VoceALTA-097 - ilCATECUMENO.it

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VOCE NARRANTE ♫ SIMONA SERAFINI

097. San Paolo. Alcuni episodi salienti della sua vita avventurosa.

Nel momento in cui ci accingiamo a commentare le ‘Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani’, mi pare opportuno ed interessante presentare innanzitutto la figura di Saulo/Paolo per come essa emerge dagli Atti degli Apostoli.
Giovanetto, probabilmente dopo il compimento dell'età di dodici anni, che era considerata dagli ebrei la ‘maggiore età’, Paolo aveva lasciato Tarso per trasferirsi a Gerusalemme.
Era dunque coltissimo, un fariseo che non solo aveva studiato al ‘Tempio’, che era anche una sorta di ‘Università’ religiosa con rabbi prestigiosi come oggi ad esempio la  'Università Pontificia Gregoriana' a Roma, ma aveva seguito gli studi sotto l’insegnamento del grande Rabbi Gamaliele, personaggio quest’ultimo molto importante che ritroviamo negli Atti degli Apostoli e la cui figura emerge con assoluto rilievo dalla stessa Opera valtortiana dove la mistica – immediatamente dopo la morte di Gesù quando un terremoto scosse le fondamenta del Tempio –lo vedrà in visione sotto la Croce invecchiato per il dolore e piangente ai piedi di Gesù, per non aver saputo riconoscere il Messia, al tempo dovuto, dalla sua sapiente predicazione e miracoli straordinari. Per inciso, Gamaliele, nell’Opera della mistica si convertirà poi al Cristianesimo.
Gli atti raccontano con molti particolari la vita di San Paolo che dire ‘romanzesca’ è poco.
Poco dopo la lapidazione del giovane Stefano, il primo martire cristiano, si scatenò una grande persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme e molti discepoli – eccetto gli Apostoli – si dettero ‘alla macchia’ rifugiandosi nelle località più lontane della Giudea e soprattutto nella Samaria, regione poco amica di Gerusalemme per ragioni di conflitti storici e diversità di religione, terra per di più concessa dagli stessi samaritani come ‘zona rifugio’ per i fuggiaschi dalla Giudea.
Dopo la sua ‘folgorazione’ sulla strada per Damasco - città verso la quale Saulo, poi divenuto ‘Paolo’, era diretto al comando di milizie ebraiche per catturare dei cristiani - egli cominciò a predicare il Vangelo nella stessa Damasco.
La sua evangelizzazione – grazie al temperamento - era appassionata, colta e  convincente. Non mancarono dunque le adesioni alla nuova Dottrina da parte di molti giudei locali ai quali egli – eruditissimo nelle Scritture dell’Antico Testamento - seppe far comprendere come le antiche profezie messianiche ben si riferivano a Gesù che era dunque da considerare l’atteso Messia, per di più nell’epoca giusta profetizzata cinque secoli prima dal Profeta Daniele, la famosa profezia 'messianica' delle ‘settanta settimane’… di anni.
Un Messia, tuttavia, spirituale e non un Condottiero ‘Re dei re’ che avrebbe governato fino agli estremi confini del mondo, come gli ebrei di allora – interpretando materialmente le Sacre Scritture e desiderosi di rivincite nei confronti dei loro nemici storici dei secoli precedenti e soprattutto nei confronti della ‘Roma padrona’ che li aveva sottomessi ancor più recentemente - se lo erano immaginato o come lo avrebbero voluto per sottomettere il mondo.
Questa predicazione, a cominciare dagli ebrei nelle loro stesse sinagoghe e le loro numerose defezioni a favore del Cristianesimo, provocarono tuttavia la reazione degli altri giudei che si diedero allora a tramare, facendolo pedinare, osservando le sue abitudini, le sue amicizie e frequentazioni, insomma tutto quanto fosse servito al fine di cogliere il momento giusto per sequestrarlo e poi ucciderlo.
Anche Paolo aveva però i suoi ‘informatori’ per cui i suoi discepoli – di notte – lo portano sulle mura della città, lo infilano in una cesta e lo calano giù per farlo fuggire e metterlo in salvo.
Egli si reca allora a Gerusalemme per prendere contatto con i discepoli locali.
Costoro tuttavia – memori delle sue persecuzioni precedenti – non credevano alla sua conversione e ne È Barnaba – discepolo influente - che a questo punto prende in mano la situazione, garantisce sulla sua conversione e sui grandi risultati ottenuti dalla sua predicazione a Damasco e infine lo presenta agli stessi Apostoli che – dopo aver discusso anche animatamente fra di loro ed averlo ascoltato  - finiscono per accettare Paolo.
Gli apostoli – che erano pieni di fede ma non erano colti - non poterono non rimanere affascinati dalla sua cultura teologica e dalla sua personalità.
Paolo inizia i suoi primi viaggi apostolici poiché gli viene appunto affidata la missione della predicazione presso i pagani.
Egli – come già detto - predicava con grande efficacia intellettuale ed oratoria e la sua sapienza emerge anche oggi con chiarezza dal tenore delle sue varie Epistole dalle quali traspare la profondità del suo pensiero e la sua capacità di penetrazione della Dottrina cristiana dovuta ad una attenta meditazione e cultura, oltre che ispirazione necessaria alla sua particolarissima missione.
Paolo, proprio per queste ragioni e queste sue capacità, venne perciò considerato una ‘Mente’, un 'Leader' dei cristiani e quindi ritenuto un grave pericolo dai sacerdoti del Tempio e dai Sinedristi i quali cominciarono a brigare sempre di più per incriminarlo, catturarlo e metterlo a morte.
Nuova fuga e – dopo una prima tappa a Cesarea – un successivo rifugio in Cilicia, a Tarso, sua città di origine che era anche capoluogo amministrativo della regione.
Paolo era un ebreo della diaspora pur avendo un nome di origine latina, sia pur derivato per assonanza dall’originale ebraico Saul/Saulos.
Egli era anche insignito - per via del proprio padre - della cittadinanza romana ed era quindi un personaggio di sintesi fra la cultura ebraica, greca e romana, fatto questo che, anche per la conoscenza delle tre lingue, lo rendeva adatto a ricoprire il ruolo – come in effetti avverrà in seguito – di apostolo dei pagani dei quali conosceva la 'psicologia' ed ai quali sapeva parlare con il loro ‘linguaggio’.
La sua conoscenza delle lingue, utile allora come per noi oggi, gli sarebbe stata infatti preziosa non solo per poter ‘comunicare’, come pure a questo stesso scopo lo sarebbe stata la sua conoscenza della diffusa cultura greca ed ellenistica, ma anche per inserire l’insegnamento della Dottrina cristiana nel filone e nelle ‘categorie’ filosofiche della cultura universalistica greco-romana allora dominante.
Paolo viene inviato con Barnaba a Seleucia, da dove poi i due partono via mare per Cipro, isola nella quale non mancano incidenti ‘burrascosi’. Poi, ancora, viaggi e viaggi con avventure e disavventure di vario genere sempre a causa della predicazione del Vangelo.
Paolo era dunque un coraggioso che non temeva il pericolo e rischiava spesso la vita pur di annunciare Gesù.
Dopo aver attraversato l’Asia minore,  lo vedremo in Macedonia.
Venne anche imprigionato, riacquistando poi fortunosamente – e direi anzi miracolosamente – la libertà grazie ad un provvidenziale terremoto che fece crollare le mura del carcere: ne approfitterà, comunque, per convertire il direttore stesso del carcere.
Lo rivediamo quindi a Salonicco (Tessalonica), poi ad Atene e infine a Corinto dove (intorno al 57/58 d.C.) scrisse la famosa ‘Epistola ai Romani’ oggetto ora di questi nostri 'Pensieri'.
Di norma i discepoli che visitavano le varie comunità non avevano mezzi di sostentamento e vivevano degli aiuti dei loro ospiti. Paolo – che sapeva svolgere bene l’attività professionale di lavoratore di tende e fibre tessili – amava invece mantenersi da solo lavorando con le proprie mani ed in tal senso non perdeva occasione per invitare i discepoli a non voler pesare economicamente sugli altri.
La sua missione, come già detto, era quella - in conformità al preciso mandato conferito espressamente da Gesù agli Apostoli anche poco prima dell'Ascensione -  di fare proselitismo…
Non solo verso gli ebrei ma soprattutto presso le ‘Genti’ cioè i pagani. Infatti  dovunque egli andasse formava piccoli gruppi che facevano ‘chiesa’ ed a poco a poco si allargavano acquisendo nuovi proseliti
Se non ci fosse stato Proselitismo fin dalle origini oggi il Cristianesimo non esisterebbe!
Paolo andrà anche ad Efeso, dove pure non mancarono i tumulti contro di lui, e quindi ancora viaggi e viaggi, rivisitando nell’Asia minore le comunità fondate in precedenza per confermarle nella fede, risolvere controversie e dispensare consigli.
Insomma, ho letto libri e libri sulla vita di Paolo, e non è qui possibile continuare oltre se non per dire che – dopo un ritorno a Gerusalemme ed una ennesima congiura del Sinedrio - questo decide di ammazzarlo una volta per tutte.
Paolo ne viene però informato segretamente, ma ne fa intelligentemente ed astutamente mettere al corrente il tribuno romano di Gerusalemme il quale – forse temendo per l’ordine pubblico - decide di sottrarlo a questo tentativo allontanandolo da Gerusalemme e facendolo scortare a Cesarea presso il Governatore Felice affinché questi lo giudicasse in maniera imparziale.
Paolo doveva essere veramente diventato famoso e pericoloso per i giudei se in questo viaggio - come narrano gli Atti degli Apostoli – venne fatto scortare addirittura da duecento soldati, più duecento arcieri e settanta cavalieri.
Neanche ai superterroristi odierni vengono assegnate scorte del genere. Roma non temeva tanto i colpi di mano degli amici di Paolo quanto quelli dei suoi nemici sinedristi.
Le accuse dei Giudei di fronte al Tribunale di Felice furono in sostanza quelle che già avevano avanzato in precedenza nei confronti di Gesù davanti a Pilato: sobillatore e sedizioso e quindi un pericolo per Roma.
Il Governatore Felice, che in realtà non vedeva in lui alcuna colpa - come del resto non le aveva viste in precedenza lo stesso Ponzio Pilato nei confronti di Gesù, pur avendolo poi condannato a morte dietro pressione politica del Sinedrio - temporeggiò decidendo tuttavia di tenerlo in prigione per non inimicarsi troppo la lobby ebraica che a  Roma era potente e avrebbe quindi potuto influenzare negativamente l’Imperatore anche nei propri confronti.
Preoccupazione, questa, che era stata anche quella di Pilato che, minacciato, aveva infine deciso, quanto alla richiesta giudaica di condanna a morte di Gesù, di… 'lavarsene le mani' per quieto vivere.
Felice venne però avvicendato dal nuovo Governatore Festo e i giudei tornarono alla carica con quest’ultimo per convincerlo ad inviare Paolo a Gerusalemme per farlo giudicare nella sua nazione di origine. In sostanza essi volevano ottenere quel che oggi verrebbe chiamato un 'mandato di estradizione’.
Essi in realtà non avevano la minima intenzione di farlo arrivare vivo a Gerusalemme, perché contavano appunto – narrano sempre gli Atti degli Apostoli – di farlo prudenzialmente assassinare nel corso del viaggio di trasferimento, magari con scorta militare ridotta.
Davvero notevole questa spregiudicatezza e cinismo giudeo che tuttavia non deve meravigliare perché - come già detto - fu usato prima ancora nei confronti di Gesù, come narrano i Vangeli, in particolare quando – a seguito dello strepitoso miracolo della resurrezione di Lazzaro dopo ben quattro giorni che era nella tomba: vale a dire un cadavere in disfacimento - i Capi del Sinedrio si convocarono in seduta segreta e – come racconta l’evangelista Giovanni - decisero di uccidere Gesù prima che a causa di quel miracolo divenisse troppo potente presso il popolo.
La resurrezione di Lazzaro, personaggio ricchissimo e potente, famoso e ben visto presso il popolo e presso Roma, era stata infatti considerata dal popolo di Gerusalemme come una prova assoluta dell'essere Gesù il profetizzato Messia, fatto che il Sinedrio ed i sacerdoti del Tempio non volevano assolutamente ammettere.
Essi temevano che il popolo già osannante alla incredibile notizia, lo avrebbe seguito e temevano la propria esautorazione religiosa e la perdita del potere politico.
Ma ritorniamo a Cesarea dove Paolo era stato tradotto.
Anche il Governatore Festo – pur convinto della non perseguibilità penale di Paolo – non voleva però inimicarsi i potenti giudei che, come già detto, grazie alla loro ricchezza erano molto influenti presso la Corte imperiale.
Festo cercò di liberarsi della sua ingombrante presenza proponendo allora a Paolo di accettare di essere ricondotto a Gerusalemme dove sarebbe stato giudicato dai giudei, ma alla sua stessa presenza, che sarebbe stata una sorta di garanzia di imparzialità, visto che anche secondo Festo in Paolo non si poteva riscontrare in lui alcuna colpa penale.
Paolo - al quale certo non mancava l'intelligenza e anche una certa furbizia politica - intuì tuttavia il pericolo e, proclamando ancora una volta la sua innocenza rispetto ad accuse che gli stessi accusatori giudei non erano in condizione di provare, rispose a Festo che egli insisteva per essere giudicato a Cesarea dal Tribunale romano.
Di udienza in udienza, alla fine Paolo viene considerato ‘non colpevole’ ma poiché egli in precedenza aveva fatto presente di avere la cittadinanza romana e di avere quindi il diritto/privilegio di essere giudicato in Roma -  a Cesarea decidono di liberarsi finalmente della ‘grana’ politica facendolo tradurre prigioniero a Roma per un giudizio definitivo nella capitale.
Finito? No, perché ancora una volta il viaggio per mare sarà avventuroso, con una tempesta nelle acque di Creta ed un successivo naufragio a Malta con il battello arenatosi su una lingua di terra.
I naufraghi, guidati e consigliati – ironia della sorte - dallo stesso prigioniero Paolo, abbandonano il rottame della nave e si salvano raggiungendo la riva a nuoto  aggrappandosi a tavole e rottami di nave.
A Malta non mancheranno miracoli operati da Paolo che viene quindi osannato dal popolo e gratificato da altre conversioni, finché però – alcuni mesi dopo – una nave giunge nell’isola a prelevarlo per condurlo finalmente a Roma (61 d.C.).
Egli – in quanto anche lì non giudicato colpevole di cose gravi - verrà condannato ad una pena mite, cioè ‘alla libera custodia’,  vale a dire non al carcere ma ad una 'libertà vigilata', legato con una catena al braccio sinistro di un soldato di guardia che lo segue ovunque come un’ombra.
In sostanza Paolo poteva vivere per conto suo - in una casa propria, forse affittata, o presso la casa di amici - con il soldato di guardia al seguito, in quella che oggi potremmo chiamare, anche se impropriamente, una sorta di ‘arresti domiciliari'.
Poiché però i soldati di guardia si avvicendavano, Paolo ne approfittava per parlare di Gesù a ciascuno di loro e convertirli.
Insomma nonostante l’odio e la potenza politica della antica comunità giudaica di Roma, la casa di Paolo divenne – forse grazie anche alla sua figura di ‘martire prigioniero per la fede in Gesù’ – un centro di irradiazione del movimento cristiano in seno alla Roma pagana.
Racconta infatti Tacito che nell’anno 64 d.C. la comunità cristiana abbracciava una ‘ingens multitudo’: quindi si può supporre parecchie migliaia di persone, rispetto ad una comunità ebraico-ortodossa che all’epoca era valutata in 30.000 persone.
Di questa ‘multitudo’ facevano parte gente del popolo, classi sociali abbienti ma anche membri della aristocrazia romana che avevano conosciuto Gesù e gli apostoli in Palestina.
I cristiani furono però periodicamente perseguitati anche a Roma grazie alla influenza e alle denunce della Comunità ebraica locale. Infatti la religione cristiana non era nella lista di quelle ammesse e riconosciute dalle leggi dell’Impero Romano ed i cristiani erano in sostanza – dal punto di vista ‘religioso’ e penale – dei ‘fuorilegge’.
Le date e la successione esatta di quei lontani avvenimenti non sono tutte condivise dagli storici anche perché vi sono divergenze di vedute – con uno sfasamento di alcuni anni – su quella che sarebbe stata la effettiva data di nascita (e quindi di morte di Gesù), data di nascita che alcuni studiosi dicono ora essere avvenuta qualche anno prima di quanto in precedenza ritenuto mentre altri ritengono qualche anno dopo.
Dopo una prima prigionia a Roma ed una successiva rimessa in libertà - che gli consente dei viaggi in Oriente, a Creta e in Spagna -  Paolo, sempre in ragione della sua professione e attività di Fede, verrà nuovamente arrestato per una seconda prigionia.
Dopo l’incendio di Roma sotto Nerone, la colpa fu fraudolentemente addossata alla comunità cristiana e - siamo nel luglio del 64 d.C. - una nuova tremenda persecuzione si abbatte su di essa.
Seguirà la condanna a morte di Paolo per decapitazione (si ritiene intorno al 67/68 d.C.) presso la località romana detta delle Tre Fontane, così chiamata perché – si racconta – la sua testa rimbalzò su un declivio in tre punti diversi distanti qualche metro l’uno dall’altro e là dove rimbalzò ebbero a spuntare miracolosamente tre sorgenti, appunto le ‘tre fontane’.
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