RiPAR-100 - ilCATECUMENO.it

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100. Mi viene a trovare un amico: «Padre, ma con tanti farabutti,
       proprio me devi prendere»?...
Oggi – dopo due anni che non lo vedevo – mi è venuto a trovare un amico, uno tutto casa e lavoro.
È uno che apparentemente non 'crede' ma – avendo avuto dei disturbi fisici e  non riuscendo i medici a pronunciarsi con chiarezza – egli temeva di aver contratto un male inguaribile.
Una domenica mattina, mentre uscivo da casa, mi incrociò e avvicinandosi quasi vergognoso, mi disse con un sorriso mesto: 'Vai a messa? Prega per me.'
Rimasi sbalordito, e anche imbarazzato quando mi sembrò di vedergli spuntare un luccicore di lacrima negli occhi.
Lui era un 'duro', di poche parole e 'duro'. Rimasi sorpreso e mi sentii in pena.
Fortunatamente il 'brutto male' risultò poi non esserci.
E io – dopo, quando lui era ormai tornato sereno - gli dissi, riferendomi allo 'scampato pericolo', che a volte il Signore ci manda degli 'avvertimenti', per obbligarci a riflettere, e darci la possibilità e il tempo di 'convertirci', nel senso di entrare in un ordine di idee un poco più spirituale.
Lui – un galantuomo - dubitava però che Dio esistesse, perchè era fra l'altro uno di quelli che dicono che se Dio esistesse non consentirebbe tante tribolazioni ed ingiustizie.
I miei sforzi per convincerlo del contrario erano sempre stati inutili.
Lui non era portato per la 'filosofia' e sono convinto che tanti discorsi teorici gli sembrassero solo 'chiacchere'.
'Forse ha ragione - mi ero detto -  perchè ad esserne capaci, ad esserne capaci, Dio bisognerebbe saperlo 'dimostrare' con l'amore...'.
Già ma quale amore?
Qualche tempo dopo - forse un paio di mesi – lo reincontrai e lui mi fece un cenno da lontano, mi avvicinai ed egli - a mezza bocca e anche questa volta sorridendo come se volesse farmi credere che non era del tutto serio - mi disse: "Visto che tu 'credi', prega per me".
Questa volta rimasi allibito.
Per due ragioni: primo, queste decisamente non erano cose da lui, secondo - in tema di fede - io mi sono sempre considerato un 'teorico' e per me parlar di fede agli altri non è parlar di fede ma di 'religione', anzi di 'filosofia'.. e lui invece si era  evidentemente convinto che io avessi 'fede', che io 'credessi'...
Mi sembrava quasi di averlo 'tradito', di aver carpito la 'sua' buona fede, quella sì: fede', ma non mi sentii di deluderlo e anche in quella occasione annuii e poi, per non prolungare l'imbarazzo, lo salutai con un sorriso (falsamente) allegro.
Riflettendoci dopo, mi dissi che evidentemente nel profondo delle persone ci sono dei sommovimenti, si muovono delle cose, che poi vengono a galla all'improvviso.
Gratta gratta e scopri il 'Dio interiore' che ogni tanto - nonostante l'uomo lo cacci sotto - esce fuori a dire : "Io 'sono'. Ricordati."
Ora - dicevo dunque all'inizio - questo amico è venuto nuovamente a trovarmi. Era un mese che non lo vedevo. Mi dice che in questo periodo ha avuto dei nuovi ‘acciacchi’, ha dovuto fare dei 'controlli' e ora sembra che dovrà essere 'operato' e, se tutto va bene,  dovrà comunque condurre una vita non 'impegnata': niente vino, niente caffè, niente lavoro, perchè il suo è troppo pesante e quindi troppo pericoloso per la salute. Se invece tutto va male...
Rimango shoccato. In un lampo (non penso al 'peggio', perchè mi sforzo di essere - specie se in causa vi sono gli 'altri' - un ottimista)  penso al dramma della sua nuova vita, al suo lavoro, al suo esser l'unico sostegno della famiglia. Il 'sesso' (coniugale) lo scarto perchè - mi dico - in certi casi questo passa decisamente all'ultimo posto...
Lo guardo in tralice... è 'giovane'., cioè di ‘mezza età’. E io potrei essere al suo posto a raccontare la mia condanna a morte...
Eccola, la morte. Ecco il dolore. Quella ci tocca tutti, non ha pietà per nessuno.
Cerco di guadagnar tempo per non far trapelare i miei pensieri e lui allora - sempre con il suo solito imbarazzo, sempre a mezza bocca, con la testa un pò reclinata, gli occhi rivolti verso il basso, sempre con quel suo sorriso mesto e imbarazzato - mi dice con  voce rotta: 'Ma possibile che Gesù Cristo (sott'inteso: il 'tuo' Gesù Cristo) permetta che un uomo, un povero diavolo che lavora, nel pieno della forza, del vigore, possa essere colpito da questo?'
Avrei avuto voglia di piangere.Cosa gli dicevo a uno come lui? Il discorso che l'infelicità deriva dal peccato d'origine?
A uno che cerca disperatamente conforto contro il Male che lo assale e che chiede 'perchè', come fai a rispondergli che Dio è 'Dio di Libertà'?
Come fai - ad uno che è  già, 'lui', sulla graticola - a fargli capire  la ‘logica’ del dolore?
Come impedirgli la 'ribellione' a Dio? Questo Dio che sembra che non ci sia mai vicino, specialmente quando proviamo dolore?
Come impedirgli - anzichè volgere lo sguardo in basso - di alzare gli occhi al cielo con i pugni chiusi e gridare: "Padre! Ma con tanti farabutti, proprio me devi prendere? Quale amore? Quale Padre? E se io muoio, che ne sarà di mia moglie, dei miei figli?"
Pensavo queste cose e non sapendo che dirgli gli ho risposto con decisione: "Senti, non fasciamoci la testa prima di essercela rotta. Adesso farai tutti gli esami e, ogni volta che dovrai andare in ospedale a parlare con i medici, verrò con te e ai medici - per sapere bene come stanno le cose e cosa è meglio fare - parleremo insieme".
Incredibilmente l'ho visto risollevarsi ed illuminarsi con un sorriso. "Grazie - mi ha detto - è qui che si vede un vero amico".
Sono rimasto sorpreso da questo repentino cambiamento di umore e mi sono chiesto cosa potesse averlo rasserenato, rispetto alla sua situazione.
E allora - ripensando a questi 'Dialoghi' che sto scrivendo - ho capito che  deve essere proprio vero che per dar conforto, più che la 'parola'  conta... l'azione.
Luce:
La realtà in cui l'uomo vive non è costituita da 'gioia', intervallata da dolori, ma da 'dolori' - più o meno gravi - alleviati da momenti di sollievo e di gioia.
L'uomo non deve stupirsi quando viene colpito dal dolore, perchè egli è immerso nel dolore, ma deve ringraziare quando il Signore gli consente delle pause di serenità.
Dal Peccato originale - con le  malattie, gli odii, la morte -  l'uomo vive nel dolore. La stessa fatica per sopravvivere è 'dolore', e anche quando l'uomo non avrebbe ragioni oggettive di dolore, ecco che la sua 'psiche', tarata dal Peccato d' origine, gli crea ombre e problemi grandi e incombenti come montagne, che sono anch' essi 'dolore'.
Si può essere più o meno coscienti di ciò ma poi, alla lunga, con la maturità, l'uomo acquista questa consapevolezza e allora si stupisce del dolore, si stupisce che il dolore lo colpisca.
Io vi insegno non ad eliminare il dolore, che fa parte ormai della realtà provocata dal Peccato, ma a viverlo meglio trasformandolo - attraverso l'accettazione - in un fiore profumato che viene offerto al Signore. È l'accettazione l'abbandono al Signore che vi rende santi e che vi rende meritevoli di una gloria maggiore.
Ecco cosa bisogna spiegare a chi soffre per ragioni materiali o spirituali e che si stupisce di essere - anche lui - colpito dal 'dolore'.
Non feci eccezione Io, alla Legge del Dolore, come non feci eccezione a quella della Prova. Potete voi, che 'Cristi' non siete, sperare di avere una sorte migliore di quella che Io stesso mi ero volontariamente scelto? Ecco l'amore che trasforma il dolore, e lo rende eroico.
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