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20. DISCORSO sul «PANE DEL CIELO»
20.1 La seconda moltiplicazione dei pani.
Poco tempo dopo la Trasfigurazione sul Tabor avviene l’episodio di una seconda moltiplicazione dei pani.
Gli evangelisti Matteo e Marco  ci raccontano ora questo secondo miracolo: non più – come nel primo miracolo1 - cinque pani, due pesci per cinquemila uomini con dodici canestri di avanzi, bensì, questa volta: sette pani e dei pesciolini’, per quattromila uomini con sette ceste di avanzi.2
Né Matteo, né gli altri due evangelisti Marco e Luca accennano però - nel racconto della prima moltiplicazione - al fondamentale discorso del ‘Pane del Cielo’ narrato da Giovanni, come non ne parlano nemmeno ora in occasione della seconda moltiplicazione.
Giovanni nel suo Vangelo parla solo di 'una' moltiplicazione, e cioé della prima3, ma pochi versetti dopo, nello stesso capitolo – attenzione! – egli ‘incolla’ il seguente discorso sul Pane del Cielo:
Gv 6, 22-77:
Il giorno dopo, la gente rimasta di là del mare osservò che non c’era che una barca, e Gesù non era entrato in essa con i suoi discepoli, ma che i discepoli soli erano partiti.
Giunsero intanto altre barche da Tiberiade, presso il luogo dove avevano mangiato quel pane, dopo che il Signore ebbe reso le grazie.
La gente, adunque, visto che lì non c’era né Gesù né i suoi discepoli, salì anch’essa nelle barche e andò a Cafarnao in cerca di Gesù.
Trovatolo di là del mare, gli domandarono: ‘Maestro, quando sei venuto qua?’
Gesù rispose loro: ‘In verità, in verità vi dico: voi cercate me, non per i miracoli che avete veduto, ma perché avete mangiato di quei pani e ve ne siete saziati. Cercate di procurarvi non il cibo che perisce, ma il cibo che dura per la vita eterna, quello che il Figlio dell’Uomo vi darà; perché è lui che il Padre, Dio,  ha segnato con il suo sigillo’.
Gli dissero: ‘Che dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?’
Gesù rispose loro: ‘Questa è l’opera di Dio: che crediate in Colui che Egli ha mandato’.
Gli domandarono: ‘Che miracolo fai tu, affinché lo vediamo e crediamo in te? Che opera fai? I nostri padri mangiarono la manna nel deserto, così come sta scritto: ‘Diede loro da mangiare pane venuto dal cielo’.
Gesù rispose loro: ‘In verità, in verità vi dico: non Mosè vi diede il pane del cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane del cielo, poiché il pane di Dio è quello che discende dal cielo e dà la vita al mondo’.
Gli dissero allora: ‘Signore, dacci sempre di questo pane’.
Gesù dichiarò loro: ‘Io sono il pane di vita: chi viene a me non avrà più fame; e chi crede in me non avrà più sete. Ma io ve l’ho detto: voi mi vedete, ma non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: e chi viene a Me, Io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma quella di Colui che mi ha mandato. Or la volontà di Colui che mi ha mandato è questa: che io non perda niente di quanto egli mi ha dato, ma che lo resusciti nell’ultimo giorno. Poiché la volontà del Padre mio è che chiunque conosce il Figlio e crede in lui, abbia la vita eterna: ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno’.
I giudei mormoravano di lui perché aveva detto: ‘Io sono il pane disceso dal cielo’, e dicevano: Non è costui Gesù, figlio di Giuseppe, del quale conosciamo il padre e la madre?’ Come mai ora dice: ‘Sono disceso dal cielo’?
Gesù rispose loro: ‘Non mormorate fra voi. Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato, ed Io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: ‘Saranno tutti istruiti da Dio’. Chiunque, pertanto, ha udito il Padre e accoglie il suo insegnamento, viene a me. Non già che qualcuno abbia visto il Padre, eccetto che colui che viene da Dio: questi ha visto il Padre. In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna’.
Io sono il Pane di vita. I padri vostri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il Pane disceso dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia. Sono Io il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo’.
Discutevano perciò fra di loro i Giudei dicendo: ‘Come può darci da mangiare la sua carne’?
Gesù disse loro: ‘In verità, in verità vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me e io in lui. Come il Padre vivente ha mandato me ed io vivo per il Padre, così chi mangia me vivrà anch’egli per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non come quello che mangiarono i padri e morirono: chi mangia questo pane vivrà in eterno’
Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga di Cafarnao.
Molti dei suoi discepoli, udito che l’ebbero, esclamarono: ‘Questo linguaggio è duro. Chi lo può ammettere?’.
Gesù, conoscendo in se stesso che i suoi discepoli mormoravano di ciò, disse loro: ‘Ciò vi scandalizza? Che sarà, dunque, se vedrete il Figlio dell’uomo ascendere dov’era prima? E’ lo spirito  che vivifica, la carne non giova a nulla: le parole che io vi dico sono spirito e vita. Ma ci sono fra voi alcuni che non credono’.
Gesù, infatti, sin da principio sapeva chi erano i non credenti e chi l’avrebbe tradito.
Poi aggiunse: ‘Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre’.
Da allora molti dei suoi discepoli si ritrassero e non andavano più con lui.
Allora Gesù disse ai Dodici: ‘Volete andarvene anche voi?’
Simon Pietro rispose: ‘Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna. Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio’.
Gesù rispose loro: ‘Non ho eletto Io voi Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo’.
Egli alludeva a Giuda, figlio di Simone Iscariote, poiché costui, uno dei Dodici, lo avrebbe tradito.

Se dunque l'evangelista Giovanni, il 'grande Giovanni', associa il discorso sul Pane del Cielo al primo dei due miracoli della moltiplicazione dei pani, al contrario il ‘piccolo Giovanni’, e cioè la mistica Valtorta, vede in visione l’episodio del discorso del Pane del Cielo non come successivo alla prima ma alla seconda moltiplicazione dei pani. 4
Come spiegare questa differenza temporale e di circostanze?
Possibile che il ‘grande’ Giovanni sbagli, e che il ‘piccolo Giovanni’ abbia ‘ragione’?
Abbiamo detto fin dall’inizio che lo scopo degli evangelisti nel comporre i loro testi non è stato quello di dare un resoconto scientificamente ‘storico’ e ‘cronologico’ degli avvenimenti, ma di mettere insieme fatti, parabole, insegnamenti dati da Gesù in circostanze diverse e anche distanti nel tempo e nei luoghi fra di loro, al fine di seguire un loro specifico programma di insegnamento catechetico: convertire le genti.
Giovanni scrisse il suo Vangelo quasi mezzo secolo dopo i tre precedenti. Egli conosceva dunque bene quanto in essi era stato raccontato in merito ai due ben distinti episodi della moltiplicazione dei pani.
Egli aveva sempre vissuto - in quei tre anni di vita pubblica al seguito di Gesù - a strettissimo contatto con il suo Maestro, di cui era anche confidente, e sapeva bene quando Gesù aveva fatto quel discorso.
A lui – che andava al sodo - deve essere però sembrato  sufficiente, ai fini catechistici, raccontarne solo uno di miracolo, il primo, il più straordinario perché era stato il primo, ma anche perché aveva indotto molti ‘potenti’ di allora a cercare di convincere Gesù a farsi re, obbiettivo questo che essi avrebbero tuttavia cercato di raggiungere concretamente in epoca successiva, dopo che si era sparsa la notizia addirittura di un secondo miracolo analogo:
Gv 6, 14-15:
Quegli uomini, visto il prodigio fatto da Gesù, dicevano: ‘Questo è davvero il Profeta che ha da venire al mondo’.
Ma Gesù accortosi che venivano a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo da solo sulla montagna.
È dunque per associazione di idee  che Giovanni, al suo racconto del primo miracolo, ‘incolla’ l’episodio del Pane del Cielo, episodio quest'ultimo che nella cronologia valtortiana avviene però circa un anno dopo il primo miracolo, e più precisamente dopo la seconda moltiplicazione dei pani.
La Valtorta vede dunque ora in visione Gesù che predica su un monte con tanta gente - uomini, donne e bambini  - che però, lontana dai paesi, non aveva di che rifocillarsi.
Gesù ripete allora il miracolo della moltiplicazione del pane dell’anno precedente, ma il giorno dopo - rientrato a Cafarnao – fa ai suoi discepoli ed agli stessi abitanti, che si erano radunati nella sinagoga per ascoltarlo, l’ormai famoso discorso sul Pane del Cielo che molti di quei discepoli avrebbero rifiutato.
Gesù non aveva mai fatto mistero ai suoi discepoli di quanto fosse difficile seguire la sua strada e di quanto fosse stretta la ‘porta’ spirituale attraverso la quale era necessario passare, e non tutti – pur ammirandone la sapienza – erano convinti di poterlo o volerlo veramente fare.
Molti lo seguivano per il gusto di poter assistere con i propri occhi a questi suoi straordinari miracoli, altri per ottenere molto più praticamente guarigioni per sé o per propri parenti o amici, altri ancora per semplice curiosità o per il gusto di sentire certi discorsi sapienti o, come dicevano i romani che culturalmente lo ammiravano molto, i suoi discorsi da ‘filosofo’ ed oratore efficace.
Quelli che seguivano Gesù per ragioni veramente spirituali, cioè per guadagnarsi il Regno di Dio, erano veramente pochi, e quei pochi trovavano per di più la sua Dottrina difficile da seguire e quindi da accettare.
Quella che Gesù proponeva ai suoi stretti discepoli, ancora più che al popolo, era infatti la via dell’ascesi, cioè della rinuncia alla propria umanità, al proprio ‘io’ protervo ed egoista per divenire ‘spiriti’, o meglio uomini ‘spirituali’.
Il discorso del Pane del Cielo pronunciato a Cafarnao è ora però la goccia che fa traboccare il vaso.
Fin da subito - lo si vede dal testo di Giovanni - le cose si mettono male.
Gesù, all’inizio della sua predicazione, aveva stabilito la sua base operativa di partenza proprio in quella cittadina dove aveva parlato innumerevoli volte e fatto parecchi miracoli.
Ciononostante gli abitanti di Cafarnao non si convertirono che in minima parte.
Allora, nella sinagoga piena di discepoli e paesani, Gesù mette da parte la ‘diplomazia’ e sbatte in faccia a tutti una accusa brutale: molti lo seguono non per acquisire fede, grazie ai miracoli che Egli opera, ma piuttosto nella speranza di riempirsi la pancia con il pane che lui faceva materializzare come aveva fatto il giorno prima.
Mi sembra di sentire i mormorii che devono essersi levati fra la gente.
Gesù – e nel terzo anno di vita pubblica lo vedremo mostrarsi sempre più spesso severo anche con scribi e farisei – era Verità, era strumento di contraddizione e doveva con la spada della sua Parola tagliare nettamente in due ed operare una discriminazione fra buoni e cattivi.
Ma quando ‘scuoteva’ lo faceva sempre a fin di bene, per dare uno scrollone psicologico ricorrendo anche a rimproveri estremi per richiamare sulla via giusta.
In questa circostanza era opportuno mettere in chiaro le cose una volta per tutte e liberarsi dei seguaci ipocriti che sarebbero altrimenti stati una 'palla al piede' non solo nel proseguimento della missione di evangelizzazione ma anche ai fini della costituzione - attraverso i 'discepoli, collaboratori stretti degli apostoli come i sacerdoti lo sono oggi dei vescovi - della struttura portante della futura Chiesa.
Dopo quella stoccata, diretta a chi pensava prosaicamente alla pancia,  Gesù prosegue dicendo che è invece bene non procurarsi il cibo che nutre il corpo ma quello che rigenera lo spirito, perché con il primo si muore ma con il secondo si guadagna la vita eterna.
E qui Gesù precisa che il cibo di vita eterna lo darà lui agli uomini, perché Egli stesso è ‘Pane’ del Cielo.
Avrete notato dai Vangeli ufficiali – ma lo cosa avviene anche nel ‘vangelo’ valtortiano - che Gesù si esprimeva sovente in forma velata, riservando certe rivelazioni più esplicite ai tempi finali, quando ormai la prudenza umana non aveva più scopo e tutto poteva e doveva essere ormai detto.
Non doveva ad esempio ancora essere detto nulla dell’Eucarestia, il dono più strepitoso ed in un certo senso più difficile da comprendere che Egli avrebbe lasciato all’Umanità riservandone l’annunzio ai suoi apostoli solo nel corso dell’Ultima Cena.
Qui – in questo discorso - Gesù comincia però a preparare il ‘terreno’ facendone  ripetutamente una anticipazione velata, proprio ricollegandosi al precedente miracolo della moltiplicazione dei pani.
La gente però non capisce e mormora: quella faccenda di Gesù che si dice ‘Pane del Cielo’ gli sembra una stravaganza, anzi una assurdità.
Ma Gesù rincara la dose e aggiunge che il ‘Pane’ che lui darà loro è la sua ‘carne’ e questa sarà ‘vita’ del mondo.
Lo sconcerto aumenta, i presenti discutono fra di loro sempre più animatamente : ‘Come può costui darci a mangiare la sua carne?’.
E Gesù di rimando: ‘In verità, in verità vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita…’.
Immaginate la gente…, non più solo il ‘pane’, non più solo la ‘carne’, ma ora anche il ‘sangue’!
Ecco perché Giovanni – ancor più ispirato degli altri evangelisti – fu l’unico a riportare quel lungo discorso di Cafarnao, così importante, collegandolo alla moltiplicazione dei pani.
Il miracolo della moltiplicazione dei pani è infatti una allegoria del futuro miracolo della moltiplicazione del Pane dell’Eucarestia, della ‘moltiplicazione’ di Gesù Eucaristico.
Giovanni voleva che fosse chiaro il collegamento concettuale fra il pane materiale, che serve a nutrire il corpo, e la persona di Gesù.
Gesù – a memoria delle generazioni successive e dei critici razionalisti specie di area ‘protestante’ che vedono nell’Eucarestia solo un simbolo – voleva far comprendere che così come Dio, essendo Creatore, poteva moltiplicare all’infinito pani e pesci creandoli dal nulla,5 bastando a ciò soltanto un atto del suo pensiero e della sua volontà per ‘materializzarne’ a sufficienza per migliaia di persone, così Dio non ha alcuna difficoltà a ‘moltiplicare se stesso’ transustanziandosi nell’Eucarestia per sfamare spiritualmente l’Umanità fino alla fine del mondo  e darle il Pane di Vita eterna.
Per quei discepoli, tuttavia, quel suo invito oscuro a mangiare la sua ‘carne’ ed a bere il suo ‘sangue’ per avere la Vita eterna, interpretato alla lettera, assumeva valenze umanamente ripugnanti ed inaccettabili.
Molti dei settantadue lo rifiutano e – ritenendole farneticazioni – abbandonano Gesù.
Egli voleva tuttavia provare la loro fede. Sarebbero infatti arrivati tempi di persecuzione e perché il nascente Cristianesimo potesse sopravvivere sarebbe stata necessaria una fede rocciosa in Gesù, anzi una fede cieca negli insegnamenti che Gesù aveva in precedenza impartito.
‘Meglio perderli che trovarli… - deve aver pensato Gesù - se non mi credono’.
E Gesù, infatti, poco dopo li rimpiazzò quasi tutti con altri di provata fede.
Ma, attenzione, il Gesù valtortiano fa anche capire che il miracolo della moltiplicazione dei pani non è solo ‘figura’ della ‘moltiplicazione’ dell’Eucarestia, ma anche della… Parola.
20.2 Un ‘avviso’ per i ‘dottori difficili’: la moltiplicazione della Parola.
Ecco ora non la visione della nostra mistica ma il ‘commento’ ( i grassetti sono i miei) che Gesù in persona fa al suo ‘piccolo Giovanni’ alla fine della visione stessa:6
Dice Gesù:
«Ecco un'altra cosa che darà noia ai dottori difficili.  
L'applicazione che Io faccio a questa visione evangelica.  
Non ti faccio meditare sulla mia potenza e bontà.  Non sulla fede e ubbidienza dei discepoli. Nulla di questo. Ti voglio far vedere l'analogia dell'episodio con l'opera dello Spirito Santo.
Vedi: Io do la mia parola. Do tutto quanto potete capire e perciò assimilare per farne cibo all'anima. Ma voi siete tanto resi tardi dalla fatica e dall'inedia che non potete assimilare tutto il nutrimento che è nella mia parola. Ve ne occorrerebbe molta, molta, molta. Ma non sapete riceverne molta. Siete tanto poveri di forze spirituali! Vi fa peso senza darvi sangue e forza. Ed ecco che allora lo Spirito opera il miracolo per voi.  Il miracolo spirituale della moltiplicazione della Parola. Ve ne illumina, e perciò la moltiplica, tutti i più riposti significati, di modo che voi, senza gravarvi di un peso che vi schiaccerebbe senza corroborarvi, ve ne nutrite e non cadete più affranti lungo il deserto della vita.
Sette pani7 e pochi pesci!
Ho predicato tre anni e, come dice il mio diletto Giovanni, ‘se si dovessero scrivere tutte le parole ed i miracoli che ho detto e compiuto per dare a voi un cibo abbondante, capace di portarvi senza debolezze sino al Regno, non basterebbe la Terra a contenere i volumi’.  
Ma se anche ciò fosse stato fatto, non avreste potuto leggere tale mole di libri. Non leggete neppure, come dovreste, il poco che di Me è stato scritto. L'unica cosa che dovreste conoscere, come conoscete le parole più necessarie sin dalla più tenera età.
E allora l'Amore viene e moltiplica. Anche Egli, Uno con Me e col Padre, ha "pietà di voi che morite di fame" e, con un miracolo che si ripete da secoli, raddoppia, decuplica, centuplica i significati, le luci, il nutrimento di ogni mia parola.  
Ecco così un tesoro senza fondo di celeste cibo.  Esso vi è offerto dalla Carità. Attingetene senza paura. Più il vostro amore attingerà in esso e più esso, frutto dell'Amore, aumenterà la sua onda.
Dio non conosce limiti nelle sue ricchezze e nelle sue possibilità. Voi siete relativi. Egli no. E’ infinito. In tutte le sue opere. Anche in questa di potervi dare in ogni ora, in ogni evento, quelle luci che vi abbisognano in quel dato istante. E come nel giorno di Pentecoste lo Spirito effuso sugli apostoli rese la loro parola comprensibile a Parti, Medi, Sciti, Cappadoci, Pontici e Frigi, e simile a lingua natìa ad Egizi e Romani, Greci e Libici, così ugualmente Esso vi darà conforto se piangete, consiglio se chiedete, compartecipazione di gioia se gioite, con la stessa Parola.
Oh! che realmente se lo Spirito vi illustra: "Va' in pace e non voler peccare ", questa frase è premio per chi non ha peccato, incoraggiamento all'ancora debole che non vuole peccare, perdono al colpevole che si pente, rimprovero temperato di misericordia a colui che non ha che una larva di pentimento. E non è che una frase. Delle più semplici. Ma quante non sono nel mio Vangelo! Quante che, come bocci di fiore che dopo un'acquata e un sole d'aprile si aprono fitti sul ramo dove prima ve ne era sol uno fiorito e lo coprono tutto, con gioia di chi li mira, si schiudono in noi col loro spirituale profumo per attirarci al Cielo.
Riposa, ora. La pace dell'Amore sia con te».
Chi sono quelli che Gesù chiama qui i ‘dottori difficili’?
Sono certi esegeti, quelli che in nome del razionalismo e della scienza, o meglio dello scientismo applicato a fatti spirituali, pretendono di far passare tutto il Vangelo attraverso la cruna dell’ago del loro raziocinio.
Comunque il discorso fatto da Gesù è sostanzialmente questo: ‘Voi uomini siete tanto spiritualmente tardi che non sareste neanche in condizione di saper valutare il significato profondo e molteplice di quanto Io-Gesù vi spiego con la mia Parola, e allora lo Spirito Santo – anziché imbottirvi la testa con i cento significati che quella parola, che è Parola di Dio, avrebbe nella sua pienezza – ve ne illumina di volta in volta le sfumature di significato che per voi, in quel ‘particolare momento’ della giornata o della vostra vita, è quello necessario’.
A proposito di essere illuminati di volta in volta in certi ‘particolari momenti’…, consentitemi una digressione fuori tema.
Dopo la pentecostale discesa dello Spirito Santo sugli apostoli questi – ormai pieni di coraggio - erano usciti dal Cenacolo e si erano messi a catechizzare cosicché tutti gli ebrei della diaspora, lì convenuti per la Festa ebraica, li sentirono parlare nella propria lingua, come narrano i Vangeli.
Avevo dunque pensato che quel miracolo dello Spirito Santo fosse consistito nell’insegnare agli apostoli – in quel particolare momento – a parlare in lingue estere.
Ebbene non fu così. La rilettura di questo brano del Gesù valtortiano che ho sopra trascritto – brano che io ho avuto occasione di leggere più volte in passato senza mai fare caso a questo particolare che ora vi dico – mi fornisce ora la risposta corretta.
La chiave di comprensione la troviamo mascherata in quella frase che forse non avete ancora potuto analizzare a sufficienza e che ora ritrascrivo:
«…  E come nel giorno di Pentecoste lo Spirito effuso sugli apostoli rese la loro parola comprensibile a Parti, Medi, Sciti, Cappadoci, Pontici e Frigi, e simile a lingua natìa ad Egizi e Romani, Greci e Libici, così ugualmente Esso vi darà conforto se piangete, consiglio se chiedete, compartecipazione di gioia se gioite, con la stessa Parola».
Quindi fu lo Spirito - effuso sugli apostoli nel giorno di Pentecoste - Colui che, agendo in certo qual senso da ‘Traduttore’, ‘rese la loro parola comprensibile’ agli altri.
Non furono pertanto gli apostoli a parlare nelle varie lingue, ma furono gli ebrei nativi di altre regioni e parlanti lingue diverse ad intendere le parole ebraiche degli apostoli come se fossero state da essi pronunciate nella loro lingua estera abituale.8
Chissà – facendo correre il pensiero - quale sarà stato il meccanismo utilizzato dallo Spirito Santo e raccontato nell’Antico Testamento che portò – dopo l’episodio della Torre di Babele – alla cosiddetta ‘confusione delle lingue’ che spinse l’Umanità, riformatasi dopo il Diluvio universale ma ancora una volta allontanatasi da Dio, a disperdersi?
Mi viene da pensare ad un meccanismo inverso, anche se concettualmente analogo: anziché capire la lingua altrui, non capirla più.
E quando non ci si capisce la cosa migliore è andarsene ognuno per la propria strada.
Dopo l’episodio sul Pane del Cielo raccontato nel Vangelo di Giovanni e riportato sopra in nota, Gesù riprende le sue peregrinazioni.
Vi è ad esempio l’episodio nel quale i farisei – sperando che egli si compromettesse con una risposta sbagliata - chiedono se egli ritenga giusto divorziare dalla propria moglie9.
Quindi, dopo molte altre tappe, ritroviamo Gesù sulla strada di Gerusalemme perché si stava avvicinando la Pasqua10, quella del terzo anno.
Egli trascorrerà molti giorni a Gerusalemme predicando sovente sotto i porticati del Tempio, come i Rabbi erano soliti fare davanti ai pellegrini che, vedendoli, si riunivano intorno a loro ad ascoltarli.
A Gerusalemme Gesù sarà nuovamente e a più riprese ospite di Lazzaro.
Seguiranno ancora viaggi e racconti di parabole finché - in casa di un potente fariseo – un tale Elchia- che lo invita a pranzo, ma sempre nella segreta speranza che Gesù si tradisca facendo o lasciandosi scappare qualcosa di compromettente atto ad accusarlo formalmente – capita un primo grave incidente, raccontato da Luca11, in cui Gesù lancia quella sua famosa invettiva contro dottori e farisei.
Il racconto valtortiano dell'episodio, nella completezza dialettica delle parole dette da Gesù, è da antologia. 12
Fu dopo tale fatto che – avendo Elchia riferito le parole di Gesù ad Anna, sommo Sacerdote del Tempio, suocero del Pontefice Caifa - maturò nel Tempio e fra i Capi dei Giudei la decisione di eliminare fisicamente Gesù alla prima occasione utile.13


1 Mt 14, 15-23  / Mc 6, 35-46  / Lc 9, 12-17                                                                                     
2  Mt 15, 29-19  / Mc 8, 1-10
3  Gv 6, 2-15   
4  M.V.: ‘L’Evangelo…’ – Vol. V, Cap. 353 – C.E.V.
5  Nota dell'autore: La odierna teologia eretica neo-modernista o 'progressista' - imbevuta di razionalismo o scientismo per cui non ritiene di accreditare, nei racconti evangelici, i miracoli e comunque tutto ciò che appare come contrario alle 'leggi' scientifiche conosciute - è in linea di massima anche evoluzionista. Essa crede infatti impossibile che Dio possa aver creato il primo uomo dal nulla. Queste teologi - che non mancano neanche fra le alte gerarchie della chiesa cattolica - così come non ritengono possibile la Creazione dal nulla di Adamo (il cui corpo tratto dal fango della terra - come dice Genesi - é costituito in effetti da sostanze minerali di cui la terra è composta'), preferiscono  vederlo discendere da una scimmia. A maggior ragione e per logica deduzione costoro non potranno neanche credere, anche se non osano dirlo esplicitamente, ad altri miracoli come quello della moltiplicazione dei pani, creati dal nulla, e tantomeno a quello della presenza reale di Gesù - in corpo, sangue, anima e divinità - nelle specie eucaristiche. Ecco l'apostasia, cioé l'abbandono della bimillenaria fede tramandataci dai Padri della Chiesa, di cui aveva parlato San Paolo come caratterizzante il regno sia pur fugace dell'Anticristo.
6  G.L.: “Il Vangelo del ‘grande’ e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. I, Cap. 13 – Ed. Segno, 2000 – vedi anche sito internet dell’autore già citato.
Inoltre di M.V. ‘L’Evangelo…’ – Vol. V – Cap. 353 – C.E.V.
7  Nota dell'autore: Il riferimento che il Gesù valtortiano fa ai 'sette' pani è una conferma che il discorso del Pane del Cielo è stato fatto dopo il secondo miracolo della moltiplicazione dei pani, e non dopo il primo, quando i pani citati dagli altri evangelisti erano solo cinque.
8  Nota dell'autore: Questo miracolo dello Spirito Santo spiegherebbe però anche come Maria Valtorta, in visione, sentisse parlare il Gesù di duemila anni fa in lingua...italiana, da lei poi fedelmente trascritta nella sua Opera, mentre evidentemente Egli parlava in lingua ebraica. Ecco dunque come poterono anche intenderlo i galeotti di varie nazionalità incatenati nella galera romana ancorata nel porto di Cesarea di cui abbiamo parlato in uno dei precedenti capitoli.
9  Mt 19, 3-12
10  Lc 13, 22-35
11  Lc 11,37-54: Al termine del suo dire un Fariseo lo invitò a pranzo da lui.
Entrato in casa, Gesù si mise a tavola. Il Fariseo osservò con meraviglia, che egli non aveva fatto le abluzioni prima del pranzo.
Ma il Signore gli disse: «Dunque voi, Farisei, purificate l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità. Insensati! Colui che ha fatto l’esterno, non ha fatto anche l’interno? Piuttosto, date il contenuto in elemosina, ed ecco che tutto sarà puro per voi.
Ma guai a voi, Farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di tutti i legumi, mentre trascurate la giustizia e l’amore di Dio! Tutto questo bisognava praticare, senza però trascurare il resto.
Guai a voi, Farisei, perché amate i seggi d’onore nelle sinagoghe e d’essere salutati sulle pubbliche piazze!
Guai a voi, perché voi siete come i sepolcri che non si vedono, e sui quali si cammina senza saperlo!».
Allora un dottore della legge gli rivolse la parola protestando: «Maestro, parlando così offendi anche noi!».Ed egli rispose: « Guai anche a voi, dottori della legge! Perché imponete agli uomini dei pesi insopportabili, mentre voi non li toccate neppure con un dito.
Guai a voi che innalzate sepolcri ai profeti, mentre i vostri padri li hanno uccisi! Voi, così, siete testimoni e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite i sepolcri. Per questo, appunto, la Sapienza di Dio ha detto: ‘Io manderò loro profeti e apostoli: uccideranno gli uni e perseguiteranno gli altri, affinché sia chiesto conto a questa generazione del sangue di tutti i profeti versato fin dalla creazione del mondo, dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria, ucciso fra l’altare e il Tempio!».
Sì, io ve lo dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione!
Guai a voi dottori della legge! Perché avete preso la chiave della scienza, ma non siete entrati voi e lo avete impedito a quelli che volevano entrare!».
Quando fu uscito di lì, gli Scribi e i Farisei incominciarono ad essergli fieramente avversi e cercavano di farlo parlare su molte questioni, tendendogli insidie, per sorprendere qualche parola della sua bocca.
12  M.V.: Opera citata, Vol. VI, Cap. 414 – C.E.V.
13  G.L.: “Il Vangelo di Matteo…’, Vol. IV, Cap. 7.2 – Ed. Segno, 2004 – vedi sito internet autore

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