizio ‘scolastico’ ottobre 2013-aprile 2014 – ha ora deciso di approfondire l’argomento della Fede mettendo a fuoco per gli iscritti anche le tematiche dei ‘Dieci comandamenti’ e del ‘Discorso della montagna’.
Anche questa volta, come nel caso del Credo, il compito è stato affidato ai due precedenti relatori: Giovanna Busolini e Guido Landolina.
Mentre Giovanna Busolini si dedicherà ai ‘Dieci Comandamenti’, io mi concentrerò qui ed attirerò la vostra attenzione sul ‘Discorso della montagna’.
Si tratta di argomenti molto importanti perché se il rispetto dei Dieci comandamenti mosaici rappresenta il minimo per salvarsi, gli insegnamenti e consigli di perfezionamento evangelico di Gesù nel Discorso della montagna (mai abbastanza approfonditi per il ‘grande pubblico’) rappresentano ‘il di più’ per poter conseguire una maggior Gloria in Cielo.
Nell’analizzare dunque ora da parte mia il Discorso della Montagna, così come noi lo leggiamo seguendo la traccia del Vangelo dell’evangelista ed apostolo Matteo (il cui testo è più ampio e completo di quello degli altri due evangelisti Marco e Luca) devo attirare preliminarmente la vostra attenzione sul fatto che in genere gli evangelisti, nel citare episodi o detti di Gesù, non si erano preoccupati di redigere un resoconto ‘storico’, cioè cronologicamente consequenziale, degli episodi evangelici.
Essi cercarono piuttosto di seguire nella loro redazione soprattutto l’ordine logico che dovette loro apparire didatticamente adatto ai fini della catechesi che essi si proponevano di svolgere per la conversione al Cristianesimo del mondo ebraico e pagano di allora.
Gli evangelisti non volevano cioè raccontare la vita o la ‘storia’ di Gesù, cosa che invece appare chiaramente – come vedremo - nell’Opera ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ della mistica Valtorta.
In tale Opera le frasi di Gesù e gli episodi della sua vita sono appunto inseriti in un contesto storico e di situazioni assolutamente chiare e precise, quanto al loro collocamento logico-temporale, fatto che consente una più completa ed approfondita comprensione dei Vangeli e della stessa predicazione di Gesù, come appunto vedremo in seguito addentrandoci nel Discorso della montagna.
Con riferimento ad esso, lo scrittore cattolico Vittorio Messori aveva scritto in una propria opera che a causa di alcune discordanze che appaiono inspiegabili fra il testo del Vangelo di Matteo e quello di Luca, questo ‘discorso’ rappresenta uno dei ‘cavalli di battaglia’ al quale si sono attaccati certi critici prevenuti che – passando al setaccio brani apparentemente inspiegabili (come ad esempio quelli divergenti dei quattro racconti evangelici delle discepole recatesi alla tomba di Gesù il mattino della Resurrezione, racconti che invece trovano completa e soddisfacente spiegazione nell’Opera valtortiana) - vorrebbero ‘strumentalizzarli’ per mettere in dubbio l’attendibilità in genere dei Vangeli.
Cavalli di battaglia o ‘cavilli’?
Mi spiegherò meglio.
Matteo così esordisce nel Cap. 5 del suo Vangelo riportante il ‘Discorso’:2
Mt 5, 1-3:
«Gesù, veduta la folla, salì sul monte e quando si fu seduto, gli s’accostarono i suoi discepoli. Allora egli aprì la bocca per ammaestrarli, e disse: «Beati i poveri di spirito, perché di essi è il Regno dei cieli!...’»
E così via di seguito - per tutti i Capp. 5, 6, 7 ed inizio del Cap. 8 (8, 1-4) – finché, dice sempre Matteo nel suo Vangelo, dopo aver terminato il discorso, Gesù scende dal monte seguito da una’ gran folla’ e guarisce un lebbroso.
Luca nel suo Vangelo scrive invece:3
Lc 6, 12-20:
«In quei giorni Gesù si recò sul monte a pregare e trascorse tutta la notte in orazione a Dio.
Quando fu giorno, chiamò i suoi discepoli e ne scelse Dodici, ai quali dette il nome di Apostoli: Simone, che chiamò Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo e Tommaso, Giacomo figlio di Alfeo e Simone, detto lo Zelatore, Giuda fratello di Giacomo, e Giuda Iscariote, che divenne traditore.
Poi, sceso con loro, si fermò su di un ripiano dov’era gran folla dei suoi discepoli e una moltitudine di popolo, venuta da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dalle contrade marittime di Tiro e di Sidone per ascoltarlo e per essere guariti dalle loro infermità.
Coloro infatti che erano tormentati dagli spiriti impuri, venivano liberati, e tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una virtù che guariva tutti. Ed egli sollevando lo sguardo sopra i suoi discepoli, disse: ‘Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio’…. ».
Ora, l’inizio delle ‘Beatitudini’ nel Vangelo di Matteo: «Beati i poveri di spirito, perché di essi è il Regno dei cieli!...’» e quello di Luca: «Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio…», con quel che segue non lascia dubbi sul fatto che si tratti per entrambi dello stesso Discorso della montagna, ancorché il seguito sia riportato da Matteo molto più ampiamente rispetto a Luca.
Nel testo di Luca, tuttavia, l’evangelista sembra legare direttamente le circostanze del Discorso della montagna all’episodio della elezione ufficiale dei dodici apostoli, mentre non fa così il Vangelo di Matteo dove l’episodio dell’elezione viene riportato al Cap. 10 in un differente contesto che nulla ha a che vedere con il Discorso della montagna.
La concatenazione in Luca fra il brano della elezione apostolica (6, 12-19) e il versetto immediatamente successivo (6, 20) del Discorso della montagna: ‘Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio…’, ha fatto tuttavia pensare a più di un esegeta che ‘Elezione apostolica’ e ‘Discorso della montagna’ facessero parte di un unico contestuale episodio, in cui il Discorso della montagna – ed ecco qui la discordanza evangelica fra Luca e Matteo – fosse stato tenuto non in cima ad un monte dove Gesù era salito - come aveva detto Matteo - ma su un ripiano più in basso dove Gesù era disceso (come scritto invece da Luca).
La traduzione ‘su un ripiano’ è stato peraltro interpretata da molti esegeti come… ‘su una pianura’, dove Gesù si sarebbe fermato dopo la discesa.
Avendo i critici interpretato il testo di Luca come sopra spiegato, ne deriva che il suddetto brano di Matteo (brano dove invece è scritto che Gesù, anziché discendere dal monte come dice Luca, salì sul monte e che solo quando si fu seduto in cima al monte cominciò ad ammaestrare: ‘Beati i poveri di spirito…’, etc.) appare in contrasto con quello di Luca.
L’una o l’altra delle due versioni, secondo costoro, sarebbe dunque ‘sbagliata’ e ciò – insieme ad altri dettagli apparentemente discordanti che di quando in quando vengono trovati dei Vangeli – metterebbe in discussione come già detto la esattezza e quindi la ‘veridicità’ dei racconti evangelici.
«Ma insomma – hanno detto con malcelato sarcasmo questi ‘critici’ alla Voltaire o alla Loisy per non dire anche alla Bultmann quel Gesù, sale o scende? Il discorso lo fa in montagna o in pianura? Che si mettano d’accordo, gli evangelisti, a parte il fatto che nel discorso mettono in bocca a Gesù delle frasi che sono solo una raccolta di citazioni e di massime copiate da altri, o meglio dai profeti…».
L’Opera di Maria Valtorta, ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’, attraverso la descrizione delle due visioni relative a questi episodi consente invece di comprendere meglio circostanze e ‘concatenazioni’.
Nell’Opera suddetta l’episodio della elezione degli apostoli di cui parla Luca nel suo sopra trascritto brano4 avviene in un contesto diverso rispetto a quello di Matteo.
Più in particolare si comprende che Gesù – all’inizio del secondo anno di predicazione apostolica dopo la fase iniziale di formazione dei ‘dodici’– giudica che sia ormai giunto il momento di ‘promuoverli’ da discepoli ad ‘apostoli’ veri e propri.
Si tratta di una investitura di grande importanza perché da quel momento in poi i dodici discepoli sarebbero diventati il ‘Collegio apostolico’ con tutti i relativi carismi e responsabilità compresa quella dell’inizio della loro ‘predicazione’.
Era tuttavia necessario che essi si preparassero adeguatamente attraverso la preghiera (non ancora quella del ‘Padre nostro’ che Gesù dice loro che gli avrebbe insegnato in seguito) la quale avrebbe permesso un’intima fusione con Dio per imparare successivamente ad evangelizzare da soli come ‘apostoli’.
Gesù li conduce quindi su una montagna dove – in un luogo dotato di numerose caverne e di acque fresche ed abbondanti – egli invita i discepoli a ritirarvisi in ognuna in solitudine con una piccola scorta di cibo strettamente necessario alla ‘sopravvivenza’ per pregare tre volte al giorno tutti insieme: mattino, mezzogiorno e sera, e rimanere in meditazione soli nel resto della giornata, per un periodo di una settimana.
Alla fine di questo ‘ritiro spirituale’ i discepoli si ritrovano ‘apostoli’, in quanto ripieni di ‘Spirito Santo’, e Gesù con l’intero gruppo ridiscende dal monte.
A mezza costa, su di un ripiano, numerosi altri discepoli e folla di malati li stanno attendendo e Gesù, guariti i bisognosi, riprende la discesa fin quasi al piano dove Egli lascia gli apostoli, diretto altrove, invitandoli ad andare in giro e cominciare a predicare.
Non vi è traccia in questo punto della visione valtortiana5 di alcun ‘Discorso della montagna’ che invece – subito dopo l’elezione apostolica di cui parla Luca – quest’ultimo fa cominciare da Gesù con quel ‘Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio’ con quel che segue delle Beatitudini.
Appaiono invece esatte le circostanze del discorso descritte nel Vangelo di Matteo.
A questo riguardo faccio notare che sempre nell’Opera della mistica – subito dopo l’episodio dell’elezione apostolica narrato da Luca – Gesù si era recato in barca sul Lago di Tiberiade fino alla villa di una sua discepola - Giovanna, moglie di Cusa, Intendente di Erode, menzionata nei Vangeli canonici - per evangelizzare delle nobildonne romane della corte di Ponzio Pilato, desiderose di conoscere meglio la sua Dottrina, spiegando loro che anche esse avevano un’anima immortale infusa da Dio al momento del loro concepimento.
Successivamente la mistica vede in una nuova visione Gesù che sale su per le pendici di un monte (un altro, non quello dell’elezione apostolica) dove poi si incontra con gli apostoli ritornati nel frattempo dalla loro prima esperienza di predicazione personale dopo la loro ‘elezione’.6
È a quel punto che la sera stessa – mentre Gesù fa attendere e pernottare il resto della folla sulle pendici più in basso fino al mattino dopo per l’inizio del discorso ‘ufficiale’ – Egli parla riservatamente ai soli apostoli ed altri discepoli del gruppo dei ‘72’.
É con essi che Gesù inizia il Discorso, cominciando però non dalle varie ‘Beatitudini’ come scritto da Matteo, ma dal ben noto tema ‘Voi siete il sale della terra e la luce del mondo.’
Nel seguito di questa nostra trattazione vedremo anche – alla luce dell’Opera valtortiana - la specifica ragione di questo argomento e di questo primo discorso in un certo senso tenuto a ‘porte chiuse’ ai soli apostoli e discepoli.
Ecco comunque – partendo dal Vangelo di Matteo, prima di accingerci alle nostre riflessioni - come viene presentato il Discorso della montagna:7

Cap. 5
1Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
3Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
5Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.
13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, 15né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.
17Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. 18In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. 19Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
20Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.
23Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.
25Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. 26In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo!
27Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; 28ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.
29Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. 30E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.
31Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; 32ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
33Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; 34ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; 35né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. 36Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. 37Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno.
38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; 39ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; 40e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. 42Da' a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.
43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; 44ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, 45perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. 46Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

Cap. 6
1Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. 2Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 3Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 4perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
5Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 6Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
7Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. 8Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sà di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. 9Voi dunque pregate così: 'Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; 10venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. 11Dacci oggi il nostro pane quotidiano, 12e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, 13e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male'.
14Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; 15ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.16
E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.
17Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, 18perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
19Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; 20accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. 21Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.
22La lucerna del corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; 23ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!
24Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona.
25Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? 28E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? 31Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? 32Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. 33Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.

Cap. 7
1Non giudicate, per non essere giudicati; 2perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. 3Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? 4O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? 5Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.
6Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
7Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; 8perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 9Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? 10O se gli chiede un pesce, darà una serpe? 11Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!
12Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti.
13Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; 14quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!
15Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. 16Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? 17Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; 18un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. 19Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. 20Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere.
21Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? 23Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
24Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. 25Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. 26Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. 27Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande".
28Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: 29egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi.

Cap. 8
1Quando Gesù fu sceso dal monte, molta folla lo seguiva. 2Ed ecco venire un lebbroso e prostrarsi a lui dicendo: "Signore, se vuoi, tu puoi sanarmi". 3E Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: "Lo voglio, sii sanato". E subito la sua lebbra scomparve. 4Poi Gesù gli disse: "Guardati dal dirlo a qualcuno, ma va' a mostrarti al sacerdote e presenta l'offerta prescritta da Mosè, e ciò serva come testimonianza per loro".

Faccio rilevare, sempre a proposito di discordanze, che Matteo ha ‘infilato’ la preghiera del ‘Padre nostro’ (6, 9-13) subito dopo i versetti (6, 5-8) del Discorso della montagna dove Gesù parla della ‘preghiera’ in genere, e questo forse perché ai fini ‘didattici’ della evangelizzazione gli deve essere sembrato il punto più idoneo dove inserirla.
Luca invece non parla del ‘Padre nostro’ nella ‘sua’ versione del Discorso nel Cap. 6, 12-20 mentre ne parlerà invece solo in seguito, nel Cap. 11, 1-13.
Luca – in merito a questa preghiera - scrive che mentre Gesù si trovava ‘in una certa località’ e stava pregando, uno dei discepoli gli chiede di mostrare loro come pregare, e Gesù gliela insegna.
Sapremo dall’Opera valtortiana che ‘quel certo posto’ non meglio chiarito da Luca altro non sarà che la città di Gerusalemme, qualche mese dopo, e più precisamente sulle pendici fresche ed ombrose del monte degli Ulivi dove Gesù uscendo dalla città conduce gli apostoli, per coronare in quel periodo in maniera adeguata la Pasqua ebraica ed insegnare loro ‘le parole degne di essere dette a Dio’, come precisa agli apostoli lo stesso Gesù valtortiano.8

2. La critica modernista dell’Ottocento/Novecento e il tentativo di destrutturazione del Cristianesimo.

Tornando però alle argomentazioni dei critici di cui parlavo più sopra, queste sono evidentemente risibili, si soffermano su particolari trascurabili, e denotano non solo prevenzione astiosa ma anche superficialità di analisi.
Le suddette obbiezioni fanno tuttavia in realtà comprendere come certa critica – nata nel Settecento/Ottocento in un clima politico-ideologico illuminista ferocemente anticristiano ed esportato in Europa dalla Rivoluzione francese - si prefiggeva come ‘missione’ mondialista la destrutturazione del Cristianesimo iniziando dalla demolizione della Dottrina, dei Vangeli e della Bibbia, per proseguire con l’abolizione del Papato cattolico a cominciare dal suo potere temporale messo definitivamente a tacere con le famose cannonate di Porta Pia.
È una critica che continua virulenta anche ai giorni nostri sulla bocca di atei e laicisti.
Bisogna peraltro ammettere – e dispiace dirlo – che persino alcuni attuali insigni ‘uomini di Chiesa’, Chiesa cattolica, affascinati dalle teorie razionaliste e moderniste, hanno perduto la vera Fede ed in nome della scienza e della loro ragione giungono a negare persino il fatto ‘storico’ della resurrezione di Gesù attribuendola ad una mera ‘credenza di fede’ dei primi cristiani, per non parlare poi del fatto della sua Ascensione al Cielo in anima e corpo e… fermiamoci qui per ‘amor di patria’.
Parte della critica esegetica moderna, anche ‘autorevole’, non si propone dunque tanto uno studio dei vangeli con obbiettivi metodi critico-storici dei testi in nome della ragione e della scienza, quanto invece lo scopo di cercare di smantellarli in nome della Dea Ragione e dello Scientismo.
L’Opera valtortiana, con le sue visioni ed i testi integrali dei discorsi di Gesù, presenta invece la vita di Gesù ed il contesto nel quale si interconnettono i vari episodi con un realismo veridico ed una coerenza logica tali da spazzare via ogni possibile dubbio di discordanze perché tutto viene chiarito alla luce di altre circostanze che nei Vangeli canonici non vengono menzionate.
Del resto fu lo stesso Giovanni a concludere il suo Vangelo, l’ultimo dei Vangeli canonici, dicendo che quel che egli aveva raccontato era solo una piccola parte della vita di Gesù perché altrimenti egli non sapeva se ‘tutto il mondo avrebbe potuto contenere i libri che si sarebbero dovuti scrivere’.
Iperbole a parte, è la stessa Opera ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ che rende l’idea della sostanziale correttezza della affermazione di Giovanni, un’Opera dove vita e predicazione di Gesù viste in visione dalla mistica sono raccontati come già detto in dieci volumi per circa cinquemila pagine.
C’è piuttosto da domandarsi quale progressi enormi farebbe la Critica scientifico-teologica dei Vangeli e lo stesso approfondimento della Dottrina cristiana se essa – anziché basarsi per razionalismo solo sui metodi cosiddetti scientifici, che poi spesso scientifici non sono perché viziati da palesi pregiudizi ideologici – prendesse in considerazione la possibilità di servirsi, anche a solo titolo di mero studio, delle rivelazioni raccolte nell’opera straordinaria di Maria Valtorta.
Le mie non sono affermazioni gratuite, basta prendere in mano l’Opera, leggere con calma e senza prevenzioni almeno un volume per avere una visione più complessiva confrontando il tutto con i Vangeli canonici.
Chiunque non sia pregiudizialmente prevenuto si accorgerebbe che lì – come scrisse l’insigne biblista Beato Padre Maria Allegra, entusiasta valtortiano di recente salito all’onore degli altari – vi è senza dubbio il ‘Dito di Dio’.
A proposito di ‘dubbi’ sull’Opera, ricordo una frase detta da Gesù a Maria Valtorta che si preoccupava del fatto che alcuni sacerdoti ‘del mondo’ dubitavano appunto delle rivelazioni che lei riceveva e conseguentemente la osteggiavano volendo convincerla a rinunciare a scrivere.
Era una frase tratta dai 'Quaderni' del 1944 che si leggeva così (i grassetti sono miei):9
«Quando ti imponessero silenzio non riconoscendo che per mio nome e volontà tu fai quanto fai, rispondi ciò che risposero Pietro e Giovanni al sinedrio dopo la guarigione dello storpio: ‘Se sia giusto dinnanzi a Dio l’ubbidire a voi piuttosto che a Dio, giudicatelo voi stessi. Noi (io) non possiamo (non posso) non parlare di quello che abbiamo (che ho) visto e udito’.
Non potresti del resto impedire a Me di venire a te e di forzarti a vedere e udire. E sarebbe stoltezza in te udire il mondo che vuole imporre silenzio a Dio, anziché Dio che vuole dare luce al mondo. Se Io voglio, chi contro di Me?»
Ricordo anche altri concetti, espressi da Gesù alla mistica il 28 gennaio 1947, che qui semplifico e sintetizzo.10
Le anime - tutte le anime create da Dio, anche non cristiane - hanno una inclinazione naturale a credere in Dio, Bene supremo. È una sorta di ‘ricordo spirituale’ che non è nemmeno avvertito a livello conscio anche se ciò le spinge naturalmente a ben pensare e ben operare ed è stimolo alla ricerca della Divinità per vivere secondo la sua volontà per ricongiungersi un giorno ad essa.
Anche in una religione errata – continuava Gesù - questo ricordo e questa tendenza si traduce in amore, l’amore crea giustizia, la giustizia genera un maggiore amore da parte di Dio, per cui la ‘conoscenza’ di Dio si fa più chiara e conseguentemente nella creatura aumentano ulteriormente amore e giustizia che a loro volta fanno crescere sempre più l’amore e la conoscenza di Dio.
Se poi le anime hanno la Grazia, restituita da Gesù Cristo grazie alla Redenzione, ecco che essa rende possibile – con la propria buona volontà e il proprio lavoro di ‘santificazione’ – che la nostra conoscenza si avvicini sempre di più a quella di Adamo quando era ancora in Grazia di Dio. Il ‘ricordo’ dei santi, ancora viventi in Terra, non è più allora solo un ‘ricordo’ di Dio, ma una ‘conoscenza’.
Non bisogna stupirsi. I Patriarchi e i Profeti, privi di Grazia ma giusti furono rapiti alla visione di Dio e ne udirono la voce e poterono ammirare la Gloria di Dio ed il Cielo, come è scritto nei Libri canonici.
Dio non è mutato nello scorrere dei millenni e le sue lezioni agli eletti sono vaste, piene e luminose. Come si possono dunque impugnare le parole dello strumento11 - spiegava Gesù - non riconoscendo la Sapienza di chi le parla? Bisogna invece benedire il Padre, Signore del Cielo e della Terra, per avere una volta di più rivelato Se stesso ad un ‘piccolo’ in luogo di rivelarsi ai ‘sapienti’. Un piccolo, un fanciullo, un nulla. Ma un nulla spronato dal desiderio di servire, amare Dio e farlo conoscere consumandosi in un suo olocausto di anima-vittima.
‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ di Maria Valtorta – aveva spiegato Gesù - non è comunque un Vangelo canonico, ma un libro ispirato.12
Gesù diceva in particolare che Dio – grazie al Battesimo ed agli altri Sacramenti – attira sempre di più i suoi diletti a Sé, sempre più nella luce, per gradi, sino a giungere alla contemplazione.
«Per questo – spiegava sempre Gesù alla Valtorta che chiamava affettuosamente ‘piccolo Giovanni’, come l’Evangelista, apostolo prediletto – giusto è definire che lo scrittore ispirato ‘ha Dio per autore’. Dio che rivela o illumina misteri o verità, secondo che a Lui piace, a questi suoi strumenti “eccitandoli e movendoli con soprannaturali virtù, assistendoli nello scrivere in modo che essi rettamente concepiscano coll’intelligenza e vogliano fedelmente scrivere, e con mezzi adatti e con infallibile verità esprimano tutte e sole cose da Lui, Dio, comandate”. È Dio che con triplice azione illumina l’intelletto perché conosca il vero senza errore, o con la rivelazione per verità ancora ignorate, o con l’esatto ricordo se sono verità già stabilite ma ancora alquanto incomprensibili alla umana ragione; muove perché sia scritto con fedeltà quanto soprannaturalmente l’ispirato viene a conoscere; assiste e dirige perché le verità siano dette, nella forma e nel numero che Dio vuole, con verità e chiarezza, perché siano note ad altri per il bene di molti, con la stessa parola divina negli insegnamenti diretti, o con le parole dell’ispirato nel descrivere visioni o ripetere lezioni soprannaturali. L’Opera che viene data agli uomini attraverso il piccolo Giovanni non è un libro canonico. Ma è sempre un libro ispirato, che io dono per aiutarvi a comprendere certi passi dei canonici e specie a comprendere ciò che fu il mio tempo di Maestro ed a conoscermi: Io, Parola, nelle mie parole. Né Io, né tantomeno il mio portavoce, che per la sua assoluta ignoranza in questo ramo neppure sa distinguere teologia dogmatica da quella mistica o da ascetica, né sa sottigliezze di definizioni, né conclusioni di Concili, ma sa amare ed ubbidire – e ciò basta né altro voglio dal portavoce – né Io né lui diciamo che l’Opera è libro canonico. In verità, però, Io vi dico che è libro ispirato, non essendo lo strumento capace a scrivere pagine che neppure comprende se Io stesso non gliele spiego per levargli il timore…».
Gesù parlava dunque a Maria Valtorta (come del resto facevano lo Spirito Santo, l’Angelo Custode Azaria, Maria SS. e molti altri Santi del Cielo che le si manifestavano in visione o con parole), la istruiva continuamente con i suoi ‘dettati’ o le si mostrava giornalmente nelle visioni della sua vita evangelica.
Gesù le aveva detto esplicitamente, parlandogliene in un dettato, di averle ispirato la narrazione dell’Opera sulla Sua Vita e della predicazione della sua Dottrina per varie ragioni ma in particolare anche per l’uomo razionalista, che non crede nel soprannaturale, e per il teologo moderno, specie se ‘modernista’.
Ma per tornare al Discorso della montagna di Matteo, così come più sopra riportato, sappiamo ora con ragionevole certezza dagli scritti e visioni della mistica – come avremo in seguito occasione di meglio constatare - che lungi dall’essere esso una mera se pur spiritualmente pregevolissima raccolta di detti copiati dai profeti, fu un discorso molto complesso.
Nell’ascoltarlo Matteo – trovandosi sovente in condizioni ‘precarie’ in mezzo alla folla - aveva potuto memorizzare e riportare solo alcune delle frasi per lui più significative.
Tale discorso, per di più, non fu tenuto in una sola occasione ma – come si rileva da ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ - nel corso di sette giorni, dove in ciascuno di questi vennero sviluppati più argomenti specifici ed in particolare - in ordine temporale, discorso per discorso - i seguenti:
1. La missione degli apostoli e dei discepoli.
2. Il dono della grazia e le beatitudini.
3. I consigli evangelici che perfezionano la Legge.
4. Il giuramento, la preghiera, il digiuno.
5. L’uso delle ricchezze, l’elemosina, la fiducia in Dio.
6. La scelta fra Bene e Male, l’adulterio, il divorzio.
7. Amare la volontà di Dio.
Comprendiamo allora – grazie all’Opera della nostra mistica - perché le frasi di Gesù riportate nel testo evangelico di Matteo, e anche quelle nel contesto più ridotto di Luca, non abbiano quella interconnessione e consequenzialità logica, quel nesso fra una frase precedente e quella successiva, che un lettore o uno studioso si aspetterebbe da un unico discorso fatto di argomentazioni svolte senza soluzione di continuità.
Come già detto si tratta qui infatti – nei Vangeli di Matteo e Luca - della enunciazione di alcuni ‘temi’ – espressi sotto forma di massime o citazioni - che in realtà erano stati sviluppati da Gesù in una serie di discorsi successivi molto più ampi.
In buona sostanza quelle dei due Evangelisti sono frasi ‘decontestualizzate’, cioè tolte dal loro contesto logico originario che le avrebbe rese più comprensibili, senza peraltro che esse abbiano perduto in nulla la loro efficacia etica e spirituale rimasta valida per due millenni e che lo resterà ancora per sempre, poiché il Vangelo è eterno.
Ed è proprio questa constatazione di mancanza di continuità logica dovuta alla ‘decontestualizzazione’, come pure il fastidio per la presenza di tutte quelle folle di cui parlano i testi - che farà scrivere ad Alfred Loisy:13
‘…Il celebre discorso della Montagna, con tutte queste folle, è una esagerazione dovuta alla devozione, mentre le sentenze ed i passi didattici del discorso sono un insieme di citazioni originariamente distinte ma in realtà mai pronunciate in quella maniera. Il suo insegnamento non fu mai raccolto dai discepoli che, nell’attesa imminente del Regno di Dio, non si preoccupavano di fissare alcunché per iscritto.
Solo dopo vennero messi insieme gli scritti che noi ora chiamiamo vangeli. I vangeli sostengono più gli elementi della primitiva catechesi cristiana che gli insegnamenti realmente impartiti da Gesù in Galilea e a Gerusalemme…’.
Come facesse Loisy dopo quasi duemila anni - lui che le visioni di certo non le aveva, e neppure le ammetteva - a dire che le folle di allora erano una esagerazione e che gli apostoli non prendevano appunti, non ce lo spiega nemmeno lui.
Grazie comunque al ‘filmato’ delle visioni valtortiane sul Discorso della montagna è anche agevole constatare che quelle che Loisy derubrica al ruolo di semplici massime o enunciazioni di ‘princìpi’ da parte di Gesù risultano essere invece scampoli importanti di frasi che il povero Matteo – che nelle visioni valtortiane vediamo prendere velocemente e scomodamente appunti mentre era seduto ad ascoltare sulle pendici di quel monte – ha enucleato (come già detto e lo ribadiamo) dal discorso molto più ampio ed articolato del Maestro per poter fornire un ‘aggancio’ postumo alla memoria, alla meditazione ed alla predicazione apostolica.
Dalle visioni valtortiane si comprende semmai che solo in una cosa Loisy mostra di aver ragione: e cioè quando afferma che Gesù non poteva aver pronunciato quelle frasi in quella maniera.
Infatti, dai sette discorsi della montagna - così come trascritti dalla nostra mistica - non emergono solo le scarne frasi del Vangelo di Matteo che pur vi sono riportate, ma scaturisce un’oratoria di Gesù elegante ed avvincente tale da far impallidire – quanto alla forma, per non parlare della Sapienza! – quella dei più grandi oratori di quell’epoca greco-romana e delle epoche storiche successive fino ai giorni nostri.
La cosa non deve stupire, anzi ci dovrebbe semmai meravigliare il contrario.
Si consideri infatti che Gesù - in quanto Uomo senza Macchia, preservato dal Peccato originale e dalle sue conseguenze - era fisicamente, intellettualmente e spiritualmente perfetto, nella pienezza di doni divini dati da Dio anche ad Adamo prima del Peccato, ma che inoltre da lui trasluceva la sua Divinità interiore ogni qualvolta Essa – per le esigenze della missione - doveva in modo particolare rivelarsi.
Quella della sua fulgida oratoria e vivida intelligenza, che ammireremo di seguito nel Discorso valtortiano della montagna, è una constatazione alla quale è impossibile sottrarsi come per altri discorsi ancora più efficaci e travolgenti pronunciati in altre circostanze e riportati integralmente nell’Opera della mistica.
Quanto poi alla critica rivolta invece da Renan a Gesù, e cioè di utilizzare ‘massime’ riprese da altri testi profetici – sottintendendo con ciò che Gesù, oppure i suoi ‘evangelisti’, fossero stati praticamente degli ‘scopiazzatori’ mettendogli in bocca frasi o massime da Lui mai pronunciate – giova aggiungere qui che Gesù nel predicare si è sempre appellato alla precedente Tradizione biblica sia per dimostrare ai suoi connazionali che Egli era veramente il Messia predetto dai Profeti sia per ribadire come il suo messaggio evangelico, ancorché presentato in forma nuova, fosse un messaggio di continuità e di conformità con quello precedente del Vecchio Testamento dato agli uomini in particolare attraverso i Profeti.
Infine – cosa però quasi inutile dire a chi non crede nella incarnazione del Verbo divino in Gesù Cristo – sottolineo che quelle massime profetiche dei secoli precedenti apparentemente ‘ripetute’ da Gesù, altro non erano che una riconferma ‘a posteriori’ da parte di Gesù-Uomo-Dio delle stesse parole che Egli, in quanto Verbo e Parola Eterna, aveva a suo tempo ispirato e sussurrato all’orecchio spirituale dei profeti.
Il Gesù-Uomo-Dio – ripetendole - non ‘copiava’ in realtà i profeti, ma citava se stesso, Verbo incarnato, in forma ancora più perfetta rispetto a quella scaturita dalla umanità dei profeti.
Non, dunque, una ripetizione di concetti già espressi umanamente da altri, ma rivalutazione con amplificazione e approfondimento dei concetti eterni di Dio, resa possibile dal fatto che la Parola aveva ormai preso Carne per parlare agli uomini da una dimensione di Uomo-Dio.
Gesù ricorda questi detti per far capire – e lo vedremo in seguito – quali fossero state le intenzioni di Dio nel raccomandare certe norme di comportamento al suo popolo, e come Egli – Verbo-Gesù – fosse ora venuto nella pienezza della Rivelazione a completare l’insegnamento, depurandolo dalle sovrastrutture aggiunte nei secoli dagli uomini, per farlo risplendere in tutta la sua bellezza e verità.
Dopo questa introduzione possiamo dunque avvicinarci più direttamente alle visioni del Discorso della montagna certi che alla fine – se avremo saputo meditarle – ne usciremo arricchiti nella Fede che – pur essendo ‘Fede’, e quindi ‘cieca’ per definizione - ha sempre anche bisogno, quando ve ne sono, di ‘buone ragioni’ per credere ed uscirne rafforzata.
La prossima riflessione sarà dedicata a:
1. IL PRIMO DISCORSO DELLA MONTAGNA: ‘VOI SIETE IL SALE DELLA TERRA E LA LUCE DEL MONDO…’. IL RUOLO – NELLA CHIESA E NELLA STORIA – DEI FUTURI VESCOVI E SACERDOTI.

1  N.d.A: Emblematico – e per certi versi analogo - l’episodio miracoloso citato negli Atti degli apostoli (Atti 2, 1-13) dove - dopo la discesa dello Spirito Santo nel Cenacolo sugli apostoli - questi escono, concionano la folla costituita da uomini di svariate nazioni estere e ciascuno di essi li sente parlare nella propria lingua nazionale.
2  La Sacra Bibbia – Edizioni Paoline, 1968
3  La Sacra Bibbia – Edizioni Paoline, 1968
4  Lc 6, 12-20
5  M.V.: L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. III - Capp. 164, 165, 166 – Centro Editoriale Valtortiano
6  M.V.: L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. III - Cap. 169 – Centro Editoriale Valtortiano
7  Mt Capp. 5, 6, 7, 8,-1-4
8  M.V.: Brano tratto da ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. III, Cap. 203.1/2 e 203.5:
28 giugno 1945. Gesù esce con i suoi da una casa prossima alle mura e credo sempre nel rione di Bezeta, perché per uscire dalle mura si deve ancora passare davanti alla casa di Giuseppe, che è presso la porta che ho sentito definire "di Erode". La città è semideserta nella sera placida e lunare. Comprendo che è stata consumata la Pasqua in una delle case di Lazzaro, che però non è per nulla la casa del Cenacolo. Questa è proprio agli antipodi di quella. Una a nord, l'altra a sud di Gerusalemme. Sulla porta di casa Gesù si accomiata, col suo garbo gentile, da Giovanni di Endor, che Egli lascia a custodia delle donne e che ringrazia per questa custodia. Bacia Marjziam, che è venuto anche lui sulla porta, e poi si avvia fuori della porta detta di Erode.
«Dove andiamo, Signore?».
«Venite con Me. Vi porto a coronare con una perla rara e desiderata la Pasqua. Per questo ho voluto stare con voi soli. I miei apostoli! Grazie, amici, del vostro grande amore per Me. Se poteste vedere come esso mi consola, voi restereste stupiti. Vedete, Io procedo fra continui attriti e delusioni. Delusioni per voi. Per Me, persuadetevene, non ho nessuna delusione, non essendomi concesso il dono di ignorare... Anche per questo vi consiglio a lasciarvi guidare da Me. Se Io permetto questo o quello, non ostacolatelo. Se Io non intervengo a porre fine ad una cosa, non pensatevi di farlo voi. Ogni cosa a suo tempo. Abbiate fiducia in Me, su tutto».
Sono all'angolo nord-est della cerchia delle mura; lo girano e costeggiano il monte Moria fino al punto in cui, per un ponticello, possono valicare il Cedron.
«Andiamo al Getsemani?» chiede Giacomo d'Alfeo.
«No. Più su. Sul monte degli Ulivi».
«Oh! sarà bello!» dice Giovanni.
«Sarebbe piaciuto anche al bambino» mormora Pietro.
«Oh! ci verrà molte altre volte! Era stanco. Ed è bambino. Io voglio darvi una grande cosa, perché ormai è giusto che voi l'abbiate». Salgono fra gli ulivi, lasciando alla loro destra il Getsemani e elevandosi ancora, su per il monte, sino a raggiungerne la cresta su cui gli ulivi fanno un pettine frusciante.
Gesù si ferma e dice: «Sostiamo... Miei cari, cari tanto, discepoli miei e miei continuatori in futuro, venite a Me vicino. Un giorno, e non uno solo, voi mi avete detto: "Insegnaci a pregare come Tu preghi. Insegnaci come Giovanni lo insegnò ai suoi, acciò noi discepoli si possa pregare con le stesse parole del Maestro".
Ed Io vi ho sempre risposto: “Vi farò questo quando vedrò in voi un minimo di preparazione sufficiente, acciò la preghiera non sia formula vana di parole umane, ma vera conversazione col Padre”. A questo siamo giunti.
Voi siete possessori di quanto basta per poter conoscere le parole degne di essere dette a Dio. E ve le voglio insegnare questa sera, nella pace e nell'amore che è fra noi, nella pace e nell'amore di Dio e con Dio, perché noi abbiamo ubbidito al precetto pasquale, da veri israeliti, e al comando divino sulla carità verso Dio e verso il prossimo (…) «Udite. Quando pregate dite così: "Padre nostro che sei nei Cieli, sia santificato il Nome tuo, venga il Regno tuo in terra come lo è in Cielo, e in terra come in Cielo sia fatta la Volontà tua. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal Maligno".
Gesù si è alzato per dire la preghiera e tutti lo hanno imitato, attenti, commossi.
«Non occorre altro, amici miei. In queste parole è chiuso come in un cerchio d'oro tutto quanto abbisogna all'uomo per lo spirito e per la carne e il sangue. Con questo chiedete ciò che è utile a quello e a questi. E se farete ciò che chiedete, acquisterete la vita eterna.
È una preghiera tanto perfetta che i marosi delle eresie e il corso dei secoli non l'intaccheranno. Il cristianesimo sarà spezzettato dal morso di Satana e molte parti della mia carne mistica verranno staccate, separate, facenti cellule a sé, nel vano desiderio di crearsi a corpo perfetto come sarà il Corpo mistico del Cristo, ossia quello dato da tutti i fedeli uniti nella Chiesa apostolica che sarà, finché sarà la terra, l'unica vera Chiesa. Ma queste particelle separate, prive perciò dei doni che Io lascerò alla Chiesa Madre per nutrire i miei figli, si chiameranno però sempre cristiane, avendo culto al Cristo, e sempre si ricorderanno, nel loro errore, di essere venute dal Cristo. Ebbene, esse pure pregheranno con questa universale preghiera. Ricordatevela bene. Meditatela continuamente. Applicatela alle vostre azioni. Non occorre altro per santificarsi. Se uno fosse solo, in un posto di pagani, senza chiese, senza libri, avrebbe già tutto lo scibile da meditare in questa preghiera e una chiesa aperta nel suo cuore per questa preghiera. Avrebbe una regola e una santificazione sicura…».
9  M.V.: ‘’I Quaderni del 1944’ – 16.10.1944, p. 582/583 – Centro Ed. Valtortiano
10  M.V.: ‘I Quaderni del 1945-1950’ – 28.1.1947 – Pagg. 307, 308 – Centro Editoriale Valtortiano
11  N.d.R.: Gesù con la parola ‘strumento’ si riferisce alla nostra mistica, strumento appunto del Signore
12  M.V.: ‘I Quaderni del 1945-1950’ – 28.1.1947 – Pagg. 308, 309 – Centro Editoriale Valtortiano
13  I campioni del positivismo, del modernismo e del razionalismo:
Enest Renan (1823-1892), francese, ex seminarista, fu storico, filosofo e scrittore. Esponente del positivismo scrisse la Vita di Gesù che ebbe enorme risonanza. L’influsso del suo pensiero e della sua personalità nella cultura e nella letteratura francese, e non solo, fu vasto e profondo.
Alfred Loisy (1857-1940), francese, sacerdote, fu l’iniziatore del modernismo. Le sue pubblicazioni di esegesi biblica furono condannate dal Santo Uffizio e nel 1908 fu scomunicato. Negò il concetto di ispirazione e quello del soprannaturale in genere, e applicò alla Sacra Scrittura le teorie più spinte del razionalismo tedesco, fino a presentare la Chiesa come un travisamento cosciente del Regno di Dio.
Rudolf Bultmann (1884-1976), tedesco, teologo protestante, diede grande contributo scientifico allo sviluppo della scuola della ‘Formgeschichte’, ma il suo nome è legato soprattutto alla ‘demitizzazione’, concetto che presume ricondurre a livello naturale e a dimensioni umane fatti e persone del testo biblico a cui l’ignoranza ed il fanatismo religioso avrebbero attribuito caratteri soprannaturali in un contesto ‘mitico’.
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