BS1-017 - ilCATECUMENO.it

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17. La FORMAZIONE delle VARIE RELIGIONI ed i MITI PAGANI sull'ORIGINE dell'UMANITÀ
17.1 La prima moltiplicazione dei pani: quel solito San Tommaso, diffidente, scettico e non ancora del tutto santo…
Qualche tempo dopo il precedente episodio avviene la famosa (prima) moltiplicazione dei pani che ci viene raccontata dall’evangelista  Giovanni: Gv 6, 2-15:
Lo seguiva gran folla, perché vedevano i prodigi operati da lui sugli infermi.
Gesù salì sul monte e ivi si pose a sedere con i suoi discepoli.
Era vicina la Pasqua, la solennità dei Giudei.
Alzati gli occhi, Gesù vide che una gran turba veniva a lui e disse a Filippo: ‘Dove compreremo dei pani per sfamare questa gente?’.
Diceva così per metterlo alla prova, poiché egli sapeva bene cosa stava per fare.
Gli rispose Filippo: ‘Duecento denari di pane non basterebbero neanche a darne un pezzetto per uno’.
Disse a Gesù uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: ‘C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che è questo per tanta gente?’.
Gesù disse: ‘Fateli sedere’.
C’era lì molta erba. Quegli uomini si sedettero, in numero di circa cinquemila.
Allora Gesù prese i pani e, rese le grazie, li distribuì alla gente seduta; così pure fece dei pesci, finché ne vollero.
Saziati che furono, disse ai suoi discepoli: ‘Raccogliete gli avanzi, affinché niente si perda’.
Li raccolsero, e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Quegli uomini, visto il prodigio fatto da Gesù, dicevano: ‘Questo è davvero il profeta che ha da venire al mondo’. Ma Gesù, accortosi che venivano a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna.
Gesù è vicino al Lago, cioè al Mar di Galilea, e predica. Preferisce però farlo ritirandosi su una retrostante collina, più fresca ed ombreggiata.
Predica e si fa tardi, la folla è tanta: cinquemila uomini.
I paesi più vicini sono lontani qualche chilometro, e certo i fornai non avranno pane per tutti. E anche le trattorie o locande, in aperta campagna o collina, dovevano essere rare.
Insomma, per tutta quella gente – e vi erano anche donne e bambini - la fine della giornata, senza mangiare e senza ricovero per la notte ma  più per la mancanza di cibo specie per i bambini, si prospettava dura.
Gesù ha compassione anche perché in fin dei conti eran tutti lì – incuranti dei disagi – per sentire la sua Parola.
Allora - racconta l'evangelista - li fa sedere, perché ci vuole ordine e la gente deve stare tranquilla come ad un pic-nic, si fa portare cinque pani d’orzo e due pesci disponibili, comincia a tagliare pani e pesci e… continua di questo passo, finché tutti sono serviti. Raccoglieranno dodici canestri di avanzi, giusto perché il ‘pane’ non si spreca mai, specie poi se è quello … eucaristico di cui questo miracolo è simbolo.
Immaginate la faccia degli apostoli e di tutta quella gente.
Sfido che Giovanni poi dica che – dopo quel miracolo – la gente si era convinta che quello doveva proprio essere il Messia annunciato dai Profeti, e che qualche altro personaggio voleva pure farlo Re.
Tornando al miracolo è impossibile – se vogliamo pensarle tutte - che i vangeli mentano…
La ‘storicità’ dei vangeli - indipendentemente dalle opinioni dei Loisy, Renan, Bultaman ed altri loro epigoni moderni - è stata dimostrata ormai da ‘scienziati della religione’, eruditissimi, anche nemici del cristianesimo, che hanno speso vite intere a fare ricerche su documenti, papiri, scavi, ad analizzare i testi in controluce, a spostare le virgole, etc.
Io mi baso invece su alcuni semplici ragionamenti da ‘uomo della strada’, cercando di far lavorare il buonsenso.
Intanto vi erano stati migliaia di testimoni ai fatti che riguardano Gesù, e la sua fama si era sparsa sin da allora, varcando i confini.
È ormai dimostrato che i racconti evangelici furono scritti solo pochi anni dopo i fatti, quando tutti i testimoni erano ancora ben vivi e avrebbero avuto buon gioco a smentire e screditare.
Non poteva quindi diffondersì così, e non così rapidamente, una dottrina che si riferiva a fatti (francamente stupefacenti e tali da far dubitare anche la persona meglio ‘disposta’) che non fossero stati ‘sostenuti’ da solidi titoli di veridicità che - per coloro che si eran fatti cristiani negli anni immediatamente successivi alla crocifissione di Gesù, e per la maggior parte ebrei e quindi buoni conoscitori di quanto era avvenuto -  si dovevano basare su ‘testimonianze’ inconfutabuli.
Apostoli e discepoli non avrebbero avuto la forza morale e psicologica per portare avanti una dottrina di sacrificio ed ascesi come quella cristiana, e di predicarla instancabilmente per una vita.
È inoltre assolutamente incredibile – più incredibile del miracolo della moltiplicazione dei pani – che quella gente avesse accettato una sorte di martirio se non fosse stata ciecamente sicura della divinità di Gesù.
Divinità confermata dai miracoli, non ultimo, anzi primo fra tutti, la auto-risurrezione.
Dopo la Resurrezione Gesù si trattenne ancora con i suoi discepoli per quaranta giorni predicando, apparendo e scomparendo più volte di fronte a loro (cioè materializzandosi e smaterializzandosi) prima di ascendere al Cielo.
Alla Ascensione erano stati presenti varie centinaia di testimoni ed è da questi fatti che è nata la fede cristiana e l’accettazione del martirio.
A quei tempi non vi erano i mass-media con i loro archivi da poter consultare, anche se non mancavano Biblioteche pubbliche, anche famose.
Ma gli 'archivi' con le notizie su Gesù sono costituiti proprio dai Vangeli che ci sono stati trasmessi di generazione in generazione così come lo erano stati a suo tempo gli scritti dell'Antico Testamento.
Non abbiamo dubbi sul ‘De bello gallico’ di Giulio Cesare e sul fatto che quella guerra ci sia veramente stata, e così pure sulla autenticità di tanti altri scritti ed episodi che riguardano la vita di personaggi famosi, come ad esempio Pericle, Socrate o Platone, e le loro opere, anche filosofiche e letterarie.
Perché non credere – mi dico allora – ai Vangeli che narrano di un Personaggio come Gesù che, miracoli e tutto il resto a parte, ha diffuso una dottrina assolutamente rivoluzionaria, anzi stravolgente per la mentalità ed il tipo di cultura pagana di quell’epoca, insomma una dottrina da Dio, perché solo una dottrina da Dio poteva essere così profonda, saggia e spiritualmente elevata? Una Dottrina che avrebbe cambiato il corso della civiltà e della storia nel mondo?
Se vi rimane però ancora qualche dubbio su questo miracolo…, ebbene non vi rimane che andarlo a leggere integralmente attraverso le visioni della nostra mistica: un autentico impeccabile dipinto evangelico.
Una splendida descrizione della mistica che non per niente il ‘suo’ Gesù chiamava affettuosamente ‘il mio piccolo Giovanni’, a testimonianza delle sue perfette trascrizioni.1
Gesù taglia pani e pesci in tanti pezzettini, e ne mette un pò in ognuno dei  canestri disponibili. Quindi Egli invita gli apostoli ad andare senza timore a distribuire i pani e i pesci dicendo loro che ce ne sarà per tutti.
È una visione, quella della mistica, ad un certo punto anche umoristica.
Tommaso - scettico come al solito e non riuscendo a credere a Gesù che lo invitava a girare fra la gente insieme agli altri apostoli, ognuno con un canestro vuoto, assicurandogli però di aver fede perché il canestro si sarebbe riempito e avrebbe continuato ad uscirne pane fragrante a volontà – teme di coprirsi di ridicolo e decide di nascondersi col suo canestro dietro un albero per sbirciare e stare a vedere prima cosa sarebbe uscito dai canestri degli altri apostoli.2
Gli altri apostoli vanno, dapprima esitanti e poi sempre più sicuri e spediti perché sentono i loro canestri appesantirsi e ogni volta che vi infilano la mano dentro ne escono continuamente fuori pani e pesci, interi, a volontà, fra lo sbalordimento della folla presente.
Dopo questo strepitoso miracolo, segue l’episodio di Gesù che cammina sulle acque ed altri ancora, fra i quali quello in cui Gesù racconta la parabola sulla necessità di ‘perdonare settanta volte sette’.
Matteo, nel suo vangelo (Mt 18, 18-35), racconta che fu proprio Pietro a chiedere a Gesù quante volte avrebbe dovuto perdonare ad un proprio ‘fratello’: fino a sette volte?
Gesù - forse per via del carattere impulsivo e persino un poco collerico, anche se generoso, di Pietro - gli risponde: ‘Non sette, ma settanta volte sette!’.
E Pietro fu servito.
Poi Gesù – come racconta l’evangelista Luca3 - decide di mandare questa volta in missione i settantadue discepoli che intanto, a forza di seguirlo ed ascoltarlo, avevano imparato i ‘rudimenti’ fondamentali della evangelizzazione.
Vi chiederete come mai settantadue e non settantuno o settantatre.
Nell’ebraismo si dava molta importanza ai numeri simbolici, numeri che nascondevano un significato profondo.
Dodici, ad esempio, erano le tribù di Israele, dodici gli apostoli, sei volte dodici, cioè settantadue, erano i discepoli.
A Gerusalemme – dove il gruppo apostolico era nel frattempo giunto - Gesù partecipa alla Festa dei Tabernacoli dove Egli racconterà la parabola dei talenti4 e quella del buon samaritano.5
17.2 Reminiscenze: i ricordi delle anime e l’origine delle religioni.
Dopo aver fatto tappa come d’abitudine a Betania, da Lazzaro, il gruppo punterà su Gerico per passare infine al di là del Giordano, nella regione chiamata Perea, e da lì risalire lungo il corso del Giordano verso la Decapoli e la Galilea.
Ne parla l’Evangelista Luca:
Lc 8, 1-3:
In seguito se ne andava egli di città in città e di villaggio in villaggio, predicando e annunziando la buona novella del Regno di Dio, mentre i dodici erano con lui, come pure alcune donne che erano state liberate da spiriti maligni e da malattie: Maria, detta la Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni, Giovanna, moglie di Cusa, procuratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni.
Come dice Luca in questo brano, il gruppo apostolico in quella circostanza era molto numeroso e comprendeva anche delle donne.
Giovanna di Cusa, di cui abbiamo già parlato, era una di queste. Poi vi era anche una Maria, ‘detta la Maddalena’ perché – come ho gia avuto occasione di accennare - viveva in una residenza nella bella cittadina di Magdala, sul lago di Tiberiade6.
Luca dice che Giovanna era la moglie di Cusa ma si guarda bene dal dire che Maria Maddalena - liberata da ben sette demoni - era la sorella di Lazzaro.
Luca – che come abbiamo accennato scrisse il suo vangelo quindici/venti anni dopo i fatti che quindi erano ancora freschi nella memoria collettiva - non ha forse qui avuto  il coraggio (probabilmente per non dare ‘scandalo’ o non ferire la sensibilità di Lazzaro o per difendere l’onorabilità del migliore amico e protettore di Gesù e degli apostoli) di precisare la sua reale identità, cosa che invece farà Giovanni nel suo Vangelo ma… cinquanta anni dopo.
Il gruppo delle discepole era numeroso perché le varie donne, che poi ritroveremo anche sul Calvario, erano venute a Gerusalemme per partecipare alla festa dei Tabernacoli (in autunno, alla fine dei raccolti) e per stare un poco insieme a Gesù: c’era anche la Madonna.
Alcune di loro, convertite o guarite da malattie come si vede bene nell’opera della nostra mistica, erano anche prodighe di sostegni economici nei confronti del gruppo apostolico che di suo era povero in canna.
Non che mancassero le offerte dei miracolati o della gente del popolo, ma Gesù le utilizzava in gran parte per sovvenire i poveri che incontrava mentre per il proprio sostentamento e per quello degli apostoli diceva sempre che ci avrebbe pensato la Provvidenza…
Nel gruppo erano stati nel frattempo accolti anche due personaggi molto particolari: Giovanni di Endor e Sintica.
Il primo era un ex-maestro di scuola, ed anche ex-galeotto in fuga, che si era convertito dopo aver incontrato Gesù.
La seconda era una giovane schiava greca.
I due daranno in seguito vita ad alcune delle più belle, intense e toccanti pagine dell’Opera.
Giovanni di Endor nel gruppo si era dedicato alla formazione ‘scolastica’ del piccolo Marziam, il giovinetto che era stato adottato da Pietro poiché egli e sua moglie Porfirea non avevano potuto avere figli.
Sintica era una greca colta, dai lineamenti belli e raffinati, che era fuggita dalla casa di un  nobile romano che era al seguito del Proconsole.
Era stata accolta e ‘mimetizzata’ con abiti ebraici fra le donne del gruppo.
Il contatto con Gesù e con  la dottrina della Buona Novella l’aveva scombussolata perché aveva scardinato le antiche certezze pagane, ma poi l’aveva affascinata.
Il Sinedrio aveva però informatori ovunque, anche fra i discepoli di Gesù per non dire con l’apostolo Giuda che – pur senza essere ancora un traditore - ogni volta che il gruppo apostolico tornava a Gerusalemme riprendeva a bazzicare i suoi vecchi amici che frequentavano il Tempio senza saper poi tenere bene a freno la lingua.
La conoscenza da parte delle Autorità del Tempio della presenza nel gruppo apostolico di un galeotto e di una schiava fuggitiva, poteva metterli in pericolo. Gesù decide allora di portarsi dietro i due per metterli poi in salvo unendoli entrambi in una missione nella lontana Antiochia, in Siria, dove essi ripareranno, ospiti in una bella proprietà agricola di Lazzaro.
Per ritornare però, dopo questa parentesi, al nostro gruppo apostolico in cammino, gli apostoli – lasciata Gerico e giunti al di là del Giordano - incontrano ad un certo punto una carovaniera numerosa e bene armata che trasporta mercanzie.
La guida un mercante, un cavaliere armato fino ai denti di nome Alessandro Misace, che trasporta merci nei suoi vari empori sparsi nelle provincie più lontane e che accetta la richiesta del gruppo apostolico di potersi a lui aggregare per ragioni di sicurezza.
Costui, Misace, era di antica origine ebraica ma non aveva più la fede degli antenati.
Questi si erano sparsi nei territori dell’Oltre-Eufrate qualche secolo prima, probabilmente al tempo delle deportazioni degli ebrei a Babilonia, ma i loro discendenti - di generazione in generazione ed a contatto con popoli e costumi pagani - si erano religiosamente imbastarditi ed ora, dell’ebraismo originario, avevano solo qualche lontano ricordo, come Misace.
È proprio a proposito di questo che Sintica – la greca – pone a Gesù, nel corso di una sosta notturna, dei quesiti sui ricordi delle anime.
Lo spunto viene offerto da una conversazione fra apostoli e discepoli che ha per oggetto il mercante.
È sera tarda, una parte dei presenti dorme, gli altri – tutti riuniti in uno stanzone – chiaccherano.7
Sintica sta attraversando una piccola crisi di dubbi spirituali. Lei è già approdata sulla sponda del cristianesimo ma le sono rimasti degli ‘affetti’ sulla sponda pagana di partenza.
Ella comprende che Gesù, con la sua dottrina, le fornisce tutte le risposte giuste ma non sa darsi pace all’idea che la religione pagana degli dei sia tutta un inganno, e soprattutto non sa spiegarsi come, fra i popoli pagani, si rilevino dei racconti ‘mitici’ che hanno tuttavia una qualche rassomiglianza con le verità insegnate dall’Antico Testamento.
È tutto errore, dunque, nelle religioni degli dei?
Oppure, a causa di questa assonanza di racconti, non vi è anche in queste religioni pagane la Verità?
Sintica vorrebbe esserne convinta razionalmente, e non solo per fede, perché poi vorrebbe poter convincere a  sua volta razionalmente i pagani con i quali lei verrà in futuro in contatto e che fede, all’inizio, non hanno.
Mi piace Sintica, indipendentemente dalla bellezza, perché lei è soprattutto una ‘razionalista’, insomma un tipino come me, anche se al femminile: lei non è ‘curiosa’, ma vuol capire per poter poi spiegare.
Sintica trova ad esempio nei miti pagani di Prometeo e di Deucalione delle assonanze con i racconti per certi versi analoghi dell’Antico Testamento, come ad esempio quello della caduta di Lucifero, l’infusione del soffio della vita umana nell’uomo creato dal fango, il diluvio universale di Noè.
Da allora – si domanda Sintica - sono trascorsi millenni, ma i miti pagani pur stravolti derivavano forse dalle verità originarie dell’Antico Testamento?
Attenzione, questa è una domanda ancora attuale oggi, a livello di speculazione scientifica e antropologica.
Nella mitologia greca, Prometeo era uno dei titani. Insieme a suo fratello Epimeteo ha il compito di creare gli esseri umani e gli animali, conferendo loro le doti necessarie per sopravvivere.
Epimeteo procede di conseguenza, concedendo agli animali il dono del coraggio e della forza, insieme a piume, pellicce ed altri indumenti protettivi. Quando viene il momento di creare un essere superiore a tutte le altre creature viventi, Epimeteo scopre di non aver più nulla da donargli. E’ costretto a chiedere aiuto al fratello, e Prometeo lo sostituisce nel compito della creazione. Per rendere gli uomini superiori agli animali, Prometeo li plasma più nobilmente e li abitua a camminare eretti, poi sale in Cielo e accende una torcia infuocata: il dono del fuoco che egli elargisce all’umanità, considerato più prezioso di tutti i doni ricevuti dagli animali…
Deucalione era figlio di Prometeo e re di Ftia, in Tessaglia, all’epoca in cui il dio Giove, considerando la razza umana troppo afflitta da vizi, decide di distruggerla con un diluvio.
Avvertito da Prometeo della sciagura imminente, il figlio Deucalione costruisce una imbarcazione con cui raggiunge la vetta del monte Parnaso, mentre per nove giorni e nove notti Giove manda sulla terra torrenti di pioggia.
Solo Deucalione e la sua sposa Pirra si salvano, perché erano gli unici giusti rimasti.
Terminato il diluvio, l’oracolo di Delfi ordina loro di coprirsi la testa e gettare dietro le spalle le ossa della madre. Comprendendo che l’oracolo alludeva alle pietre, ‘ossa’ della Madre Terra,  i due ubbidiscono e vedono nascere uomini dalle pietre scagliate da Deucalione, donne dalle pietre scagliate da Pirra.
Dai loro figli nacquero poi i discendenti di varie altre nazioni.
Difficile non riscontrare forti analogie di questo racconto con i fatti narrati nella Genesi dell’Antico Testamento - in particolare con il racconto della creazione dell’uomo dal 'fango', cioé dalla terra, da parte di Dio - del diluvio universale, dell’arca  di Noè, unico giusto il quale – sopravvissuto al diluvio con la moglie e con i tre figli e nuore - dette origine ad un nuovo ciclo di riproduzione della razza umana.
Si tratta di analogie che hanno fatto gridare di esultanza molti razionalisti contestatori della Genesi e dell’idea che l’uomo sia stato creato da Dio.
Essi sono  ben lieti - come già abbiamo in precedenza avuto occasione di accennare - di poter sostenere che la Genesi non è altro che uno dei tanti miti di quell’epoca, anzi un mito ricalcato su miti precedenti.
Un mito redatto in una forma diversa, per cui la Genesi deve essere rigettata in blocco insieme a quel concetto ‘stravagante’ del Peccato originale che rende coerente l’idea di un Dio-Verbo (Gesù Cristo) che si incarna per redimerci e insegnarci la Verità e la Via per riaprirci le porte del Cielo.
Al giorno d’oggi - e così ribadiamo il concetto - molti evoluzionisti, antropologi, paleontologi, geologi e astrofisici preferiscono credere che l’Universo si sia creato da sé e che la vita si sia pure autogenerata e quindi evoluta sempre da sé in un periodo del tutto ipotetico di miliardi e miliardi di anni.
Essi negano il racconto della creazione dell’uomo contenuto nella Genesi, sperando di scovare prima o poi reperti di uomini-scimmia (come sperarono a suo tempo potesse essere stato il  cosiddetto ‘uomo di Neanderthal’) che forniscano la ‘prova’ mai finora trovata, cioè il cosiddetto ‘anello mancante’ della catena evolutiva, per dimostrare che l’uomo non è stato creato da Dio all'improvviso e dal nulla ma che è solo il discendente ‘evoluto’ di una scimmia.
E come loro la pensano anche tanti teologi modernisti o progressisti d’avanguardia – alla Renan, alla Loisy e alla Bultmann, per intenderci – che considerano pure essi l’Antico Testamento una raccolta di miti.
‘Mitico’ – secondo tutti costoro - il racconto dell’angelo ribelle Lucifero, cacciato all’inferno per aver osato sfidare Dio, mitico e infantile il racconto dell’uomo creato da Dio col ‘fango’, (che nella Genesi rappresenta invece allegoricamente i minerali di cui sono costituiti sia la terra che il corpo umano), infondendogli dentro il suo ‘soffio di vita’, (che, sempre allegoricamente, simboleggia l’infusione da parte di Dio dell’anima spirituale).
Mitico ancora il racconto del Peccato originale – con quella storia a parer loro risibile della punizione di Adamo ed Eva per quell’innocuo frutto mangiato - senza immaginare che il divieto dato ai Primi Due di cogliere il frutto aveva per Dio un valore simbolico di prova per saggiare la loro volontà di ubbidienza, e quindi il loro ‘amore’ e riconoscenza verso il loro Creatore che li aveva fatti ‘re’ della terra.8
Mitico e infantile pure il racconto di quell’improbabile Serpente che parlò ad Eva, senza sapere che il ‘Serpente’ era allegoria di Satana, simbolo cioè di un Nemico che come un serpente striscia e si nasconde per poi cogliere di sorpresa ed uccidere spiritualmente l’uomo.
Mitica infine la storia della torre di Babele con quella incomprensione del linguaggio che portò successivamente alla dispersione del popolo originario con differenziazioni delle varie lingue.
Ma, ora, il Gesù valtortiano fornisce una spiegazione che modifica profondamente – in senso spirituale - l’ottica con la quale guardare a questi racconti.
Questa di Gesù è una spiegazione che va a completare, aggiungendo una tessera di mosaico, anche un altro discorso che nell’Opera valtortiana Egli aveva fatto in merito all’origine delle religioni.
Gesù aveva spiegato che la fede è uno ‘stato necessario’ dell’uomo, perché le religioni scaturiscono dalla ‘necessità di Dio’ che emerge dal profondo dell’anima dell’uomo, anima spirituale che - nell’attimo creativo - per un istante ha ‘visto’ la Verità, prima di incarnarsi, rimanendo smemorizzata, nell’embrione umano dove Dio la manda affinché essa faccia le sue esperienze quale 'spirito' in una carne umana e compia la sua missione in terra in previsone della sua destinazione definitiva in Cielo.
L’anima smemorizzata a livello conscio conserva però il ricordo di Dio a livello inconscio, per cui tutti gli uomini di tutte le razze ricercano in qualche modo Dio del quale a livello conscio si fanno però una loro ‘idea’ anche in base alle loro tradizioni e cultura, costruendosi  delle religioni più o meno vicine alla Verità.
Gesù fa capire a Sintica ed agli altri apostoli e discepoli che lo ascoltano che i miti somiglianti dei vari popoli, non sono tanto la conseguenza di una copiatura o influenza di culture fra un popolo e l’altro, influenza che in qualche caso o in parte può anche esserci stata, quanto soprattutto del fatto che le ‘anime’ di quegli antichissimi uomini pagani che hanno dato vita alle loro religioni si erano ‘ricordate’ di qualcosa di vero, confusamente.
Le anime di questi antichi antenati si sono ricordate solo ‘confusamente’ di quei fatti remoti perché ormai esse non facevano più parte – distaccate come erano dal ceppo originario della religione giusta, religione rivelata da Dio – della religione rivelata per eccellenza, e quindi non erano più illuminate da Dio se non attraverso quei barlumi di Verità vista nell'attimo creativo, barlumi che emergevano a sprazzi dal loro subconscio.
A chi nutrisse dubbi - aggiungo io - sulla possibilità che dal proprio subconscio possano affiorare ricordi che sono stati dimenticati dall’io-cosciente, basti leggere qualche testo scientifico di psicanalisi o di psicologia dell’inconscio.
Sono ben noti quei casi di repertorio in cui viene realizzata sul soggetto una regressione ipnotica che lo porta poi a fare emergere fatti e sensazioni non solo dell’età natale ma addirittura prenatale, nel seno della madre.
Siamo giunti a questo punto alle soglie dell’inverno e si avvicina finalmente il momento del rientro dei membri del gruppo apostolico in seno alle rispettive famiglie.
Gesù rientra anch’egli a Nazareth per un meritato riposo da trascorrere in casa insieme alla sua … Mamma.
Riprenderemo la narrazione con l'inizio del terzo anno.


1  M.V.: ‘L’Evangelo…’ – Vol. IV, Cap. 273 – C.E.V.
Inoltre G.L. : “Il Vangelo del grande e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. I, Cap. 11 – Ed. Segno, nonché sito internet.
2  G.L.: “Il Vangelo del ‘grande’ e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. I, Cap. 12 – Edizioni Segno, 2001
3  Lc 10, 1-12
4  Mt 25, 14-30
5  Lc 10, 25-37
6 G.L:“I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. II, Cap. 4 ‘Maria di Magdala? Pietro: «No, sai. Dal lago e dal mestiere ho imparato diverse cose, e una è questa: che pesce d’acqua dolce e di fondale non è fatto per acqua salsa e corsi vorticosi».
7  G.L.: “I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. III, Capp. 15 e 16 – Ed. Segno – vedi anche sito internet dell’autore
8  Nota: la tematica della creazione dell'uomo e del Peccato originale con le sue conseguenze è trattata in molte opere dell'autore. Fra le ultime vedere il terzo volume de "LA GENESI BIBLICA FRA SCIENZA E FEDE - I sei giorni della Creazione dal Big-bang al Peccato originale", Ed. Segno, 2006 consultabile anche sul sito internet dell'autore http://www.ilcatecumeno.net
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