VoceALTA-035 - ilCATECUMENO.it

Vai ai contenuti
VOCE NARRANTE ♫ SIMONA SERAFINI
Gennaio 2006
035. L’arretramento del sole nel miracolo di Isaia e l’annientamento con tsunami dell’armata assira di Sennacherib

Uno dei postulati del positivismo ateo è che le leggi della fisica siano eterne ed immodificabili da parte di chicchessia, tantomeno – secondo il pensiero di questa categoria di positivisti - da parte di quella Entità che i credenti delle varie religioni monoteiste si «ostinano» a voler chiamare «Dio».
Nulla più del pregiudizio ideologico-religioso oscura infatti l’intelletto anche delle persone più ‘dotate’ tanto da accecarle al punto di non vedere neanche l’evidenza della realtà che ci circonda.
Secondo costoro, l’Universo è una sorta di incidente cosmico nato dal Caso e creatosi da sé, la vita è nata per caso da sé, l’uomo non è stato creato da Dio ma è frutto di una evoluzione casuale – di animale in animale - derivata da una prima cellula primordiale formatasi per caso da sé e comunque, nella migliore delle ipotesi, l’uomo discende da una scimmia.
Ma se in natura ci troviamo invece di fronte all’evidenza di un Progetto dell’Universo palesemente intelligente, è chiaro a chiunque sia dotato di un comunissimo buonsenso che vi deve essere stato Qualcuno che lo deve aver prima pensato e poi attuato fissandone le forze e le leggi che ne avrebbero regolato l’esistenza ed il ‘funzionamento’.
Questo Qualcuno, che noi chiamiamo Dio e che è capace di creare dal nulla, non sarà però anche capace di modificare quelle sue stesse forze e leggi quando lo riterrà utile ai propri insondabili scopi?
Abbiamo già parlato in precedenza1 di quel •Fermati, o sole!• legato al miracolo solare di Giosuè spiegandone la dinamica secondo Crombette, forse però non tutti conoscono quello che nella Bibbia viene chiamato il miracolo ‘solare’ di Isaia.
Vi racconterò quest’ultimo alla mia maniera, per sommi capi.
Siamo nell’anno 14 di Ezechia, re di Giuda, cioè all’incirca 700 anni prima di Cristo, qualche secolo dopo il precedente miracolo di Giosué. A quell’epoca le potenze politiche dominanti del Medio Oriente erano costituite dall’impero assiro, da quello babilonese e da quello egizio, spesso in competizione e in conflitto per l’affermazione della loro rispettiva supremazia e per il dominio sulle altre popolazioni.
Gli stati minori o ‘satelliti’ – come vediamo succedere anche oggi – si accodavano, per paura o convenienza, chi all’uno e chi all’altro o venivano assoggettati dall’uno o dall’altro.
Ezechia era tributario del re di Ninive, Sennacherib. Anche i vangeli fanno capire come il popolo ebreo, fiero e ribelle al giogo straniero, fosse poco incline a pagare le tasse, specialmente ai romani.
Ezechia, sperando di affrancarsi non solo dalle tasse ma anche dal giogo, si era segretamente alleato con gli egiziani governati dai faraoni. Il Re assiro, che non era stupido, lo aveva però capito ed aveva iniziato una campagna militare regionale che includeva fra i suoi obbiettivi la distruzione di Gerusalemme e la conquista del Regno di Giuda.
Ezechia aveva allora fortificato la città e vi si era asserragliato temendo di dover soccombere di fronte alla potenza dell’armata di Sennacherib forte di oltre duecentomila guerrieri che avevano cominciato a stringerla d’assedio.
Crombette spiega e ricostruisce che è durante questa vicenda bellica che avviene il famoso miracolo lunisolare di Isaia sul quale così tanti studiosi – da secoli – si sono arrovellati, episodio che è legato ed é contestuale sia alla miracolosa guarigione di Ezechia che alla misteriosa distruzione dell’esercito nemico che lo scrivano del ‘Libro dei Re’ della Bibbia attribuisce ad un angelo del Signore. 2
Potete leggervi i vari passi asettici della Bibbia citati in nota, ma immaginiamoci ora insieme la situazione.
Ezechia era un re giusto, restauratore della religione, stimato dal popolo e amato da Dio, ma era caduto gravemente ammalato proprio nel momento in cui avrebbe dovuto essere più sano e vitale per la difesa della sua terra e del suo popolo. Egli giace nel suo letto affetto da una qualche forma ulcerosa che era degenerata al punto che lo avrebbe condotto a morte.
Il profeta Isaia si presenta infatti a lui annunciandogli che Dio gli faceva sapere che sarebbe morto di questa malattia e che quindi facesse quanto era necessario per sistemare per tempo gli affari di Stato e quelli famigliari.
Possiamo immaginarci il povero Ezechia! Assediato, malato e per di più senza alcuna speranza di vivere, visto che era Dio stesso che gli faceva sapere che avrebbe dovuto morire.
Ezechia, figlio di Acaz (Matteo 1, 5-10), era discendente del re Davide e dalla sua futura progenie avrebbe dovuto nascere – secondo le profezie – il Messia di Israele che avrebbe ‘governato’ il mondo, insomma Gesù Cristo. Ezechia però non aveva ancora avuto figli e allora, morto lui, addio discendenza’, ‘addio sogni di Gloria e di Messia’, ma – soprattutto - ‘addio Ezechia’…
Egli si dispera, si volge nel letto verso la parete del muro e piange cocenti lacrime non ritenendo ‘giusta’ – come anche noi avremmo detto al suo posto - quella sua morte prematura, e ricordando a Dio – come invece raramente potremmo dire noi - di essergli sempre stato servitore fedele ed integro.
Dio – che evidentemente aveva tutto previsto e forse voleva solo metterlo alla prova per fargli toccare con mano il proprio amore e la propria potenza – gli fa rispondere da Isaia di aver visto le sue lacrime accorate, di averle ascoltate e di avere accolto la sua supplica. Dio lo avrebbe dunque guarito prolungandogli la vita di altri 15 anni. Inoltre Dio fa dire ad Isaia che di lì a soli tre giorni egli, Ezechia, sarebbe salito al Tempio di Gerusalemme, aggiungendo che Dio l’avrebbe protetta dagli assiri di Sennacherib ‘per amore di Sé e dell’antenato Davide servo di Dio’.
Che Dio avesse amato Davide, per voi che leggete sempre la Bibbia…, è un fatto scontato ma lascio qui a voi il compito di indovinare perché mai Dio disse che avrebbe fatto tutto ciò anche per amore ‘di Sé’.
Potete comunque figurarvi il sospiro di sollievo di Ezechia il quale, non perché dubitasse della Parola di Dio ma forse perché preso dal dubbio che il suo amico Isaia non avesse capito del tutto bene la Parola del Signore, chiede al grande Profeta se Dio potesse almeno dargli un segno ‘sicuro’ della verità della profezia proferita da Isaia.
Dio – con il ‘segno’ chiesto da Ezechia - prende due piccioni con una fava: salva Gerusalemme ed il suo popolo da Sennacherib, ma si assicura anche …
Ed eccoci qui al miracolo di cui parlavo in premessa sulla modifica delle leggi e delle forze che disciplinano la creazione: Isaia gli risponde che Dio gli offre la scelta fra due ‘segni’ alternativi.
O l’arretramento di dieci gradi dell’ombra dell’orologio solare oppure il suo avanzamento.
Crombette – ve l’ho già detto e potrete verificarlo consultando il sito internet con i suoi libri tradotti in italiano – è un genio multidisciplinare e potrebbe dirvi tutto sul funzionamento di quegli orologi antichissimi.
Per brevi cenni vi dirò che questo arnese – che molti ritengono fosse stato inventato dai sumeri che erano particolarmente versati nell’astronomia - era una sorta di ‘meridiana’ che in alcuni ‘modelli’ era costituito da una pietra concava nella quale era infissa un’asta metallica terminante con un piccolo sole, asticella che proiettava la sua ombra sulle pareti interne suddivise in tratteggiature verticali ed orizzontali che si intersecavano formando come dei ‘quadratini’ detti ‘gradi’.
L’ombra proiettata sui gradi marcava le ore e le frazioni di ora, in ogni differente stagione: fare retrocedere l’ombra sui gradi significava di fatto – dal punto di vista della luce solare - tornare indietro di alcune ore nell’arco della giornata.
Ezechia era ben abituato a vedere spostarsi naturalmente l’ombra in avanti e fu forse per questo che – non per mettere maliziosamente alla prova Dio ma per essere ben certo che il segno fosse un vero miracolo – egli preferì scegliere l’arretramento, fatto che da lui non era stato mai osservato prima di allora. E Dio – che da fuori del Tempo conosceva però in anticipo quale sarebbe stata la scelta di Isaia – eseguì, sapendo bene di prendere in tal maniera ‘due piccioni con una fava’, come fra poco comprenderete.
Nel caso del •Fermati, o sole!• di Giosuè, Crombette spiegò con calcoli ed argomenti scientifici come la Terra - ruotante su se stessa – dovette rallentare la velocità di rotazione, fermarsi e poi ripartire gradualmente nella sua direzione abituale di rotazione.3
Nel caso di Isaia - spiega Crombette4 - la terra rallentò, si fermò e ripartì ma nella direzione opposta al suo senso abituale di rotazione, salvo arrestarsi nuovamente dopo che l’ombra della meridiana era retrocessa di dieci gradi per poi ripartire e questa volta nella originaria direzione della propria rotazione fino a riprendere gradatamente la propria normale velocità intorno al proprio asse.
Furono questi rallentamenti e ripartenze – sia pur ‘addolciti’ da Dio con molta  gradualità - a produrre un movimento inerziale delle acque marine, vale a dire lo Tsunami di cui parlano i geroglifici egiziani.
Non vi dico comunque quanti esegeti si siano sbizzarriti facendo illazioni su questo brano biblico dell’arretramento dell’ombra solare: dall’accusa di infantilismo ed ignoranza allo scrivano biblico, di superstizione quando non anche di mistificazione mitologica, ai tentativi – nei commenti più benevoli - di giustificare il racconto attribuendo il fenomeno ad una qualche forma di illusione ottica o a qualche effetto di rifrazione che avesse dato l’impressione di un arretramento dell’ombra, mai più pensando – neanche i teologi cattolici più benevoli – ad una qualche modifica delle leggi fisiche di natura che avesse coinvolto la rotazione su se stessa della Terra.
Impossibile! Persino a Dio! La mentalità ‘razionalistica’ dei nostri tempi non risparmia neanche i migliori.
Crombette incappò inoltre nel seguente geroglifico egiziano:5

                  
che egli (dopo i titoli del re, prima linea) con il suo metodo di decrittazione legge:
Hahe  Mein  Hi  Nehi  Hi Rê  Hi  Oua  Djolh  A  Nêb  Hi  Phe  På Beschouôinischo  Sôouhitês  Ti  Hi  Snau  Thai  Laschôschi  Hi  Ai  Hi  A  Mehi  Hahêou  Ei.
Questa scritta è stata già oggetto di difficoltose e divergenti decrittazioni da parte degli egittologi, traduzioni che Crombette analizza dettagliatamente ma il cui solo elemento comune concordante consisteva nell’accenno vago ad un misterioso quanto incomprensibile fenomeno celeste che aveva coinvolto il sole, la luna e la morte contestuale di numerosi guerrieri di un esercito nemico degli egiziani.
Crombette ne ha fatto invece da parte sua la seguente decrittazione, chiara nel suo significato logico, che egli riesce soprattutto a datare e ad attribuire al faraone Takelothis IIIsud che regnò a Tebe prima come vicerè di suo padre Osorton IVsud e poi egli stesso come faraone dal 704 al 670,5 a.C.,  cioè l’epoca in cui regnò anche Ezechia:
«È sopraggiunto nei dintorni un prodigio notevole a causa del sole che, già venuto, ha retrogradato riportando l’oscurità: il cielo, tornato indietro, ha svelato la luna la cui faccia era scomparsa; le stelle sono comparse nella zona che la circonda; la mattina si è attardata; i nemici temibili, distrutti in strada, hanno riempito in moltitudine una lunga estensione della regione inferiore»
Dalle parole che vi ho sottolineato in grassettto possiamo dedurre, con un altro piccolo sforzo di immaginazione, che il miracolo dovette avvenire di mattina, poche ore dopo la levata del sole. Il fenomeno solare, che in realtà fu ‘lunisolare’, dal punto di vista dell’apparenza dovette manifestarsi per gli egizi, che poi scolpirono su pietra quello straordinario e per essi terrificante avvenimento, come un arresto graduale della marcia in avanti del sole, un suo successivo arretramento verso il basso dell’orizzonte con una conseguente diminuzione della luminosità ed un ritorno del buio preesistente al sorgere del sole, con riapparizione di stelle e luna.
Infine con un ritorno graduale del sole con una luce sempre più piena come un nuovo sorgere del giorno che spiega quella loro frase riguardante la mattina che si era come attardata. In tale circostanza gli egizi incidono anche che dei loro ‘temibili nemici’ vengono ‘distrutti in strada’, vale a dire mentre sono in marcia, ed i loro corpi disseminati su una larga estensione di territorio.
Crombette decritta però con il suo metodo anche un’altra famosa e controversa iscrizione egizia, quella detta ‘dell’eclisse’ datandola allo stesso periodo e legandola per analogia alla precedente iscrizione.
Il passaggio – dice Crombette - che ha fatto scorrere tanto inchiostro è il seguente (secondo Budge)6:
     
               
Crombette chiarisce che non fu una semplice eclisse come venne da taluni ritenuta ma traduce poi in chiaro7 con il suo metodo detto testo geroglifico nei termini seguenti:
‘Mai, nell’antichità, le moltitudini avevano contemplato nella vallata simile sconvolgimento; i profeti stessi sono stati gettati in un grande buio; il sole, dopo essersi elevato in alto, è andato sotto terra, privando di luce le moltitudini; il cielo, che si era prima ingrandito, mangiando la luna, l’ha rilasciata, contro l’abitudine, facendola tornare; il mare, potente, si è precipitato fuori dei suoi limiti, elevandosi al di sopra delle case, gettando i pescatori in fondo all’acqua; una moltitudine di abitanti è stata colpita per la grande rapidità dello sconvolgimento; i grani sono stati seminati senza profitto; il grande re della località più numerosa delle altre ha deciso di esentare dal pagamento dell’imposta fino a quando avrà luogo la mietitura che deve arrivare’
Sempre in estrema sintesi vi dico che Fernand Crombette nel suo libro argomenta e precisa che si tratta proprio – riportato dagli egiziani che hanno vissuto il fenomeno marino sulla propria pelle – della descrizione del miracolo ‘lunisolare’ di Isaia e dei suoi catastrofici effetti, episodio nel corso del quale, in forza appunto del conseguente Tsunami, l’esercito assiro di Sennacherib – che aveva temporaneamente lasciato l’assedio di Gerusalemme per dirigersi contro l’esercito egiziano in marcia verso la Palestina - venne sorpreso dalle acque del mare ed annientato con quei 185.000 morti di cui parla lo scrivano della Bibbia, nei passi precedentemente già citati in nota, attribuendone la fine tragica all’angelo del Signore.
Credo che l’esercito egiziano, che era in cammino ma doveva essere ancora ben lontano da quei luoghi, non abbia potuto assistere in tempo reale alla distruzione dell’esercito assiro, ma certamente trovò i corpi sparpagliati dei guerrieri rinvenuti misteriosamente morti quando – a Tsunami ormai finito e mare ritirato – giunse in quegli stessi luoghi.
Questa calamità – fa osservare Crombette – è un episodio narrato anche dallo storico Erodoto, ma sulla base di una versione ‘interessata’ che aveva detto essergli stata fornita da un prete egiziano che gli aveva parlato di quella famosa e tragica campagna militare di Sennacherib in Giudea.
Il prete – per valorizzare i suoi dèi - aveva però attribuito infantilmente la distruzione dell’esercito assiro ad una invasione di topi di campagna mandati dagli déi egizi, roditori che avrebbero nottetempo rosicchiato corde di faretre, archi e scudi dei soldati assiri che – impossibilitati a combattere - sarebbero stati così sterminati dagli egiziani.8
F. Crombette9 - calcolando varie circostanze ricavabili dalla Bibbia, velocità di marcia dell’esercito assiro, distanze chilometriche e topografia dei luoghi - ricostruisce da par suo la presumibile dinamica e concatenazione degli avvenimenti:
                       
Sennacherib manda i suoi ambasciatori sotto le mura di Gerusalemme per convincere Ezechia ad arrendersi, ma intanto viene a sapere che gli egizi, alleati di Gerusalemme, si erano messi in marcia verso di lui. Poiché però le truppe egizie temporeggiavano nella marcia - attendendo di unirsi a quelle del re di Etiopia, loro alleato, che stava procedendo a tappe forzate per unirsi a loro - Sennacherib, da esperto stratega, decide di non attendere e di andare incontro agli egizi per prenderli di sorpresa in contropiede e batterli separatamente prima del loro congiungimento con gli etiopi. Ma quando, oltre Gaza, Sennacherib è già a pochi chilometri dal passaggio di Peluse (la porta di accesso da e per l’Egitto) e si addentra nella striscia di terra che si insinua fra il mare Mediterraneo da un lato ed il lago Sirbon dall’altro, sotto il monte Casius, egli viene sorpreso dagli effetti del miracolo solare di Isaia.
Preso fra il lago e le acque dello Tsunami marino, il suo esercito viene di colpo inghiottito dai flutti come era successo al faraone nel Mar Rosso quando inseguiva Mosé.
Sennacherib, salvatosi fortunosamente forse – come ipotizza Crombette - perché stava osservando dall’alto del monte Casius la sfilata delle proprie truppe, riparerà alla chetichella e pieno di vergogna a Ninive dove – come si racconta nel ‘Libro dei re’ della Bibbia - verrà però ucciso da due suoi figli mentre pregava nel suo tempio pagano.
Ecco dunque avverata sia la promessa di Dio sulla retrogradazione dell’ombra solare sull’orologio sia la promessa della salvezza di Gerusalemme grazie alla morte per annegamento di 185.000 uomini dell’esercito assiro che se furono misteriosamente ‘percossi’ dall’angelo del Signore, come dice lo scrivano de ‘Il Libro dei re’, lo furono grazie al cataclisma descritto, questo sì provocato dagli angeli che sono i ‘servitori’ di Dio.10
Ezechia - quasi certamente informato da qualche veloce trafelato corriere a cavallo sulla infausta ma per lui fortunata tragedia occorsa all’esercito assiro – per ringraziare solennemente Dio per lo scampato pericolo salì dunque al Tempio, nel terzo giorno11 successivo al miracolo di guarigione, come del resto Dio gli aveva profetizzato.
Ma poiché non siete stati ancora capaci di rispondere alla domanda che vi avevo sopra fatto su cosa significassero quelle parole di Dio ad Ezechia: ‘Proteggerò questa città per amore di Me…’, vi svelo l’interpretazione che ne dà F. Crombette…
Quando Dio parla lo fa nella sua Unità e Trinità attraverso il Verbo, cioè la sua Parola.  
Ed era ben il Verbo, Persona della Trinità, Colui che avrebbe dovuto incarnarsi sette secoli dopo in Gesù Cristo per redimere l’Umanità.
Salvando Gerusalemme e dando inoltre quindici anni di vita in più ad Ezechia, Dio avrebbe così dato tempo e possibilità al re di avere un discendente – come si evince dal  Vangelo di Matteo12- e cioè il figlio Manasse che gli avrebbe assicurato quella continuazione del ‘casato’ che si sarebbe conclusa con la nascita di Gesù, che infatti è il Verbo incarnato.
Fu dunque il miracolo ‘solare’ di Isaia, che comportò l’annientamento dell’armata assira impedendo la conquista e distruzione di Gerusalemme, quello che rese possibile settecento anni dopo anche la nascita di Gesù.
Oltre alla salvezza di Gerusalemme è dunque la nascita di Gesù quel secondo ‘piccione’ che – come vi ho sopra detto – Dio ha colto con quell’unica ‘fava’ del miracolo della retrogradazione del sole.
Ma Dio, se lo fece «per amore di Sé» e cioè per ‘proteggere’ insieme al popolo ebreo anche la futura nascita del Verbo-Gesù Cristo, lo fece soprattutto per amore degli uomini. Le porte dei Cieli, fino ad allora chiuse a tutta l’Umanità fin dal Peccato originale, si sarebbero infatti in futuro riaperte per i ‘giusti’ grazie al Figlio di Dio che, fattosi Uomo, avrebbe accettato di morire su una croce per ‘riscattare’ agli occhi del Padre una Umanità che si era ‘guadagnata’ con il proprio Sangue.
Riflessione finale.
Come racconta la Bibbia, Sennacherib aveva fatto irridere dai suoi ambasciatori di fronte a tutto il demoralizzato popolo ebraico il loro Dio Javhè, accusato di impotenza rispetto ai suoi dèi pagani ed alla potenza del suo esercito.
La morte dei 185.000 guerrieri dell’armata assira – fatto che per il numero delle vittime ci lascia allibiti facendoci dubitare della ‘bontà’ del ‘nostro’ Dio cristiano - ben valeva invece la vita di parecchie centinaia di migliaia di ebrei: uomini, donne e bambini, che secondo gli ‘usi’ di quell’epoca barbarica, sarebbero stati passati a fil di spada e deportati, ma soprattutto valeva bene la vita eterna in Cielo – grazie alla futura Redenzione di Gesù - per le anime di milioni e milioni di uomini ‘giusti’ vissuti nelle generazioni passate e che, molto più numerosi, sarebbero vissuti in quelle future.
Quell’ecatombe dunque non ci scandalizzi: Dio – come una volta mi disse un sapiente amico – pensa, giudica ed agisce sempre in maniera soprannaturale, e non fa cose ‘non buone’, anche se a noi umanamente sembrano sbagliate.


1  Vedi la rivista ‘Il Segno del soprannaturale’ – Anno XVII - luglio 2005 – n° 205, Ed. Segno
2  Quanto ai riferimenti biblici sui fatti che sono oggetto di queste riflessioni, vedere:
- Volgata: II RE , Capp. 18-19-20
- Libro di Isaia : Capp. 36-37-38-39
- Ecclesiastico – Siracide:  XLVIII, 24
- Paralipomeni (o Cronache): 2 Cron. XXXII, v. 21
3  F.Crombette: ‘Galileo aveva torto o ragione?’–Vol. II, 42.34, pagg. 143/161 – sito Ceshe-Italia
4  F. Crombette: come sopra, pagg. 163/180
5  Vedi sito internet Opera sopra citata, pag. 161
6  ‘A history of Egypt’, vol. VI, pag. 90, Kegan Paul, London, 1902.
7  vedi sito internet Ceshe-Italia:  ‘Galileo aveva torto o ragione?’ – Vol. II, 42.34, pag. 175
8  Erodoto, tradotto da Legrand, pag. 165,166, Les belles lettres, Parigi, 1936
9  vedi opera sopra citata, pagg. 163-180
10  Volgata: Libro dei Re (II), Cap. 18-19-20
11  Volgata: Il libro dei re (II) 20, 8
12  Matteo 1, 5-10

Torna ai contenuti