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22. DISCORSO di GESÙ sulla VERA NATURA del CRISTO

22.1 Passeggiando nei piazzali del Tempio, mentre la folla lo osserva e attende che Gesù parli…
Siamo nuovamente al Tempio, in uno dei giorni della festa dei Tabernacoli, anzi proprio il giorno successivo1 al discorso di Gesù sulla natura del Regno di Dio.
Gesù parla, anzi sta per parlare, e la gente bisbiglia, si interroga. Vi è – come al solito quando parla Gesù – una gran folla: apostoli, discepoli, incerti, pagani, ma vi sono anche non pochi malevoli.
La gente – che sapeva quanto si stesse tramando alle spalle di Gesù , e Gesù stesso lo aveva del resto precedentemente affermato a chiare lettere quando aveva accusato i Capi ebraici di volerlo uccidere -  vede che Gesù accede ora al Tempio liberamente per pregare e predicare, e viene loro il dubbio che – magari dopo le sue affermazioni precedenti – i ‘Capi’ abbiano finito per riconoscerlo come il Cristo, l’Unto, il Messia.
E allora ritorna la domanda di sempre: può mai un uomo in carne ed ossa essere il famoso Cristo, il cosiddetto Figlio dell'Uomo, quello di cui hanno tanto parlato i Profeti, tanto agognato nei secoli dall’intero popolo di Israele?
Nell’immaginario collettivo – come si usa dire oggi con termine psicanalitico moderno – questa figura mitica del Cristo avrebbe dovuto rivelarsi con apparenze straordinarie, tali da imporsi con tutta evidenza, tali da abbagliare chiunque: il Re dei re avrebbe dovuto avere un’origine misteriosa. Ma 'quello'?
'Quello' lo sapevano tutti da dove veniva e di chi era figlio. Non ci si poteva capacitare di come Egli potesse affermare questa sua identità messianica.
Gesù deve aver sentito le loro parole, o le ha intuite o, più semplicemente - avendo il dono della introspezione perfetta, in quanto come Uomo era privo di Macchia d'Origine e quindi con la pienezza della Grazia divina - le deve aver lette nei loro cuori. Fatto sta che Egli ritiene giunto il momento di affermare ancor più chiaramente e perentoriamente non solo la sua messianicità ma addirittura la sua origine divina.
Stiamo attenti – e forse lo avrete già notato anche voi che leggete - perché vi è un graduale crescendo della ‘manifestazione’ di Gesù.
Egli – raggiunta l’età matura e, come uomo, preparatosi spiritualmente nel deserto all’inizio della sua missione – riceve una solenne investitura ufficiale, al guado del Giordano all’atto del battesimo da parte del Battista, con la ‘Voce’ di Dio che si sente tuonare nel cielo per affermare la sua divinità e figliolanza.
Poi, l’inizio della missione un po’ in sordina – si fa per dire – con il miracolo di Cana e tanti infermi guariti. Ma potere di miracolo non significa essere necessariamente ‘figlio di Dio’, vari profeti e anche i nostri ‘santi’ hanno fatto miracoli e non sono ‘figli’ di Dio.
Gesù all’inizio faceva capire e non capire. Ai suoi stessi apostoli aveva domandato cosa dicesse la gente di lui, chiedendolo poi anche a Pietro, il quale aveva affermato la sua fede nella sua natura di Figlio di Dio.
Ma Pietro era appunto un apostolo, per di più illuminato in quel momento da Dio Padre. E comunque, come racconta Matteo, Gesù pregava i suoi discepoli di non dire ancora ad alcuno che egli era il Cristo, cioè il Messia.
Poi – quando stanno per maturare i tempi secondo quanto previsto nel disegno divino – Gesù comincia ad affermare sempre più chiaramente la sua messianicità, prima, e la sua natura divina, poi.
È un crescendo, ed è quello che fornirà alla fine il pretesto per portarlo alla Croce.
Abbiamo già detto che siamo ormai alla Festa dei Tabernacoli del terzo anno di vita pubblica –in autunno - e quindi ci troviamo a solo pochi mesi prima della successiva Pasqua di Passione che sarebbe stata celebrata nel plenilunio di nisam (marzo-aprile).
Gesù coglie l’occasione offerta dagli interrogativi che la gente si pone circa la sua identità e – nel sopra citato Vangelo di Giovanni - afferma perentoriamente e soprattutto pubblicamente la sua natura divina: ‘Voi mi conoscete e sapete di dove sono: eppure non sono venuto da Me; ma c’è veramente Uno che mi ha mandato, che voi non conoscete. Io lo conosco, perché vengo da Lui, ed è lui che mi ha mandato’.
In queste parole c’è tutto il mistero della Incarnazione che – per noi uomini d’oggi – sembra tanto difficile da comprendere, ma non lo è. Ed è qui che il Gesù valtortiano – che ha letto nei cuori dei presenti – ha deciso, specie dopo l’esperienza del tentativo di incoronarlo re per una errata concezione della figura del Messia, di chiarire questa volta pubblicamente di fronte a tutto il popolo, ma anche ai suoi nemici, la vera natura del Cristo.2
I  soliti scribi e farisei, lividi di odio e rabbia, vorrebbero impedirgli di parlare e malmenarlo ma Gamaliele, presente anche in questa giornata, dardeggiandoli con il suo sguardo e la sua autorità impone loro di lasciarlo parlare.
22.2 Gesù: 'Ecco l’uomo della cui origine siete incerti, negatori o pensosi…'.
Nell’Opera e nella visione della mistica questo discorso di Gesù è poderoso e ampio, di grande efficacia oratoria, sapienza e levatura spirituale, ma noi possiamo qui trascriverne solo una parte: 3
«…Gesù si fa avanti, verso il cortile.  Pacato, riprende a parlare. Gamaliele resta dove è, e i suoi discepoli si affannano a portargli tappeto e sgabello perché stia comodo.  Ma egli rimane in piedi, con le sue braccia conserte, il capo chino, gli occhi chiusi, concentrato ad ascoltare.
«Mi avete accusato senza ragione come se avessi bestemmiato in luogo di aver detto la verità. lo, non per difendermi, ma per darvi la luce acciò possiate conoscere la Verità, parlo. E non parlo per Me stesso. Ma parlo ricordando le parole nelle quali credete e sulle quali giurate.  
Esse testimoniano di Me. Voi, lo so, non vedete in Me che un uomo simile a voi, inferiore a voi.  E vi pare che sia impossibile che un uomo possa essere il Messia.  Almeno pensate che avesse ad essere un angelo, questo Messia, che deve essere di un'origine talmente misteriosa da poter essere re solo per l'autorità che il mistero della sua origine suscita.  
Ma quando mai nella storia del nostro popolo, nei libri che formano questa storia e che saranno libri eterni quanto il mondo, perché ad essi dottori di ogni paese e di ogni tempo attingeranno per corroborare la loro scienza e le loro ricerche sul passato con le luci della verità, quando mai in questi libri (Ndr.: Salmo 2,7) è detto che Dio abbia parlato ad un suo angelo per dirgli: "Tu mi sarai d'ora in poi Figlio perché Io ti ho generato"?».
Vedo Gamaliele che si fa dare una tavoletta e delle pergamene e si siede scrivendo...
«Gli angeli, creature spirituali, serve dell'Altissimo e sue messaggere, sono state create da Lui come l'uomo, come gli animali, come tutto ciò che fu creato.  Ma non sono state generate da Lui.  Perché Dio genera unicamente un altro Se stesso, non potendo il Perfetto generare altro che un Perfetto, un altro Essere pari a Se stesso, per non avvilire la sua perfezione col generare una creatura di Sé inferiore.  
Or dunque, se Dio non può generare gli angeli e neppure elevarli alla dignità di suoi figli, quale sarà il Figlio al quale Egli dice: "Tu sei mio Figlio.  Oggi ti ho generato"?  E di che natura sarà se, generandolo, Egli dice indicandolo ai suoi angeli: "E Lui adorino tutti gli angeli di Dio"?  
E come sarà questo Figlio, per meritare (Ndr.: Salmo 110) di sentirsi dire dal Padre, da Colui che è per sua grazia se gli uomini lo possono nominare col cuore che si annichila adorando: "Siedi alla mia destra finché Io faccia dei tuoi nemici sgabello ai tuoi piedi"?
Quel Figlio non potrà essere che Dio come il Padre, del quale divide gli attributi e le potenze, e col quale gode della Carità che li letifica negli ineffabili e inconoscibili amori della Perfezione per Se stessa.
Ma, se Dio non ha giudicato conveniente elevare al grado di Figlio un angelo, avrebbe mai potuto dire di un uomo ciò che disse di Colui che qui vi parla - e molti fra voi che mi combattete eravate presenti quando lo disse - là al guado di Betabara, al finire di tre anni da questo?  Voi lo udiste e tremaste.  Perché la voce di Dio è inconfondibile, e senza una sua speciale grazia atterra chi la ode e ne scrolla il cuore.
Cosa è dunque l'Uomo che vi parla? E’ forse uno nato da seme e da volere d'uomo come tutti voi?  
E potrebbe l'altissimo aver posto lo Spirito suo ad abitare una carne priva di grazia, quale è quella degli uomini nati da voler carnale?  
E potrebbe l'altissimo, a soddisfare la gran Colpa, essere pago del sacrificio di un uomo?  
Pensate.  Egli non elegge un angelo ad esser Messia e Redentore, può mai allora eleggere un uomo ad esserlo?
E poteva il Redentore essere soltanto Figlio del Padre senza assumere natura umana, ma con mezzi e poteri che superano le umane deduzioni?  
E il Primogenito di Dio poteva mai aver dei genitori, se Egli è il Primogenito eterno?
Non vi si sconvolge il superbo pensiero davanti a questi interrogativi, che salgono verso i regni della Verità, sempre più vicini ad essa, e che trovano risposta solo in un cuore umile e pieno di fede?
Chi deve essere il Cristo?  Un angelo?  Più che un angelo.  Un uomo?  Più che un uomo.  Un Dio?  
Sì, un Dio.  Ma con unita una carne, perché essa possa compiere l'espiazione della carne colpevole.  Ogni cosa va redenta attraverso la materia con cui peccò.  
Dio avrebbe perciò dovuto mandare un angelo per espiare le colpe degli angeli decaduti, e che espiasse per Lucifero e i suoi seguaci angelici.  Perché, lo sapete, anche Lucifero peccò. Ma Dio non manda uno spirito angelico a redimere gli angeli tenebrosi. Essi non hanno adorato il Figlio di Dio, e Dio non perdona il peccato contro il suo Verbo generato dal suo Amore.  Però Dio ama l'uomo e manda l'Uomo, l'Unico perfetto, a redimere l'uomo e a ottenere pace con Dio. E giusto è che solo un Uomo-Dio possa compiere la redenzione dell'uomo e placare Dio.
Il Padre e il Figlio si sono amati e compresi. E il Padre ha detto: "Voglio".  E il Figlio ha detto: "Voglio". E poi il Figlio ha detto: "Dammi".  E il Padre ha detto: "Prendi", e il Verbo ebbe una carne la cui formazione è misteriosa, e questa carne si chiamò Gesù Cristo, Messia, Colui che deve redimere gli uomini, portarli al Regno, vincere il demonio, infrangere le schiavitù.
Vincere il demonio! Non poteva un angelo, non può compiere ciò che il Figlio dell'uomo può. E per questo, alla grande opera ecco che Dio non chiama gli angeli ma l'Uomo.
Ecco l'Uomo della cui origine voi siete incerti, negatori o pensosi.  
Ecco l'Uomo. L'Uomo accettevole a Dio. L'Uomo rappresentante di tutti i suoi fratelli.  
L'Uomo come voi nella somiglianza, l'Uomo superiore e diverso a voi per la provenienza, il quale, non da uomo ma da Dio generato e consacrato al suo ministero, sta davanti all'eccelso altare per essere Sacerdote e Vittima per i peccati del mondo, eterno e supremo Pontefice, Sommo Sacerdote secondo l'ordine di Melchisedecco.
Non tremate!  Io non tendo le mani alla tiara pontificale.  
Un altro serto mi aspetta. Non tremate! Io non vi toglierò il razionale.  
Un altro è già pronto per Me. Ma tremate soltanto che per voi non serva il sacrificio dell'Uomo e la misericordia del Cristo. Vi ho tanto amati, vi amo tanto che ho ottenuto dal Padre di annichilire Me stesso. Vi ho tanto amati e vi amo tanto che ho chiesto di consumare tutto il dolore del mondo per darvi la salute eterna.
Perché non mi volete credere? Non potete credere ancora?  
Non è detto del Cristo: "Tu sei Sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedecco"? Ma quando si è iniziato il sacerdozio?  Forse ai tempi di Abramo? No. E voi lo sapete.  
Il re di giustizia e di pace (Ndr.: Genesi 14,18-20) che appare ad annunciarmi, con figura profetica, all'aurora del nostro popolo, non vi ammonisce che c'è un sacerdozio più perfetto, che viene direttamente da Dio, così come Melchisedec di cui nessuno poté mai dare le origini e che viene chiamato "il sacerdote" e sacerdote rimarrà in eterno? Non credete più alle parole ispirate? E, se ci credete, come mai, o dottori, non sapete dare una spiegazione accettabile alle parole che dicono, e di Me parlano: "Tu sei Sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedecco”?
Vi è dunque un altro sacerdozio, oltre, prima di quello di Aronne.  
E di questo è detto "sei ". Non "fosti". Non "sarai". Sei sacerdote in eterno. Ecco allora che questa frase preannuncia che l'eterno Sacerdote non sarà della nota stirpe di Aronne, non sarà di nessuna stirpe sacerdotale. Ma sarà di provenienza nuova, misteriosa come Melchisedee. E’ di questa provenienza. E se la potenza di Dio lo manda, segno è che vuole rinnovare il Sacerdozio e il rito perché divenga giovevole all'Umanità.
Conoscete voi la mia origine? No. Sapete voi le mie opere? No. Intuite voi i frutti di esse?  No. Nulla conoscete di Me.  
Vedete dunque che anche in questo sono il "Cristo", la cui origine e natura e missione devono essere sconosciute fin quando a Dio non piaccia svelarle agli uomini. Beati quelli che sapranno, che sanno credere prima che la rivelazione tremenda di Dio non li schiacci col suo peso al suolo e ve li inchiodi e stritoli sotto la folgorante, potente verità tuonata dai Cieli, urlata dalla terra: "Costui era il Cristo di Dio".
Voi dite: "Egli è di Nazaret. Suo padre era Giuseppe. Sua madre è Maria".  
No. Io non ho padre che mi abbia generato uomo. Io non ho madre che mi abbia generato Dio. Eppure ho una carne e l'ho assunta per misteriosa opera dello Spirito, e sono venuto fra voi passando per un tabernacolo santo. E vi salverò, dopo avere formato Me stesso per volere di Dio, vi salverò facendo uscire il vero Me stesso dal tabernacolo del mio Corpo per consumare il grande Sacrificio di un Dio che si immola per la salvezza dell'uomo.
Padre, Padre mio! lo te l'ho detto all'inizio dei giorni: "Eccomi a fare la tua volontà".  Io te l'ho detto all'ora di grazia prima di lasciarti per rivestirmi di carne onde patire: "Eccomi a fare la tua volontà".  Io te lo dico ancora una volta per santificare coloro per i quali sono venuto: "Eccomi a fare la tua volontà". E te lo dirò ancora, sempre, sinché la tua volontà sia compiuta ... ».
Gesù, che ha alzato le braccia verso il cielo, pregando, ora le abbassa e le raccoglie sul petto e china la testa, chiude gli occhi e si sprofonda in una orazione segreta.
La gente bisbiglia.  
Non tutti hanno capito, anzi i più (e io con loro) non hanno capito.  Siamo troppo ignoranti. Ma intuiamo che Egli ha enunciato delle grandi cose. E tacciamo ammirati.
I malevoli, che non hanno capito o non hanno voluto capire, ghignano: «E’ un delirante!».  Ma non osano dire di più e si scostano o si avviano alle porte scuotendo il capo. Tanta prudenza io credo sia il frutto delle lance e daghe romane che brillano al sole contro la muraglia estrema…».
Gamaliele - il rabbi famoso di cui parlano anche gli Atti degli apostoli dicendo che era stato Maestro di Paolo -  lo ha ascoltato pensoso
Lui era uno di quei dottori del Tempio che – nel racconto di Luca – stavano ascoltando il Gesù dodicenne, meravigliandosi della sapienza ispirata con cui quel giovinetto parlava, quando Maria e Giuseppe lo avevano ritrovato dopo tre giorni di ricerche.
Ho scritto a lungo nei miei libri di questo prestigioso personaggio
A lui, che era ‘dottore della Legge’ ma anche profondamente giusto, quel  Gesù giovinetto – fra le mura del Tempio, volto ardente rivolto al cielo con le braccia spiegate - aveva predetto la propria futura Passione dicendo agli astanti di attenderlo nella sua ora e che quelle pietre avrebbero riudito la sua voce e avrebbero fremuto alla sua ultima parola.
Gamaliele aveva intuito che quel fanciullo parlava per spirito profetico ed aveva pure intuito si trattasse dello spirito del futuro Messia.
Pur avendo perso poi di vista Gesù, andatosene con i suoi genitori, Gamaliele non aveva mai più dimenticato per vent’anni quelle profetiche parole.
Ora egli si chiedeva se quell’uomo che si diceva Messia potesse essere lo stesso giovinetto, ormai cresciuto, che aveva conosciuto tanti anni prima.
Gli anni corrispondevano, il linguaggio profetico – ora più virile – anche.
Ma non ne era sicuro…
Egli non sapeva che quel giovinetto stesse allora profetizzando il proprio sacrificio in croce e quanto alle ‘pietre’ che avrebbero fremuto alla sua ultima parola egli aveva pensato che si riferisse ai loro cuori induriti.
Solo al momento della morte di Gesù sul Golgota - nel sentire il terremoto di Gerusalemme scuotere le mura del Tempio, come raccontato dai tre evangelisti sinottici – Gamaliele comprenderà in un lampo che era quello il ‘fremito’ di pietre a cui il Gesù dodicenne aveva alluso.
Lui, anziano, sarebbe corso su per il Gòlgota e giunto ai piedi della croce, davanti a quel Messia che tanto aveva atteso ma che era ormai morto e non gli poteva più rispondere, si sarebbe prostrato piangendo disperatamente la colpa di non aver saputo credere quello che avevano capito i più ‘semplici’, e cioè che Gesù era Figlio di Dio.
Se volete sapere come finisce la sua storia senza leggere l’Opera, sappiate che Gamaliele finirà per diventare cristiano, esempio – insieme a Saulo che diventerà San Paolo – di quanto possano essere diverse le vie che portano alla santità.


1  Gv 7, 25-36: Dicevano allora alcuni abitanti di Gerusalemme: « Non è lui che cercano per farlo morire? Ecco, parla liberamente e non gli dicono nulla. I Capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui noi sappiamo di dov’è, invece il Cristo, quando verrà, nessuno saprà di dove sia ».
Allora Gesù, che insegnava nel Tempio, disse ad alta voce: « Voi mi conoscete e sapete di dove sono: eppure non sono venuto da me; ma c’è veramente uno che mi ha mandato, che voi non conoscete. Io lo conosco, perchè vengo da lui ed è lui che mi ha mandato.
Cercarono perciò di prenderlo, ma nessuno gli mise le mani addosso, perchè non era ancora venuta la sua ora.
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2  M.V.:’L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. VII, Cap. 487 – C.E.V.
3  M.V. “L’Evangelo…” – Vol. VII, Cap. 487 – C.E.V.
 G.L.: ‘Il Vangelo del grande e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. II, Cap. 2 – Ed. Segno,      
 2000 – vedi anche sito internet autore

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