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2. Il SECONDO DISCORSO della MONTAGNA: Il DONO della GRAZIA e le BEATITUDINI. (1 di 2)
2.1 Gesù: «Dio dette ai due Progenitori doni naturali di bellezza ed integrità, di intelligenza e volontà, di capacità di amarsi e di amare, così dette i doni morali…, ma anche i soprannaturali, ossia la Grazia santificante, il destino superiore e la visione di Dio…». Non diciamo "Guai se non farò questo!" ma diciamo: "Beato me se farò questo…"».
Nel primo discorso della montagna – tenuto in privato ad apostoli e discepoli mentre la folla era accampata più in basso sulle pendici del monte – Gesù aveva loro parlato della assoluta necessità di essere ‘sale della terra e luce del mondo’ e poi del ruolo della Chiesa nella Storia e di quello dei futuri vescovi e sacerdoti, dei quali gli ‘apostoli’ ed i ‘discepoli’ erano loro antesignani.
Ora, nel discorso del giorno dopo, Gesù affronta davanti alla totalità dei presenti, inclusa cioè la folla, il tema dell’importanza della Grazia e delle ‘Beatitudini’.
Ho già avuto occasione di spiegare che - nei Vangeli - sovente episodi o anche frasi di Gesù non sono citati nella loro esatta collocazione temporale ed ambientale né tantomeno riportati secondo l’ordine logico in cui Gesù doveva averli ragionevolmente espressi.
Questo aspetto emerge in maniera abbastanza evidente dal confronto fra il testo di Matteo e quello del Gesù valtortiano, come abbiamo del resto già in parte visto con il primo discorso sul tema della Luce del mondo e del Sale della terra.
Lasciando da parte i titoli dei vari ‘capitoli’ dei Vangeli canonici, titoli che vennero aggiunti successivamente dagli amanuensi per renderne più facile la comprensione e la lettura, rimane il fatto che pur dicendo Matteo quanto di essenziale c’era da dire, non c’è invece ‘il tutto’ che ebbe a dire Gesù, e soprattutto le varie ‘enunciazioni’ non sono esposte in Matteo nell’ordine logico in cui le cita il Gesù di Maria Valtorta.
Il fatto che sia invece corretto l’ordine consequenziale dei discorsi di Gesù nell’Opera valtortiana lo si desume però facilmente proprio dalla loro concatenazione logica per cui tutte le varie ‘affermazioni’ si ‘tengono’ fra di loro, il che ci fa e vi fa concludere che ‘non potevano essere state dette che così…’.
Una domanda, anche se un pochino forse banale, ce la potremmo anche porre: ‘Ma se il Discorso della Montagna tenuto dal Gesù valtortiano era quello reale, non avrebbe potuto Gesù – con un miracolo come quello fatto con le rivelazioni alla nostra mistica – mettere Matteo in condizioni di trascriverlo per intero? Non sarebbe stato meglio e più ‘convincente’ - ai fini della conversione dei popoli e soprattutto dei ‘razionalisti’ - di quelle poche righe evangeliche sul sale della terra e luce del mondo?’.
È un mistero. La volontà ed i disegni di Dio sono imperscrutabili. Rispondono ad una logica superiore e spirituale che ci sfugge.
Dio avrebbe potuto ad esempio anche redimere il mondo con un solo atto della propria volontà, rimanendo in Cielo.
Il Verbo avrebbe poi anche potuto evitare di incarnarsi in un uomo, subendo conseguentemente le limitazioni e le miserie dovute alla natura umana, ma semplicemente rendersi visibile sulla Terra con ‘sembianze’ umane, come in certe apparizioni, senza assumere una carne umana, oppure assumere una carne umana a tutti gli effetti ‘solida’ ma illusoria come fece l’Arcangelo Raffaele che accompagnò ed assistette il giovane Tobia nel lungo viaggio raccontato nel libro di Tobia.1
Avrebbe anche potuto redimere e riaprire agli uomini le porte del Cielo offrendo la sua Vita senza farsi inchiodare su una croce.
Avrebbe potuto scegliere come apostoli dei ‘già santi’ anziché uomini del tutto ‘umani’ e ancora da santificare.
Avrebbe potuto scegliere dei dotti anziché degli umili pescatori, come Pietro e suo fratello Andrea, come Giovanni e suo fratello Giacomo di Zebedeo, tutti soci e compagni di pesca.
Quanto agli apostoli scelti fra la gente più comune, Gesù voleva tuttavia dimostrare che tutti gli uomini – se veramente vogliono – possono divenire santi e praticare la sua Dottrina, cosa che a tanti pare invece impossibile.
Il Verbo ha scelto invece per Sé la soluzione più imprevedibile e anche sgradevole, sia per il suo essere ‘Dio’ sia per il suo essere ‘uomo’: nascere in una umile stalla, vivere umilmente da falegname, un artigiano cioè che costruisce o ripara attrezzi agricoli e fabbrica masserizie e serramenti per chi mette su famiglia o casa, morire infine volontariamente su una croce fra atroci sofferenze e di una morte per di più ignominiosa che veniva riservata solo ai peggiori malfattori.
D’altra parte, poiché un Dio ‘non incarnato’ che fosse rimasto nel suo Empireo non avrebbe potuto dare agli uomini dimostrazione del suo amore, il Verbo volle scegliere la dimensione umana.
Ciò anche perché era proprio il suo Sacrificio di Uomo-Dio quello che avrebbe dato valore – di fronte al Padre – alla sua richiesta di Perdono per l’Umanità corrotta, per lo meno per gli uomini che avessero voluto emendarsi.
Riguardo però alla ‘pochezza’ – dal punto di vista ‘letterario’ – dei testi evangelici ricordo di aver letto, non ricordo più dove nelle migliaia e migliaia di pagine dell’Opera valtortiana, un passo di poche righe in cui – proprio riferendosi ai Vangeli – Gesù aveva detto che quei brani evangelici, pur succinti, erano egregiamente serviti nel corso di due millenni a convertire al Cristianesimo una quantità incalcolabile di persone.
Peraltro – cristiani o meno – non si può negare che la sua Dottrina abbia moralmente influenzato anche la parte non cristiana dell’Umanità, favorendo inoltre lo sviluppo della Civiltà.
Quei semplici e stringati brani evangelici che vanno direttamente al cuore di ogni uomo di qualsivoglia cultura, sono risultati – proprio perché sintetici e centranti il cuore il problema - agevolmente traducibili in pressoché tutte le principali lingue del mondo, facilmente assimilabili, memorizzabili e comprensibili anche dalle genti più umili ed incolte nei luoghi più sperduti della terra.
Toccando poi solo l’essenziale, ci hanno obbligato a rifletterci sopra per svilupparne il senso, per conoscerne il profondo significato, hanno stimolato decine e decine di migliaia di opere di studio e di commento che hanno dato anche agli autori la possibilità e la soddisfazione spirituale di portare il loro piccolo mattone alla costruzione del Regno di Dio in terra, aiutando così il prossimo desideroso di maggior conoscenza e spiritualità.
Troppe volte, poi, dimentichiamo che nelle questioni di Fede c’è l’Illuminazione dello Spirito Santo il quale - se ‘vede’ che noi ci avviciniamo ai Vangeli con lo spirito giusto - ci fa sentire con il ‘cuore’ la verità e sapienza divina di quelle frasi e concetti pur ridotti all’essenziale.
Tornando però al Vangelo secondo Matteo, questi fa esordire Gesù con le Beatitudini (Mt 5, 3-12) e solo in seconda battuta fa riferimento al dover essere ‘sale della terra e luce del mondo’, invito che pare peraltro esser rivolto alla folla in genere, il che certamente non guasta, anzi.
Perché questo silenzio di Matteo su quella triplice e shoccante reprimenda non nei confronti del ‘gregge’ ma dei Pastori che si fossero dimostrati indegni di guidarlo sulle vie della salvezza? Dimenticanza? Eppure il ‘pezzo’ forte del dover essere ‘sale della terra e luce del mondo’ riguardava proprio i ‘Pastori’, cioè apostoli e discepoli, vale a dire i Capi, i futuri Vescovi e sacerdoti, con quella triplice minaccia di ‘Guai a voi’ seguita da una ulteriore minaccia di ‘maledizione di Dio’ ai corruttori del suo piccolo gregge, corruttori ai quali Dio avrebbe chiesto ragione del loro operato e comminato dura punizione.
Possibile che Matteo si fosse dimenticato una parte così importante del discorso, insomma l’altra faccia della medaglia del dover essere ‘sale della terra e luce del mondo’?
Gli apostoli erano ancora molto umani: forse era il timore di dare scandalo, forse invece il fatto che il discorso della sera prima era stato ‘riservato’ e quindi non sarebbe stato opportuno metterne al corrente la folla: il Cristianesimo stava muovendo i primi passi e probabilmente bisognava essere prudenti.
Forse – quella di non dare scandalo (anche per non mortificare Lazzaro, protettore e benefattore del Gruppo apostolico ed amico intimo di Gesù) fu la stessa preoccupazione di pudore dell’evangelista Luca2 nel non fare il nome di Maria Maddalena raccontando l’episodio della famosa ‘pubblica peccatrice’ che – in casa di un fariseo dove Gesù sedeva a pranzo – irrompe inginocchiandosi piangente ai suoi piedi chiedendogli perdono, lavandogli i piedi con le sue lacrime, asciugandoglieli con i suoi capelli, baciandoglieli e ungendoglieli con preziosi profumi tratti da un vaso di alabastro.
È dal Vangelo di Giovanni che – a ben riflettere - abbiamo l’opportunità di capire senza ombra di dubbio quel che oggi molti si domandano ancora circa l’identità di quella misteriosa peccatrice.
Sarà infatti Giovanni che nel suo Vangelo - composto molti anni dopo, quando non vi era più timore di dare ‘scandalo’ essendosi il cristianesimo consolidato - descriverà alla perfezione la ripetizione dei gesti di quella donna che in Luca era definita ‘pubblica peccatrice’ ma che, in casa di Lazzaro durante un pranzo alcuni giorni prima della Passione, Giovanni mostra essere Maria Maddalena, sorella di Lazzaro e Marta, ormai splendidamente convertita da Gesù.3
In ogni caso è proprio l’Evangelo valtortiano a darci esplicita conferma di tutto ciò.
Ritornando però al Discorso della Montagna tratto da ‘L’Evangelo’, Gesù – prima ancora di enunciare le ‘beatitudini’ - esordisce con un ben articolato discorso preliminare sulla Grazia santificante, argomento di cui Matteo, nel suo pur dettagliato racconto, non parla.
È un tema molto importante, per noi cristiani, ma qui non deve forse stupire se Matteo non ne fa cenno perché non è facilmente sintetizzabile in una frase e comunque sono molti i ‘discorsi’ importanti fatti da Gesù che non vengono citati nei Vangeli dei tre ‘sinottici’ Matteo, Marco e Luca, salvo poi essere invece riportati nell’ultimo Vangelo di Giovanni.
Ricordo ad esempio il lungo ed importantissimo discorso tenuto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao sul suo essere ‘Pane disceso dal Cielo’4 e ‘Pane di vita eterna’, figura della futura Eucarestia che sarebbe stata istituita prima della Passione la sera del Giovedì santo nel Cenacolo. Questo discorso dette ‘scandalo’ e provocò l’allontanamento di molti discepoli del gruppo dei ‘settantadue’ poi sostituiti da altri.
Inoltre – ancora ad esempio – ricordo i contestati discorsi al Tempio di Gerusalemme sul suo (di Gesù) essere ‘Fonte di Acqua viva’5 e ‘Luce del mondo’6, senza dimenticare infine il discorso sul suo essere ‘Buon Pastore’.7
In questo discorso della montagna del secondo giorno Gesù si rivolge dunque alla folla dicendo come siano tante le domande che solitamente gli vengono rivolte: dal voler sapere cosa sia il Regno di Dio a cosa sia lo stesso Iddio, e al come si conquisti e il Regno e Dio.
Egli spiega poi cosa sia la Legge del Sinai, o meglio quale ne sia la sua vera ‘anima’, per cui chi la fa sua conquista anche il Cielo.
Legge mosaica severa, adatta ai tempi severi per i quali fu data con benedizioni ma anche minacce e maledizioni per i disubbidienti.
Poiché però Dio oltre che ‘Dio di Giustizia’ è anche ‘Padre buono’ – ora che è venuto il momento della Redenzione – ecco che arriva il suo Verbo a predicare l’insegnamento della perfezione dell’amore, insegnamento che Egli si appresta ora ad impartire alle folle su quella montagna.
Gesù dice che Dio diede ad Adamo – da poco creato dal fango8 - un’anima immortale e molti doni.
Questi possedeva doni naturali (bellezza fisica, integrità, intelligenza e volontà, capacità di amare) nonché doni morali, con il senso soggetto alla ragione così da prevenire l’insorgere di sensi disordinati e di passioni.
Soprattutto – aggiunge però Gesù – Dio diede all’uomo la Grazia santificante, un destino eterno, superiore a quello di qualsiasi altro essere animale, e infine la visione di Dio, possibilità che Adamo avrebbe in seguito avuto in Cielo se non avesse peccato.
La Grazia santificante era la vita dell’anima perché essa era amore, e cioè Dio.
Di qui l’esigenza di avere nuovamente questa Grazia non solo per la nostra salvezza ma anche per non deludere Dio che nell’uomo in Grazia si riflette e vede Se stesso.
Gli insegnamenti che l’Uomo-Dio è venuto a portare avranno dunque lo scopo – dopo la Redenzione operata con il Sangue del Verbo incarnato – di permettere all’uomo la conquista di questa Grazia, conquista indispensabile per poter un giorno entrare in spirito in Paradiso alla morte del corpo per poi risorgere al Giudizio universale ed entrare in Cielo anche con la propria carne glorificata.
Dio non violenta il nostro pensiero né ci obbliga a santificarci, ma – se noi vogliamo – ce ne dà la forza e con questa ci si può rendere liberi dalla schiavitù di Satana.
Dio ed il suo Regno si conquistano con la severa Legge del Sinai, non vi sono scorciatoie. È una Legge che tuttavia va guardata – spiega Gesù - non sotto il ‘colore’ della ‘minaccia’ ma sotto quello dell’amore, per cui anziché soffermarsi sul comando ‘negativo’ di ‘non fare una tal cosa’ o ‘non farne una talaltra’, sarebbe meglio dirsi in positivo con spirito gioioso: ‘Beato me se farò questo’
È dunque da questa premessa di Gesù in merito alla Grazia santificante - premessa che io vi ho anticipatamente molto semplificato ma che potrete qui di seguito apprezzare certamente molto meglio nella sua forma e contenuto integrale – che Egli inizia il suo famoso discorso delle ‘Beatitudini’9, con i susseguenti ‘Consigli evangelici’ di cui Egli parlerà nei giorni successivi.
Se infatti – come ho già avuto occasione di sottolineare – la Legge mosaica è il presupposto minimo per la nostra salvezza eterna, il rispetto delle Beatitudini e dei Consigli è ‘il di più’ che consente di guadagnarci non solo la salvezza ma un superiore livello di Gloria in Cielo.
Ecco dunque quanto vede e sente la mistica Valtorta (i grassetti sono miei): 10
24 maggio 1945.11
Gesù parla agli apostoli mettendoli ognuno al loro posto per dirigere e sorvegliare la folla, che sale fin dalle prime ore del mattino con malati portati a braccio o in barella o trascinantisi sulle grucce. Fra la gente è Stefano e Erma.
L'aria è tersa e un poco freschetta, ma il sole tempera presto questo frizzare di aria montanina che, rendendo mite il sole, se ne avvantaggia però, facendosi di una purezza fresca ma non rigida.
La gente si siede sui sassi e pietroni che sono sparsi nella valletta fra le due cime, altri attendono che il sole asciughi l'erba rugiadosa per sedersi sul suolo. È molta la gente e di tutte le plaghe palestinesi e di tutte le condizioni.
Gli apostoli si sperdono nella moltitudine ma, come api che vanno e vengono dai prati all'alveare, ogni tanto tornano presso il Maestro per riferire, per chiedere, per il piacere di essere guardati da vicino dal Maestro.
Gesù sale un poco più in alto del prato che è il fondo della valletta, addossandosi alla parete, e inizia a parlare.
«Molti mi hanno chiesto, durante un'annata di predicazione: "Ma Tu, che ti dici il Figlio di Dio, dicci cosa è il Cielo, cosa il Regno, cosa è Dio. Perché noi abbiamo idee confuse.
Sappiamo che vi è il Cielo con Dio e con gli angeli. Ma nessuno è mai venuto a dirci come è, essendo chiuso ai giusti".
Mi hanno chiesto cosa è il Regno e cosa è Dio. Ed Io mi sono sforzato di spiegarvi cosa è il Regno e cosa è Dio. Sforzato non perché mi fosse difficile a spiegarmi, ma perché è difficile, per un complesso di cose, farvi accettare la verità che urta, per quanto è il Regno, contro tutto un edificio di idee venute nei secoli12 e, per quanto è Dio, contro la sublimità della sua Natura.
Altri ancora mi hanno chiesto: "Va bene. Questo è il Regno e questo è Dio. Ma come si conquistano questo e quello?".
Anche qui Io ho cercato di spiegarvi, senza stanchezze, l'anima vera della Legge del Sinai.
Chi fa sua quell'anima fa suo il Cielo. Ma per spiegarvi la Legge del Sinai bisogna anche far sentire il tuono forte del Legislatore e del suo Profeta, i quali, se promettono benedizioni agli osservanti, minacciano tremende pene e maledizioni ai disubbidienti.
La epifania del Sinai fu tremenda e la sua terribilità si riflette in tutta la Legge, si riflette su tutti i secoli, si riflette su tutte le anime.
Ma Dio non è solo Legislatore. Dio è Padre. E Padre di immensa bontà.
Forse, e senza forse, le vostre anime, indebolite dal peccato d'origine, dalle passioni, dai peccati, da molti egoismi vostri e altrui13 - facendovi gli altrui un'anima irritata, i vostri un'anima chiusa - non possono elevarsi a contemplare le infinite perfezioni di Dio, meno di ogni altra la bontà, perché è la virtù che con l'amore è meno dote dei mortali.
La bontà! Oh! dolce essere buoni, senza odio, senza invidie, senza superbie! Avere occhi che solo guardano per amare, e mani che si tendono a gesto d'amore, e labbra che non profferiscono che parole d'amore, e cuore, cuore soprattutto che colmo unicamente d'amore sforza occhi, mani e labbra ad atti d'amore!
I più dotti fra voi sanno di quali doni Dio aveva fatto ricco Adamo, per sé e per i suoi discendenti. Anche i più ignoranti fra i figli d'Israele sanno che in noi vi è lo spirito.
Solo i poveri pagani lo ignorano questo ospite regale, questo soffio vitale, questa luce celeste che santifica e vivifica il nostro corpo. Ma i più dotti sanno quali doni erano stati dati all'uomo, allo spirito dell'uomo.
Non fu meno munifico allo spirito che alla carne e al sangue della creatura da Lui fatta con poco fango e col suo alito.
E come dette i doni naturali di bellezza e integrità, di intelligenza e di volontà, di capacità di amarsi e di amare, così dette i doni morali con la soggezione del senso alla ragione, di modo che nella libertà e padronanza di sé e della propria volontà, di cui Dio aveva beneficato Adamo, non si insinuava la malvagia prigionia dei sensi e delle passioni, ma libero era l'amarsi, libero il volere, libero il godere in giustizia, senza quello che fa schiavi voi facendovi sentire il mordente di questo veleno che Satana sparse e che rigurgita, portandovi fuor dell'alveo limpido su campi fangosi, in putrescenti stagni, dove fermentano le febbri dei sensi carnali e dei sensi morali. Perché sappiate che è senso anche la concupiscenza del pensiero.
Ed ebbero doni soprannaturali, ossia la Grazia santificante, il destino superiore, la visione di Dio.
La Grazia santificante: la vita dell'anima. 14
Quella spiritualissima cosa deposta nella spirituale anima nostra. La Grazia che ci fa figli di Dio perché ci preserva dalla morte del peccato, e chi morto non è "vive" nella casa del Padre: il Paradiso; nel regno mio: il Cielo.
Cosa è questa Grazia che santifica e che dà Vita e Regno? Oh! non usate molte parole!
La Grazia è amore. La Grazia è, perciò, Dio.
È Dio che ammirando Se stesso nella creatura creata perfetta si ama, si contempla, si desidera, si dà ciò che è suo per moltiplicare questo suo avere, per bearsi di questo moltiplicarsi, per amarsi per quanti sono altri Se stesso.
Oh! figli! Non defraudate Dio di questo suo diritto! Non derubate Dio di questo suo avere! Non deludete Dio in questo suo desiderio!
Pensate che Egli opera per amore. Se anche voi non foste, Egli sarebbe sempre l'Infinito, né sarebbe sminuita la sua potenza. Ma Egli, pur essendo completo nella sua misura infinita, immisurabile, vuole non per Sé e in Sé - non lo potrebbe perché è già l'Infinito - ma per il Creato, sua creatura, Egli vuole aumentare l'amore per quanto esso Creato di creature contiene, onde vi dà la Grazia: l'Amore, perché voi in voi lo portiate alla perfezione dei santi, e riversiate questo tesoro - tratto dal tesoro che Dio vi ha dato con la sua Grazia e aumentato di tutte le vostre opere sante, di tutta la vostra vita eroica di santi - nell'Oceano infinito dove Dio è: nel Cielo.
Divine, divine, divine cisterne dell'Amore! Voi siete, né vi è data al vostro essere morte, perché siete eterne come Dio, Dio essendo.
Voi sarete, né vi sarà data al vostro essere termine, perché immortali come gli spiriti santi che vi hanno supernutrite, tornando in voi arricchiti dei propri meriti.
Voi vivete e nutrite, voi vivete e arricchite, voi vivete e formate quella santissima cosa che è la Comunione degli spiriti, da Dio, Spirito perfettissimo, al piccolo pargolo testé nato, che poppa per la prima volta il materno seno.
Non criticatemi in cuor vostro, o dotti! Non dite: "Costui è folle, Costui è menzognero! Perché come folle parla dicendo la Grazia in noi, privi di essa per la Colpa. Perché mente dicendoci già uni con Dio".
Sì, la Colpa è; sì, la separazione è. Ma davanti al potere del Redentore, la Colpa, separazione crudele sorta fra il Padre e i figli, crollerà come muraglia scossa dal nuovo Sansone; già Io l'ho afferrata e la scrollo ed essa vacilla, e Satana trema d'ira e di impotenza non potendo nulla contro il mio potere e sentendosi strappare tanta preda e farsi più difficile il trascinare l'uomo al peccato.
Perché quando Io vi avrò, attraverso di Me, portato al Padre mio, e nel filtrare dal mio Sangue e dal mio dolore voi sarete divenuti mondi e forti, tornerà viva, desta, potente la Grazia in voi, e voi sarete i trionfatori, se lo vorrete.
Non vi violenta Iddio nel pensiero e neppure nella santificazione. Voi siete liberi. Ma vi rende la forza. Vi rende la libertà sull'impero di Satana. A voi riporvi il giogo infernale o mettere all'anima le ali angeliche. Tutto a voi, con Me a fratello per guidarvi e nutrirvi del cibo immortale.
"Come si conquista Iddio e il suo Regno attraverso altra più dolce via che non la severa del Sinai?" voi dite.
Non vi è altra via. Quella è. Ma però guardiamola non attraverso il colore della minaccia, ma attraverso il colore dell'amore.
Non diciamo: "Guai se non farò questo!" rimanendo tremanti in attesa di peccare, di non essere capaci di non peccare. Ma diciamo: "Beato me se farò questo!" e con slancio di soprannaturale gioia, giubilando, lanciamoci verso queste beatitudini, nate dall'osservanza della Legge come corolle di rose da un cespuglio di spine.
Beato me se sarò povero di spirito perché mio allora è il Regno dei Cieli!15
Beato me se sarò mansueto perché erediterò la Terra!
Beato me se sarò capace di piangere senza ribellione perché sarò consolato!
Beato me se più del pane e del vino per saziare la carne avrò fame e sete di giustizia. La Giustizia mi sazierà!
Beato me se sarò misericordioso perché mi sarà usata divina misericordia!
Beato me se sarò puro di cuore perché Dio si piegherà sul mio cuore puro ed io lo vedrò!
Beato me se avrò spirito di pace perché sarò da Dio chiamato suo figlio, perché nella pace è l'amore, e Dio è Amore che ama chi è simile a Lui!
Beato me se per fedeltà alla giustizia sarò perseguitato, perché a compensarmi delle terrene persecuzioni Dio, mio Padre, mi darà il Regno dei Cieli!
Beato me se sarò oltraggiato e accusato bugiardamente per saper essere tuo figlio, o Dio! Non desolazione ma gioia mi deve venire da questo, perché questo mi uguaglia ai tuoi servi migliori, ai Profeti, per la stessa ragione perseguitati, e coi quali io credo fermamente di condividere la stessa ricompensa grande, eterna, nel Cielo che è mio! Guardiamo così la via della salute. Attraverso la gioia dei santi.
‘Beato me se sarò povero di spirito.
Oh!, delle ricchezze, arsura satanica, a quanti deliri tu porti! Nei ricchi, nei poveri.
Il ricco che vive per il suo oro: l'idolo infame del suo spirito rovinato.
Il povero che vive dell'odio al ricco perché egli ha l'oro, e se anche non fa materiale omicidio lancia i suoi anatema sul capo dei ricchi, desiderando loro male d'ogni sorta.
Il male non basta non farlo, bisogna anche non desiderare di farlo.
Colui che maledice augurando sciagure e morti non è molto dissimile da colui che materialmente uccide, poiché ha in lui il desiderio di veder perire colui che odia. In verità vi dico che il desiderio non è che un atto trattenuto, come un concepito da ventre già formato ma non ancora espulso.
Il desiderio malvagio avvelena e guasta, poiché permane più a lungo dell'atto violento, più in profondità dell'atto stesso.
Il povero di spirito se è ricco non pecca per l'oro, ma del suo oro fa la sua santificazione poiché ne fa amore. Amato e benedetto, egli è simile a quelle sorgive che salvano nei deserti e che si danno, senza avarizia, liete di potersi dare per sollevare le disperazioni.
Se è povero, è lieto nella sua povertà, e mangia il suo pane dolce della ilarità del libero dall'arsione dell'oro, e dorme il suo sonno scevro da incubi, e sorge riposato al suo sereno lavoro che pare sempre leggero se viene fatto senza avidità e invidia.
Le cose che fanno ricco l'uomo sono l'oro come materia, gli affetti come morale.
Nell'oro sono comprese non solo le monete ma anche le case, i campi, i gioielli, i mobili, le mandre, tutto quanto insomma fa materialmente doviziosa la vita.
Nelle affezioni: i legami di sangue o di coniugio, le amicizie, le dovizie intellettuali, le cariche pubbliche.
Come vedete, se per la prima categoria il povero può dire: "Oh! per me! Basta che io non invidi chi ha e poi sono a posto perché io sono povero e perciò a posto per forza", per la seconda anche il povero ha da sorvegliarsi, potendo, anche il più miserabile fra gli uomini, divenire peccaminosamente ricco di spirito. Colui che si affeziona smoderatamente ad una cosa, ecco che pecca.
Voi direte: "Ma allora dobbiamo odiare il bene che Dio ci ha concesso? Ma allora perché comanda di amare il padre e la madre, la sposa, i figli, e dice: Amerai il tuo prossimo come te stesso’?.
Distinguete. Amare dobbiamo il padre e la madre e la sposa e il prossimo, ma nella misura che Dio ha dato: "come noi stessi ".
Mentre Dio va amato sopra ogni cosa e con tutti noi stessi. Non amare Dio come amiamo fra il prossimo i più cari, questa perché ci ha allattato, l'altra perché dorme sul nostro petto e ci procrea i figli, ma amarlo con tutti noi stessi, ossia con tutta la capacità di amare che è nell'uomo: amore di figlio, amore di sposo, amore di amico e, oh! non vi scandalizzate! e amore di padre.
Sì, per l'interesse di Dio dobbiamo avere la stessa cura che un padre ha per la sua prole, per la quale con amore tutela le sostanze e le accresce, e si occupa e preoccupa della sua crescita fisica e culturale e della sua riuscita nel mondo.
L'amore non è un male e non lo deve divenire. Le grazie che Dio ci concede non sono un male e non lo devono divenire. Amore sono. Per amore sono date. Occorre con amore usarne di queste ricchezze che Dio ci concede in affetti e in bene. E solo chi non se ne fa degli idoli ma dei mezzi per servire in santità Dio, mostra di non avere un attaccamento peccaminoso ad esse.
Pratica allora la santa povertà dello spirito, che di tutto si spoglia per essere più libero di conquistare Iddio santo, suprema Ricchezza. Conquistare Dio, ossia avere il Regno dei Cieli.
"Beato me se sarò mansueto".
Ciò può parere in contrasto con gli esempi della vita giornaliera.
I non mansueti sembrano trionfare nelle famiglie, nelle città, nelle nazioni. Ma è vero trionfo? No. È paura che tiene apparentemente proni i soverchiati dal despota, ma che in realtà non è che velo messo sul ribollire di ribellione contro il tiranno.
Non possiedono i cuori dei famigliari, né dei concittadini, né dei sudditi, coloro che sono iracondi e prepotenti.
Non piegano intelletti e spiriti alle loro dottrine quei maestri del "ho detto e ho detto".
Ma solo creano degli autodidatti, dei ricercatori di una chiave atta ad aprire le porte chiuse di una sapienza o di una scienza che essi sentono essere e che è opposta a quella che viene loro imposta.
Non portano a Dio quei sacerdoti che non vanno alla conquista degli spiriti con la dolcezza paziente, umile, amorosa, ma sembrano guerrieri armati che si lancino ad un assalto feroce tanto marciano con irruenza e intransigenza contro le anime...
Oh! povere anime!
Se fossero sante non avrebbero bisogno di voi, sacerdoti, per raggiungere la Luce.
L'avrebbero già in sé.
Se fossero giusti non avrebbero bisogno di voi giudici per essere tenuti nel freno della giustizia, l'avrebbero già in sé.
Se fossero sani non avrebbero bisogno di chi cura.
Siate dunque mansueti. Non mettete in fuga le anime. Attiratele con l'amore. Perché la mansuetudine è amore, così come lo è la povertà di spirito.
Se tali sarete erediterete la Terra e porterete a Dio questo luogo, già prima di Satana, perché la vostra mansuetudine, che oltre che amore è umiltà, avrà vinto l'odio e la superbia uccidendo negli animi il re abbietto della superbia e dell'odio, e il mondo sarà vostro, ossia di Dio, perché voi sarete giusti che riconoscerete Dio come Padrone assoluto del creato, al Quale va dato lode e benedizione e reso tutto quanto è suo.
"Beato me se saprò piangere senza ribellione".
Il dolore è sulla terra. E il dolore strappa lacrime all'uomo. Il dolore non era. Ma l'uomo lo mise sulla terra e per una depravazione del suo intelletto si studia di sempre più aumentarlo, con tutti i modi.
Oltre le malattie e le sventure conseguenti da fulmini, tempeste, valanghe, terremoti, ecco che l'uomo per soffrire, e per far soffrire soprattutto - perché vorremmo solo che gli altri soffrissero, e non noi, dei mezzi studiati per far soffrire - ecco che l'uomo escogita le armi micidiali sempre più tremende e le durezze morali sempre più astute.
Quante lacrime l'uomo trae all'uomo per istigazione del suo segreto re che è Satana!
Eppure in verità vi dico che queste lacrime non sono una menomazione ma una perfezione dell'uomo.
L'uomo è uno svagato bambino, è uno spensierato superficiale, è un nato di tardivo intelletto finché il pianto non lo fa adulto, riflessivo, intelligente.
Solo coloro che piangono, o che hanno pianto, sanno amare e capire. Amare i fratelli ugualmente piangenti, capirli nei loro dolori, aiutarli colla loro bontà, esperta di come fa male essere soli nel pianto. E sanno amare Dio perché hanno compreso che tutto è dolore fuorché Dio, perché hanno compreso che il dolore si placa se pianto sul cuore di Dio, perché hanno compreso che il pianto rassegnato che non spezza la fede, che non inaridisce la preghiera, che è vergine di ribellione, muta natura, e da dolore diviene consolazione.
Sì. Coloro che piangono amando il Signore saranno consolati.
"Beato me se avrò fame e sete di giustizia".
Dal momento che nasce al momento che muore l'uomo tende avido al cibo. Apre la bocca alla nascita per afferrare il capezzolo, apre le labbra per inghiottire ristoro nelle strette dell'agonia. Lavora per nutrirsi. Fa della terra un enorme capezzolo dal quale insaziabilmente succhia, succhia per ciò che muore. Ma che è l'uomo? Un animale? No, è un figlio di Dio. In esilio per pochi o molti anni. Ma non cessa la sua vita col mutare della sua dimora.
Vi è una vita nella vita così come in una noce vi è il gheriglio. Non è il guscio la noce, ma è l'interno gheriglio che è la noce.
Se seminate un guscio di noce non nasce nulla, ma se seminate il guscio con la polpa nasce grande albero. Così è l'uomo. Non è la carne che diviene immortale, è l'anima. E va nutrita per portarla all'immortalità, alla quale, per amore, essa poi porterà la carne nella risurrezione beata.
Nutrimento dell'anima è la Sapienza, è la Giustizia.
Come liquido e cibo esse vengono aspirate e corroborano, e più se ne gusta e più cresce la santa avidità del possedere la Sapienza e di conoscere la Giustizia. Ma verrà pure un giorno in cui l'anima insaziabile di questa santa fame sarà saziata. Verrà. Dio si darà al suo nato, se lo attaccherà direttamente al seno e il nato al Paradiso si sazierà della Madre ammirabile che è Dio stesso, e non conoscerà mai più fame, ma si riposerà beato sul seno divino.
Nessuna scienza umana equivale a questa divina.
La curiosità della mente può essere appagata, ma la necessità dello spirito no. Anzi nella diversità del sapore lo spirito prova disgusto e torce la bocca dall'amaro capezzolo, preferendo soffrire la fame all'empirsi di un cibo che non sia venuto da Dio.
Non abbiate timore, o sitibondi, o affamati di Dio! Siate fedeli e sarete saziati da Colui che vi ama.
"Beato me se sarò misericordioso".
Chi fra gli uomini può dire: "Io non ho bisogno di misericordia"? Nessuno.
Ora se anche nell'antica Legge è detto: "Occhio per occhio e dente per dente", perché non deve dirsi nella nuova: "Chi sarà stato misericordioso troverà misericordia"? Tutti hanno bisogno di perdono.
Ebbene, non è la formula e la forma di un rito, figure esterne concesse per la opaca mentalità umana, quelle che ottengono perdono. Ma è il rito interno dell'amore, ossia ancora della misericordia.
Che se fu imposto il sacrificio di un capro o di un agnello e l'offerta di qualche moneta, ciò fu fatto perché a base di ogni male ancora si trovano sempre due radici: l'avidità e la superbia.
L'avidità è punita con la spesa dell'acquisto dell'offerta, la superbia con la palese confessione di quel rito: "Io celebro questo sacrificio perché ho peccato".
E fatto anche per precorrere i tempi e i segni dei tempi, e nel sangue che si sparge è la figura del Sangue che sarà sparso per cancellare i peccati degli uomini.
Beato dunque colui che sa essere misericordioso agli affamati, ai nudi, ai senza tetto, ai miseri delle ancor più grandi miserie che sono quelle del possedere cattivi caratteri che fanno soffrire chi li ha e chi con loro convive.
Abbiate misericordia. Perdonate, compatite, soccorrete, istruite, sorreggete. Non chiudetevi in una torre di cristallo dicendo: "Io sono puro e non scendo fra i peccatori".
Non dite: "Io sono ricco e felice, e non voglio udire le miserie altrui". Badate che più rapido di fumo dissipato da gran vento può dileguarsi la vostra ricchezza, la vostra salute, il vostro benessere famigliare. E ricordate che il cristallo fa da lente, e ciò che mescolandovi fra la folla sarebbe passato inosservato, mettendovi in una torre di cristallo, unici, separati, illuminati da ogni parte, non potete più tenerlo nascosto.
Misericordia per compiere un segreto, continuo, santo sacrificio di espiazione e ottenere misericordia.
"Beato me se sarò puro di cuore".
Dio è Purezza. Il Paradiso è regno di Purezza. Niente di impuro può entrare in Cielo dove è Dio.
Perciò se sarete impuri non potrete entrare nel Regno di Dio. Ma, oh! gioia! Anticipata gioia che il Padre concede ai figli! Colui che è puro ha dalla terra un principio di Cielo, perché Dio si curva sul puro e l'uomo dalla terra vede il suo Dio. Non conosce sapore di amori umani, ma gusta, fino all'estasi, il sapore dell'amore divino, e può dire: "Io sono con Te e Tu in me, onde io ti possiedo e conosco come sposo amabilissimo dell'anima mia". E, credetelo, che chi ha Dio ha inspiegabili, anche a se stesso, mutamenti sostanziali per cui diviene santo, sapiente, forte, e sul suo labbro fioriscono parole, e i suoi atti assumono potenze che non sono, no, della creatura, ma di Dio che vive in essa.
Cosa è la vita di colui che vede Dio? Beatitudine. E vorreste privarvi di simile dono per fetide impurità?
"Beato me se avrò spirito di pace".
La pace è una delle caratteristiche di Dio.
Dio non è che nella pace. Perché la pace è amore, mentre la guerra è odio.
Satana è Odio. Dio è Pace.
Non può uno dirsi figlio di Dio, né può Dio dire figlio suo un uomo se costui ha spirito irascibile sempre pronto a scatenare tempeste. Non solo. Ma neppure può dirsi figlio di Dio colui che, pur non essendo di proprio scatenatore delle stesse, non contribuisce con la sua grande pace a calmare le tempeste suscitate da altri.
Colui che è pacifico effonde la pace anche senza parole.
Padrone di sé e, oso dire, padrone di Dio, egli lo porta come una lampada porta il suo lume, come un incensiere sprigiona il suo profumo, come un otre porta il suo liquido, e si fa luce fra le nebbie fumiganti dei rancori, e si purifica l'aria dai miasmi dei livori e si calmano le onde infuriate delle liti, per quest'olio soave che è lo spirito di pace emanato dai figli di Dio. Fate che Dio e gli uomini vi possano chiamare così.
"Beato me se sarò perseguitato per amore della giustizia".
L'uomo è tanto insatanassato che odia il bene ovunque si trovi, che odia il buono, quasi che chi è buono, anche se tace, lo accusi e rampogni. Infatti la bontà di uno fa apparire ancor più nera la malvagità del malvagio. Infatti la fede del credente vero fa apparire ancora più viva la ipocrisia del falso credente.
Infatti non può non essere odiato dagli ingiusti colui che col suo modo di vivere è un continuo testimoniare la giustizia.
E allora, ecco, che si infierisce sugli amanti della giustizia.
Anche qui è come per le guerre. L'uomo progredisce nell'arte satanica del perseguitare più che non progredisca nell'arte santa dell'amare. Ma non può che perseguitare ciò che ha breve vita.
L'eterno che è nell'uomo sfugge all'insidia, e anzi acquista una vitalità ancor più vigorosa dalla persecuzione. La vita fugge dalle ferite che aprono le vene o per gli stenti che consumano il perseguitato. Ma il sangue fa la porpora del re futuro e gli stenti sono tanti scalini per montare sui troni che il Padre ha preparato per i suoi martiri, ai quali sono serbati i seggi regali del Regno dei Cieli.
"Beato se sarò oltraggiato e calunniato".
Fate solo che di voi possa essere scritto il nome nei libri celesti, là dove non sono segnati i nomi secondo le menzogne umane nel lodare i meno meritevoli di lode. Ma dove però, con giustizia e amore, sono scritte le opere dei buoni per dare ad essi il premio promesso ai benedetti da Dio.
Prima di ora furono calunniati ed oltraggiati i Profeti. Ma quando si apriranno le porte dei Cieli, come imponenti re, essi entreranno nella Città di Dio, e li inchineranno gli angeli, cantando di gioia.
Pure voi, pure voi, oltraggiati e calunniati per essere stati di Dio, avrete il trionfo celeste, e quando il tempo sarà finito e completo sarà il Paradiso, ecco che allora ogni lacrima vi sarà cara, perché per essa avrete conquistato questa gloria eterna che in nome del Padre Io vi prometto.
Andate. Domani vi parlerò ancora. Restino ora solo i malati acciò li soccorra nelle loro pene. La pace sia con voi e la meditazione della salvezza, attraverso all'amore, vi instradi sulla via la cui fine è il Cielo».
Ritornando all’inizio del Discorso, Gesù ha esordito dicendo che il dono dei doni, dono soprannaturale, fu dunque la Grazia: ‘santificante’, perché essa ci rende ‘santi’, figli di Dio.
In effetti è proprio così. La Grazia è Amore e, come un seme deposto che si sviluppa nel nostro spirito, essa fa crescere rigogliosa la pianta della nostra anima che diventa tanto alta da toccare il Cielo.
'Padre insegnami ad amare' mi sembra dunque la preghiera più bella, quella che insegna il 'segreto', che è 'dono', per diventare uni con Dio.
Vivere 'in grazia' significa imparare, sforzandosi, a vivere nell'Amore che è poi la Luce di Dio.
Per questo Dio vuole ridarci la Grazia, perché - coltivandola noi dentro noi stessi - la facciamo crescere 'di nostro' e, amore per Amore, aumentiamo - del nostro - l'Amore di Dio.
Come i fiumi vanno al mare, l'acqua del mare evapora e si trasforma in pioggia che accresce ed alimenta le acque dei fiumi che continuano ad andare al mare, così fanno nella Comunione degli Spiriti le anime dei 'santi' che, vissute in 'grazia', accresciute in amore dei propri meriti, si trasformano in 'vapore di amore' che sale al Cielo, vapore spirituale che si fonde con lo Spirito di Dio che è Amore, che accresce l'Amore di Dio che viene a sua volta riversato sulle anime ‘amanti’ in terra di quelli che saranno i nuovi santi, in un ciclo continuo di Amore che non ha fine perché è infinito, perché è l'Amore di Dio Infinito.
C’è un concetto espresso da Gesù che può incuriosire, quello in merito all’antico rito ebraico del sacrificio di animali o anche di offerta di denaro, come si faceva ogni giorno nel Tempio di Gerusalemme.
Con l’instaurazione del Cristianesimo l’offerta di prodotti dell’agricoltura o il sacrificio cruento di innocenti animali è finito perché – con Gesù ed il Suo Sacrificio di Croce – per l’uomo è stato instaurato il sacrificio personale del proprio ‘io’ inferiore, in virtù della applicazione della Sua Dottrina che – essendo ascetica se applicata con serietà – conculca l’animalità dell’io. Dio vuole infatti il sacrificio del ‘cuore’.
Ma anche l’offerta in denaro aveva e continua ad avere valore di sacrificio perché – come dice Gesù – alla base di ogni male si trovano sempre due radici: l’avidità e la superbia.
L’avidità era punita con la spesa dell’acquisto dell’offerta, la superbia con la palese confessione di quel rito, e cioè: ‘Io celebro questo sacrificio perché ho peccato’.
Anche nel Sacramento cristiano della Confessione viene punita la Superbia, proprio perché bisogna avere il coraggio e l’umiltà di andare a confessare ad un altro essere umano i propri peccati che sono il segreto più prezioso che vorremmo custodire.
2.2 Approfondiamo la beatitudine dei «poveri di spirito»…
In un Dettato - che troviamo dei ‘Quaderni del 1944’ della mistica - è Gesù stesso che torna sul tema delle beatitudini con un ulteriore commento riferito in particolare alla prima di quelle da Lui menzionate, quella dei ‘poveri di spirito’ che forse non a caso è stata indicata per prima, non solo perché è estremamente importante, oltre che normalmente mal compresa, ma anche perché in un modo o nell’altro ‘contiene’ tutte le altre beatitudini (i grassetti sono miei): 16
19.7.44
Dice Gesù:
‘Nelle mie diverse beatitudini ho enunciato i requisiti necessari per raggiungerle ed i premi che ad essi beati saranno dati.
Ma, se sono diverse le categorie nominate, uguale è il premio, se osservate bene: godere delle stesse cose che gode Dio.
Categorie diverse.
Ho già mostrato come Dio provvede a creare con il suo pensiero anime di diverse tendenze, allo scopo che la terra goda di un equilibrio giusto in tutte le sue necessità inferiori e superiori.
Che se poi la ribellione dell’uomo altera questo equilibrio volendo andare sempre contro la Volontà divina, che amorosamente lo guida per la via giusta, non è di Dio la colpa.
Gli umani, perennemente scontenti del loro stato, o con sopruso vero e proprio o con conati di sopruso, invadono o turbano il campo altrui.
Cosa sono le guerre mondiali o le guerre famigliari e quelle di professione se non questi soprusi operanti?
Cosa sono le rivoluzioni sociali, cosa le dottrine che si ammantano del nome di ‘sociali’ ma che in realtà non sono che prepotenza e anticarità, perché non sanno volere e praticare il giusto che predicano, ma traboccano sempre in violenze che sollevano gli oppressi ma ne aumentano il numero a vantaggio di pochi prepotenti?
Ma dove regno Io, Dio, queste alterazioni non avvengono. Negli spiriti veramente miei e nel mio Regno nulla turba l’ordine.
Ecco dunque che sono vissute e sono premiate le diverse forme della multiforme santità di Dio, il quale è giusto, puro, pacifico, misericordioso, libero da avidità di ricchezze effimere, gioioso nella gioia del suo amore.
Nelle anime, quale tende ad una forma e quale all’altra.
Tende in maniera eminente, poiché in un santo le virtù sono tutte presenti. Ma ne predomina una per cui quel santo è particolarmente celebrato fra gli uomini.
Io lo benedico e premio però per tutte, perché il premio è ‘godere Dio’ sia per i pacifici come per i misericordiosi, per gli amanti di giustizia come per i perseguitati dall’ingiustizia, per i puri come per gli afflitti, per i mansueti come per i poveri di spirito.
I poveri di spirito!
Come è intesa sempre male, anche da chi la intende nel senso giusto, questa definizione!
Povero di spirito, per la superficialità umana e la sciocca ironia umana, nonché ignoranza che si crede sapienza, vuol dire ‘stupido’.
Credono i migliori che lo spirito sia l’intelligenza, il pensiero; che sia furbizia e malignità, i più materiali.
No. Lo spirito è al di sopra molto dell’intelligenza.
È il re di tutto quanto è in voi.
Tutte le doti fisiche e morali sono suddite e ancelle di questo re. Là dove una creatura figlialmente devota a Dio sa tenere le cose al posto giusto.
Dove invece la creatura non è figlialmente devota, allora avvengono le idolatrie, e le ancelle divengono regine, detronizzando lo spirito re. Anarchia che produce rovina come tutte le anarchie.
La povertà di spirito consiste nell’avere quella libertà sovrana da tutte le cose che sono delizia dell’uomo, e per le quali l’uomo giunge anche al delitto materiale o all’impunito delitto morale, che sfugge troppo sovente alla legge umana ma che non fa vittime minori, anzi ne fa più numerose e con conseguenze che non si limitano a levare la vita alla vittima, ma talora levano stima e pane alla vittima e ai famigliari suoi.
Il povero di spirito non ha più schiavitù di ricchezze. Se anche non giunge a rinnegarle materialmente, spogliandosi di esse e di ogni agio entrando in un ordine monastico, sa usarle per sé con una parsimonia che è doppio sacrificio, per essere invece prodigo di doni ai poveri del mondo.
Costui ha compreso la mia frase: ‘Fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste’.
Del suo denaro, che potrebbe esser nemico del suo spirito portandolo alla lussuria, gola e anticarità, egli fa il suo servo che gli spiana la via del Cielo, tutta tappezzata – per il ricco: povero di spirito – delle sue mortificazioni e delle sue opere di carità per le miserie dei suoi simili.
Quante ingiustizie non ripara e medica il povero di spirito!
Ingiustizie sue proprie, del tempo in cui, come Zaccheo, non era che un avido e duro di cuore. Ingiustizie dei suoi prossimi vivi o defunti. Ingiustizie sociali.
Elevate monumenti a persone che furono grandi solo per esser prepotenti.
Perché non elevate monumenti ai nascosti benefattori dell’umanità indigente, povera o lavoratrice, a coloro che usano le loro ricchezze non per fare della propria vita un perpetuo festino ma per renderla luminosa, migliore, più elevata a chi è povero, a chi soffre, a chi è menomato nelle capacità funzionali, a chi è lasciato nell’ignoranza dai prepotenti perché l’ignoranza serve meglio ai loro maledetti scopi?
Quanti ve ne sono, anche fra coloro che non sono nelle dovizie, anzi che sono poco meno che poveri e che pure sanno sacrificare ‘i due piccioli’ che possiedono per sollevare una miseria che, per essere senza luce , quale loro hanno, - e che l’abbiano si comprende dal modo come agiscono – è più grande della loro!
Sono poveri di spirito quelli che, perdendo il molto o il poco che hanno, sanno conservare la pace e la speranza, non maledire e non odiare. Nessuno. Né Dio né gli uomini.
Umiltà di pensiero che non si gonfia e non si proclama superpensiero, ma usa del dono di Dio riconoscendone l’Origine, per il Bene. Solo per quello.
Generosità degli affetti, per cui sa spogliarsi anche di questi pur di seguire Dio.
Anche nella vita. La ricchezza più vera e più istintivamente amata dalla creatura animale. I miei martiri sono stati tuti generosi in tal senso, perché il loro spirito si era saputo far povero per divenire ’ricco’ dell’unica ricchezza eterna: Dio.
Giustizia nell’amare le cose proprie. Amarle perché, testimonianza della Provvidenza verso di noi, è dovere. Ne ho già parlato in dettati precedenti. Ma non amarle al punto di amarle più di Dio e della sua volontà; amarle non al punto di maledire Dio se mano dell’uomo ve le strappa.
Infine, lo ripeto, libertà di schiavitù di denaro.
Ecco le diverse forme di questa spirituale povertà che Io ho detto che possederà, per Giustizia, i Cieli.
Sotto i piedi tutte le labili ricchezze della vita umana per possedere le ricchezze eterne.
Mettere la terra e i suoi frutti dal sapore subdolo, che è dolce alla superficie e amaro al centro, all’ultimo posto, e vivere lavorando per la conquista del Cielo.
Oh! Là non vi sono frutti di bugiardo sapore. Là vi è l’ineffabile frutto del godimento di Dio.
Questo Zaccheo l’aveva compreso. Fu questa frase lo strale che gli aprì il cuore alla Luce e alla Carità. A Me, che venivo a lui per dirgli: ‘Vieni’. E quando io venni a lui per chiamarlo, egli era già un ‘povero di spirito’. Per ciò fu atto a possedere il Cielo’.
2.3 Come guadagnare il Cielo facendo buon uso delle ricchezze guadagnate ingiustamente…
Zaccheo, è stato poco sopra ripetutamente citato e colpisce il riferimento di Gesù a lui quando dice che egli aveva compreso il valore della povertà di spirito17.
In merito ad essa Gesù aveva spiegato che questa virtù di un singolo ripara e medica non solo i propri peccati ma anche quelli dei nostri ‘prossimi’ vivi o defunti che siano, e perfino le ingiustizie sociali.
Evidentemente si tratta di una virtù molto importante, per ottenere questi effetti anche a favore di altri, per cui le buone opere di un singolo – immesse nel circolo della ‘Comunione dei santi’ - vengono valorizzate ed utilizzate da Dio a favore di altri.
Avrete dunque notato quale importanza Gesù dedichi alla categoria dei ‘poveri di spirito’, nominata non a caso per prima, non solo perché senza avere questa virtù, e cioè la libertà di spirito sopra tutte le delizie della vita, non si possono avere le altre virtù che danno le beatitudini, come diceva sopra lo stesso Gesù, ma anche perché essa è la virtù – a ben considerare – che manca alla grande maggioranza di noi tutti, qualora se ne meditino a fondo le varie sfaccettature.
La frase che nei Vangeli Gesù dice al ‘giovane ricco’ 18 - il quale avrebbe voluto seguirlo – per cui ‘è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei cieli’ (salvo il fatto – aggiunge Gesù – che non bisogna dimenticare che quanto è impossibile agli uomini è possibile a Dio) non vuole certo essere una condanna di tipo pauperistico-politico-ideologico contro i ricchi ed il loro denaro ma solo una considerazione sul pericolo che può derivare dall’attaccamento alla ricchezza che può facilmente portare alla perdita di varie virtù e quindi anche della salvezza.
La ricchezza può infatti inebriare, diventare una ricerca fine a se stessa e quindi egoistica ed anticaritativa, indurre a commettere ingiustizie ed abusi di potere, spingere infine all’uso smodato del sesso: non per altro il potere, il denaro ed il sesso sono – da che mondo è mondo e forse oggi ancor più che in passato – le spinte principali della corruzione e del crollo dei valori morali.
Lazzaro era ricchissimo – anzi era ‘ricco sfondato’, potremmo dire come si usa oggi – ma era anche un ‘giusto’ che era un ‘povero di spirito’ perché non era schiavo delle proprie ricchezze, e anzi le usava bene non solo per sovvenire alle necessità del Gruppo apostolico nelle sue esigenze di sostentamento ai fini della evangelizzazione, ma anche per dare lavoro a tanta gente guadagnandosi in tutta la Palestina e perfino in Libano e Siria la stima di molti, a cominciare da coloro che, ben trattati e giustamente retribuiti, lavoravano alle sue dipendenze nelle innumerevoli proprietà, sparse ovunque, che egli aveva ereditato dal padre Teofilo.
Allora non è male approfondire ancora un poco la conoscenza di questa ‘categoria’ di ‘beati’ attraverso un altro Dettato di Gesù alla nostra mistica dove Egli ribadisce e chiarisce ancora meglio non solo cosa si possa ancora intendere per ‘povero di spirito’ ma anche il senso di un uso corretto delle ricchezze ed in particolare di come si possa guadagnare il Cielo facendo buon uso – attenzione - perfino delle ricchezze ‘guadagnate’ ingiustamente (i grassetti sono miei):19
Sempre il 13 a sera.
Dice Gesù:
«Parlo a te per tutti, per spiegare gli amorosi rapporti fra Dio e l’anima.
Non per vano modo di dire sono chiamato “sposo” delle anime vostre. Vi ho sposate con rito di dolore e vi ho dato per dote il mio Sangue, poiché siete così povere, da voi stesse, che sareste state un disdoro per la dimora del Re.
Nel Regno del Padre mio non entrano coloro che sono denudati da ogni veste. Io vi ho tessuto la veste nuziale e l’ho tinta di porpora divina per renderla ancora più bella agli occhi del Padre mio; io vi ho incoronati del mio serto, perché chi regna porta corona, e vi ho dato il mio scettro.
Veramente ciò avrei voluto darlo a tutte le anime, ma infinite hanno spregiato il mio dono. Hanno preferito le vesti, le corone e gli scettri della terra, la cui durata è così relativa e la cui efficacia così nulla rispetto alle leggi dello spirito.
Onori, ricchezze, glorie, io non le maledico.
Dico solo che non sono fine a se stesse, ma sono mezzi per conquistare il vero fine: la vita eterna.
Bisogna usarne, se la vostra missione di uomini ve le affida, con cuore e mente pieni di Dio, facendo di queste ricchezze ingiuste non ragione di rovina ma di vittoria.
Esser poveri di spirito, guadagnare il Cielo con le ricchezze ingiuste: ecco due frasi che capite poco.
Poveri di spirito vuol dire non avere attaccamento a ciò che è terreno; vuol dire essere liberi e sciolti da ciò che è veste pomposa, come umili pellegrini che vanno verso la mèta godendo degli aiuti che la Provvidenza elargisce. Ma non godendone con superbia e avarizia, ma sibbene come gli uccelli dell’aria, che beccano contenti i granelli che il loro Creatore sparge per i loro piccoli corpi e poi cantano di gratitudine, tanto sono grati della piumosa veste che li ripara, e di più non cercano, e non si rammaricano con ira se un giorno il cibo è scarso e l’acqua del cielo bagna nidi e penne, ma sperano pazienti in Chi non li può abbandonare.
Poveri di spirito vuol dire vivere dove Dio vi ha posti, ma coll’animo staccato dalle cose delta terra e unicamente preoccupato di conquistare il Cielo.
Quanti re, quanti potenti in ricchezze della terra furono “poveri di spirito” e conquistarono il Cielo, usando la forza per domare l’umano che in loro si agitava verso le glorie labili, e quanti poveri della terra non sono tali perché, pur non possedendo ricchezze, le hanno anelate con invidia, e molte volte hanno ucciso lo spirito vendendosi a Satana per una borsa di denaro, per una veste di potere, per una tavola sempre imbandita di ciò che serve a formare il cibo per i vermi della putredine della tomba!
Guadagnare il Cielo con le ricchezze ingiuste vuol dire esercitare carità di ogni forma nelle glorie della terra.
Matteo, il pubblicano20, ha saputo fare delle ricchezze ingiuste scala per penetrare in Cielo.
Maria, la peccatrice, ha saputo, rinunciando agli artifizi con cui rendeva più seducente la sua carne e usandoli per i poveri di Cristo, cominciando da Cristo stesso, santificare quelle ricchezze di peccato.
Nei secoli, cristiani molti di numero, pochi rispetto alla massa, hanno saputo fare delle ricchezze e del potere la loro arma di santità. Sono quelli che hanno capito Me. Ma sono così pochi!»
2.4 Gesù: «Dio per esigenze d’ordine crea anime di diverse tendenze, allo scopo che la terra goda di un equilibrio giusto in tutte le sue necessità inferiori e superiori, ma è solo la libertà dell’uomo che lo fa uscire volontariamente da questo ordine…»
Questo delle Beatitudini è un brano veramente da meditare e rimeditare con estrema attenzione.
Abbiamo detto che il praticare la Legge mosaica dei dieci comandamenti è già sufficiente per salvarsi, ma è certamente abbastanza difficile mettere in pratica anche solo alcuni dei consigli di perfezione qui enumerati e spiegati da Gesù.
Ma se sarebbe poi addirittura ‘da santi’ il praticarne tanti o tutti, è importante capirne il senso per cercare di seguirli almeno in parte.
Non bisogna infatti mai dimenticare che Dio conosce bene i nostri limiti, vorrebbe da noi la perfezione ma non la pretende, accontentandosi anche di quel ‘massimo relativo’ che gli possiamo onestamente offrire nell’ambito delle nostre capacità e forze.
Ripercorrendo comunque mentalmente il discorso di Gesù, c’è un concetto che mi ha colpito e che forse avrà colpito anche voi, ed è quando Egli spiega – attribuendola alla libertà dell’uomo - la causa dell’uscita dell’ordine ispirato da Dio, dicendo:
Ho già mostrato come Dio provvede a creare con il suo pensiero anime di diverse tendenze, allo scopo che la terra goda di un equilibrio giusto in tutte le sue necessità inferiori e superiori.
Che se poi la ribellione dell’uomo altera questo equilibrio volendo andare sempre contro la Volontà divina, che amorosamente lo guida per la via giusta, non è di Dio la colpa.
Gli umani, perennemente scontenti del loro stato, o con sopruso vero e proprio o con conati di sopruso, invadono o turbano il campo altrui.
Cosa sono le guerre mondiali o le guerre famigliari e quelle di professione se non questi soprusi operanti?
Cosa sono le rivoluzioni sociali, cosa le dottrine che si ammantano del nome di ‘sociali’ ma che in realtà non sono che prepotenza e anticarità, perché non sanno volere e praticare il giusto che predicano, ma traboccano sempre in violenze che sollevano gli oppressi ma ne aumentano il numero a vantaggio di pochi prepotenti?
Dunque Dio – concetto molto interessante - per esigenze di Ordine crea anime di diverse tendenze, ma è solo la propria libertà che fa uscire l’uomo da questo ordine!
È un concetto che avevo trovato espresso anche in un altro brano valtortiano.
Sono convinto che pochi avrebbero potuto immaginare e che potrebbero ora anche accettare di credere che nel momento in cui Dio crea un’anima le ‘infonda’ una sorta di sua specifica missione.
Gesù la chiama ‘tendenza’, e non ‘missione categorica’, perché Dio vuole rispettare la libertà dell’uomo facendogli sommessamente intuire quale sarebbe il suo ‘progetto’ su di lui.
Si tratta di una ‘tendenza’ tutta potenzialmente destinata ad assicurare equilibrio di ruoli e di funzioni per un ordinato sviluppo sociale oltre che spirituale.
Quella della vocazione sacerdotale, ad esempio, quando è ‘autentica’ non sarebbe una mera scelta dell’uomo, ma una adesione dell’uomo ad una missione che Dio gli ha ‘sussurrato’ nell’anima.
Dio sa benissimo che gli uomini sono fatti di ‘carne’, cioè non solo di esigenze spirituali superiori ma anche specificatamente di esigenze materiali inferiori e - volendoli felici in Cielo come ‘figli di Dio’ ma anche in terra come ‘uomini di carne’ - ne tiene appunto conto nel creare le anime e nell’imprimere a ciascuna una ‘tendenza’.
Tale equilibrio è in funzione delle necessità materiali e spirituali di cui la grande famiglia umana avrebbe in ogni momento bisogno secondo le circostanze, i luoghi e le esigenze di ogni società.
A ben riflettere, se crediamo al fatto che Dio crei di volta in volta le singole anime destinate a vivere in un determinato ambiente e situazione storica, mi meraviglierei del fatto che non lo facesse.
Dio è Padre dell’Umanità. Vede tutto e legge nel profondo dei cuori, e secondo me è fin troppo logico che Egli sappia quali compiti tendenziali ‘sussurrare’ alle anime per un più ordinato sviluppo della Società: medici, educatori, manager ed imprenditori che creino occasioni di lavoro, persone – queste ultime - ‘chiamate’ a sviluppare le loro attività in ragione non solo del loro interesse ma anche per svolgere una funzione sociale a favore degli altri lavoratori ai quali l’imprenditore procura benessere e pane in cambio delle loro prestazioni d’opera che a loro volta rendono ricco o benestante lui.
Dio suggerisce anche altre importanti ‘vocazioni’, come quelle dei governanti e leader politici affinché essi sappiano guidare i loro popoli verso ideali di giustizia, benessere e pace. Inoltre – importantissime – le ‘vocazioni’ alla famiglia: cellula fondamentale della società, per essere ‘giusti genitori’ capaci di educare moralmente e spiritualmente i propri figli e – infine le fondamentali vocazioni al sacerdozio perché vi siano ministri del culto che sappiano veramente essere i mediatori fra l’Uomo e Dio, evangelizzare, curare e assolvere le anime, amministrare i Sacramenti e così via.
Poi però è l’uomo che – pur avvertendo questa missione interiore - stabilisce come comportarsi, cioè se attuarla più o meno bene o se respingerla del tutto.
In definitiva è sempre l’uomo che nel suo libero arbitrio decide se rimanere nell’Ordine o meno.
2.5 Gesù: «La grazia è possedere in voi la luce, la forza, la sapienza di Dio. Ossia possedere la somiglianza intellettuale con Dio, il segno inconfondibile della vostra figliolanza in Dio. Non tutte le anime in grazia possiedono la Grazia nella stessa misura… non perché Noi la si infonda in misura diversa, ma perché in diversa maniera voi la sapete conservare in voi».
È lecito domandarsi anche come mai il Gesù valtortiano – dopo aver tenuto quel suo primo discorso riservato ad apostoli e discepoli sull’importanza della ‘luce’ e del ‘sale’ del sacerdozio – inizi il giorno successivo la serie giornaliera dei suoi insegnamenti alle folle partendo proprio dal concetto della Grazia santificante.
San Paolo, nella sua lettera ai romani (Cap. VII, 21-25) parla della coesistenza nell’essere umano del bene e del male, per cui l’uomo apprezza con lo ‘spirito’ il bene ma con la ‘carne’ subisce l’attrazione del male.
Chi può dunque liberarci – aggiunge San Paolo - dalla ‘Legge del peccato’ che lo porterebbe allo morte?
Lo può fare la Grazia di Dio – risponde San Paolo - ottenuta in virtù dei meriti infiniti di Gesù Cristo nostro Redentore.
Il concetto di Grazia – specie nel momento in cui ora noi affrontiamo il Discorso della montagna, con le sue Beatitudini, Consigli evangelici ed altro ancora – diventa quindi importante perché il seguire gli insegnamenti di Gesù è funzionale all’ottenimento ed al mantenimento di uno stato di grazia.
Avere in sé stessi la Grazia, significa avere in se stessi Dio, dandoci il diritto di chiamarlo ‘Padre’, perché è così che Dio può essere chiamato da chi vive con Gesù nel proprio cuore.
Infatti quando si vive con Gesù nel proprio cuore e si invoca il Padre, è come se il Padre si sentisse chiamare dallo stesso Gesù dall’interno dell’uomo, ed il Padre non può ignorare la chiamata del Figlio.
Il primo concetto che dobbiamo dunque approfondire per comprendere meglio i successivi discorsi di Gesù è proprio quello inerente alla Grazia, termine che viene molto usato senza che poi sia facile – almeno per il ‘normale’ cristiano – comprenderne meglio sostanza e contenuti.
Cominciamo allora da una fonte teologica ‘ufficiale’, peraltro stimatissima, consultando il suo ‘Dizionario del Cristianesimo’ alla voce ‘Grazia’:21
Grazia: dono di Dio che eccede la natura, le facoltà, le aspirazioni, il finalismo, i meriti di ogni persona creata.
Grazia abituale è l’abito entitativo soprannaturale che rende l’uomo partecipe della natura e della vita di Dio; quindi, suo figlio adottivo, erede della sua beatitudine.
Grazia attuale è l’influsso soprannaturale e transeunte col quale Dio illumina la mente e stimola la volontà dell’uomo per disporlo a compiere opere meritorie di vita eterna.
Grazia-attuale-efficace è quella che di fatto produce l’effetto a cui è destinata, in quanto è assecondata dalla volontà umana.
Grazia-attuale-sufficiente è quella che rende la volontà umana pienamente capace di operare secondo lo scopo per il quale Dio la concede.
Si è sempre discusso da chi dipende che la grazia attuale, per sé sufficiente, sia anche efficace.
Ma il quesito suppone semplicisticamente che sia possibile separare l’iniziativa di Dio da quella dell’uomo, come se la causalità dell’uno non fosse conciliabile con quella dell’altro…: Dio è attivo solo nel e per dare; mentre l’uomo è attivo solo per e nel ricevere quanto darebbe a se stesso, se non dovesse dipendere da Dio.
Insomma la scelta della volontà è – misteriosamente – tutta di Dio e tutta dell’uomo.
Tutta di Dio, perché Causa Prima-omnicomprensiva di quanto avviene.
Tutta dell’uomo, perché «persona», «causa libera» (S.th., I,II, qq. 109-113).
Tutto chiaro? Non proprio? Spiega meglio Gesù?
Allora ricominciamo da una prima risposta sulla Grazia che il Gesù valtortiano impartisce alla mistica non nelle visioni di 2000 anni fa ma - con linguaggio ‘moderno’ - nei ‘Quaderni’ degli anni ’40 del secolo scorso (i grassetti sono miei): 22
6 giugno 1943, ore 4,30 ant.ne
Dice Gesù:
«Quest’oggi voglio parlarti della grazia. Vedrai che ha attinenza con gli altri argomenti anche se a tutta prima non ti pare. Sei un po’ stanca, povera Maria, ma scrivi lo stesso. Queste lezioni ti serviranno per i giorni di digiuno in cui Io, tuo Maestro, non ti parlerò.
Cosa è la grazia? L’hai studiato e spiegato molte volte. Ma Io te lo voglio spiegare a modo mio nella sua natura e nei suoi effetti.
La grazia è possedere in voi la luce, la forza, la sapienza di Dio. Ossia possedere la somiglianza intellettuale con Dio, il segno inconfondibile della vostra figliolanza in Dio.
Senza la grazia sareste semplicemente delle creature animali, arrivate ad un tale punto di evoluzione da essere provvedute di ragione, con un’anima, ma un’anima a livello di terra, capace di condursi nelle contingenze della vita terrena ma incapace di elevarsi nelle plaghe in cui si vive la vita dello spirito.
Poco di più dei bruti, perciò, i quali si regolano soltanto per istinto e, in verità, vi superano molto spesso col loro modo di condursi.
La grazia è dunque un dono sublime, il più grande dono che Dio, mio Padre, vi poteva dare.
E ve lo dà gratuitamente perché il suo amore di Padre, per voi, è infinito come infinito è Lui stesso. Volere dire tutti gli attributi della grazia vorrebbe dire scrivere una lunga lista di aggettivi e sostantivi, e non spiegherebbero ancora perfettamente cosa è questo dono.
Ricorda solo questo: la grazia è possedere il Padre, vivere nel Padre; la grazia è possedere il Figlio, godere dei meriti infiniti del Figlio; la grazia è possedere lo Spirito Santo, fruire dei suoi sette doni.
La grazia, insomma, è possedere Noi, Dio Uno e Trino, ed avere intorno alla vostra persona mortale le schiere degli angeli che adorano Noi in voi.
Un’anima che perde la grazia perde tutto.
Per lei inutilmente il Padre l’ha creata, per lei inutilmente il Figlio l’ha redenta, per lei inutilmente lo Spirito Santo l’ha infusa dei suoi doni, per lei inutilmente sono i Sacramenti. È morta.
Ramo putrido che sotto l’azione corrosiva del peccato si stacca a cade dall’albero vitale e finisce di corrompersi nel fango.
Se un’anima sapesse conservarsi come è dopo il Battesimo e dopo la Confermazione, ossia quando essa è imbibita letteralmente dalla grazia, quell’anima sarebbe di poco minore a Dio. E questo ti dica tutto.
Quando leggete i prodigi dei miei santi voi strabiliate. Ma, mia cara, non c’è nulla da strabiliare. I miei santi erano creature che possedevano la grazia, erano dèi, perciò, perché la grazia vi deifica. Non l’ho forse detto Io nel mio Vangelo che i miei faranno gli stessi prodigi che Io faccio? Ma per essere miei occorre vivere della mia Vita, ossia della vita della grazia.
Se voleste, potreste tutti essere capaci di prodigi, ossia di santità. Anzi Io vorrei che lo foste perché allora vorrebbe dire che il mio Sacrificio è stato coronato da vittoria e che Io vi ho realmente strappati all’impero del Maligno, relegandolo nel suo Inferno, ribattendo sulla bocca di esso una pietra inamovibile e ponendo su essa il trono di mia Madre, che fu l’Unica che tenne il suo calcagno sul dragone, impotente di nuocerle.
Non tutte le anime in grazia possiedono la grazia nella stessa misura.
Non perché Noi la si infonda in misura diversa, ma perché in diversa maniera voi la sapete conservare in voi.
Il peccato mortale distrugge la grazia, il peccato veniale la sgretola, le imperfezioni la anemizzano.
Vi sono anime, non del tutto cattive, che languono in una etisia spirituale perché, con la loro inerzia, che le spinge a compiere continue imperfezioni, sempre più assottigliano la grazia, rendendola un filo esilissimo, una fiammolina languente. Mentre dovrebbe essere un fuoco, un incendio vivo, bello, purificatore.
Il mondo crolla perché crolla la grazia nella quasi totalità delle anime e nelle altre langue.
La grazia dà frutti diversi a seconda che più o meno è viva nel cuore vostro.
Una terra è più fertile quanto più è ricca di elementi e beneficiata dal sole, dall’acqua, dalle correnti aeree. Vi sono terre sterili, magre, che inutilmente vengono irrorate dall’acqua, scaldate dal sole, corse dai venti. Lo stesso è delle anime.
Vi sono anime che con ogni studio si caricano di elementi vitali e perciò riescono a fruire del cento per cento degli effetti della grazia.
Gli elementi vitali sono: vivere secondo la mia Legge, casti, misericordiosi, umili, amorosi di Dio e del prossimo; è vivere di preghiera “viva”. Allora la grazia cresce, fiorisce, mette radici profonde e si eleva in albero di vita eterna.
Allora lo Spirito Santo, come un sole, inonda dei suoi sette raggi, dei suoi sette doni; allora Io, Figlio, vi penetro della pioggia divina del mio Sangue; allora il Padre vi guarda con compiacenza vedendo in voi la sua somiglianza; allora Maria vi carezza stringendovi sul seno che ha portato Me come i suoi figliolini minori ma cari, cari al suo Cuore; allora i nove angelici cori fanno corona alla vostra anima tempio di Dio e cantano il “Gloria” sublime; allora la vostra morte è Vita e la vostra Vita è beatitudine nel mio Regno
Non può esservi sfuggito un concetto interessante: anche quando un uomo è ‘in grazia’, si tratta sempre di una grazia ‘relativa’, perché i ‘gradi’ di grazia sono diversi a seconda di come l’uomo si comporta e corrisponde alla volontà di Dio.
Gesù continua tuttavia con Maria Valtorta le sue spiegazioni sulla Grazia il giorno successivo (i grassetti sono i miei):23
7 giugno 1943.
Dice Gesù:
«Continuo a parlarti della grazia, la quale dà la vita dello spirito.
Quando Iddio creò il primo uomo, infuse in esso, oltre che la vita della materia, fino ad allora inanimata, anche la vita dello spirito. Altrimenti non avrebbe potuto dire che vi aveva fatto a sua immagine a somiglianza.
Quello che era di perfetto la prima creatura nessuno di voi lo può immaginare.
Solo Noi possiamo vedere, nell’eterno presente che è la nostra eternità, la perfezione dell’opera regale della nostra Intelligenza creatrice.
Il seme di Adamo, se Adamo avesse saputo rimanere re quale Noi lo avevamo fatto, con potestà su tutte le cose e con dipendenza solo da Dio ‑ una dipendenza di figlio amatissimo ‑ sarebbe stato un seme di perpetua perfezione.
Ma vi era un vinto che vegliava per trarre vendetta.
Tu, Maria, che dici che dal tuo cuore non potrebbero uscire spontaneamente pensieri di perdono perché la tua natura umana ti porta allo spirito di vendetta e solo per riguardo mio sai perdonare, ci hai mai pensato che è stato lo spirito di vendetta che ha rovinato voi, figli di Adamo, e mandato Me, Figlio di Dio, sulla croce?
Lucifero ‑ ed era il bello fra i belli creati da Me ‑ dal baratro dove era piombato, brutto in eterno dopo la blasfema rivolta al suo Creatore, fu assetato di vendetta.
Al primo peccato di superbia unì così una serie interminabile di delitti, vendicandosi nei secoli dei secoli. E la prima vendetta fu sui miei creati Adamo ed Eva.
Nella perfezione della mia creazione il suo dente avvelenato mise il segno della sua bestialità comunicandovi la sua stessa libidine di lussuria, di vendetta, di superbia. E da allora il vostro spirito duella in voi contro i veleni del morso infernale.
Qualche rarissima volta lo spirito vince sulla carne e il sangue, e dà alla terra e al Cielo un nuovo santo. Qualche volta lo spirito vive stentatamente, con stasi di letargo in cui è come fosse morto e nelle quali vivete e agite come creature prive di luce, della mia Luce.
Qualche altra, viene letteralmente ucciso dalla creatura che volontariamente decade dal suo trono di figlia di Dio e diventa peggio di un bruto.
Diventa demonio, figlio di demonio.
In verità ti dico che oltre due terzi della razza umana appartengono a questa categoria che vive sotto il segno della Bestia. Per questa inutilmente Io sono morto.
La legge dei segnati dalla Bestia è in antitesi con la Legge mia.
In una domina la carne e genera opere di carne. Nell'altra domina lo spirito e genera opere di spirito.
Quando lo spirito domina, là è regno di Dio. Quando domina la carne, là è regno di Satana.
L'infinita Misericordia che anima la Triade ha dato al vostro spirito tutti gli aiuti per rimanere dominatore.
Ha dato il sacramento che leva il segno della Bestia nella vostra carne di figli di Adamo e imprime il mio Segno.
Ha dato la mia Parola di Vita, ha dato Me, Maestro e Redentore, ha dato il mio Sangue nell’Eucarestia e sulla Croce, ha dato il Paraclito: lo Spirito di verità.
Colui che sa stare nello Spirito genera opere dello spirito.
Dalla creatura posseduta dallo Spirito sgorga carità, mitezza, purezza, scienza e ogni opera buona unita a umiltà grande. Dagli altri escono, come serpi sibilanti, vizi, frodi, lussurie, delitti, poiché il loro cuore è nido di serpi infernali.
Ma dove sono quelli che sanno tendere alla vita dello spirito e rendersi degni di accogliere in sé l’infusione vitale del Consolatore che viene con tutti i suoi doni ma vuole per trono uno spirito pronto, desideroso di Lui?
No, che il mondo non lo vuole questo Spirito che vi fa buoni.
Il mondo vuole il potere a qualunque costo, la ricchezza a qualunque costo, l’appagamento del senso a qualunque costo, tutte le gioie della terra a qualunque costo, e respinge e bestemmia lo Spirito Santo e impugna la sua Verità, e si paluda di vesti profetiche parlando parole che non escono dal seno della Trinità Ss. ma dall’antro di Satana.
E ciò non è e non sarà perdonato. Mai.
E che non sia perdonato lo vedete. Dio si ritira nell’alto dei suoi Cieli perché l’uomo respinge il suo amore e vive per e nella carne.
Ecco le cause della vostra rovina e del nostro silenzio.
Dal profondo escono i tentacoli di Satana, sulla terra l’uomo si proclama dio e bestemmia il vero Dio, in alto il Cielo si chiude. Ed è già pietà, perché chiudendosi trattiene le folgori che voi meritate.
Una nuova Pentecoste troverebbe i cuori più duri e sozzi di un macigno sprofondato in uno stagno di fango. State perciò nel fango che avete voluto, in attesa che un comando, che non conosce ribellioni, ve ne tragga per giudicarvi e separare i figli dello spirito dai figli della carne.»
(…)
Fra i tanti, qualche concetto che ci potrebbe aver pure colpito?
‘Le cause della nostra rovina e del silenzio di Dio: il ritiro di Dio!’.
Tremende queste parole: tutto quel che di orrendo vediamo succedere oggi nel mondo è dunque dovuto alla volontà dell’uomo ed all’abbandono dell’uomo a se stesso da parte del Dio respinto.
Quale persona dotata di semplice buon senso non rimane attonita – nei tempi in cui viviamo – per la ferocia umana che viene esibita ogni giorno quasi sadicamente dalle cronache giornalistiche e da quelle televisive?
Inoltre notizie incessanti di terremoti, uragani, cicloni, alluvioni devastanti, tsunami che hanno provocato centinaia e centinaia di migliaia di vittime, tutte cose che avvengono qui e là dappertutto con sempre maggiore frequenza e gravità, e ancora cambiamenti radicali delle stagioni con danni enormi all’agricoltura forieri di carestie e fame nel mondo, guerre a non finire, sanguinarie rivoluzioni ovunque a getto continuo, scandali e misfatti finanziari di portata mondiale che innescano crisi economiche speculative e sempre più impoveriscono in tutto il mondo i popoli concentrando ricchezze smisurate in mano a pochissimi (l’1% della popolazione mondiale).
Una volta avevo letto su di un giornale di una persona che aveva dichiarato che – tutti questi sono castighi divini.
Non lo avesse mai detto! Si era tirata addosso gli scherni e gli insulti di atei e agnostici che – negando Dio o comportandosi come se non ci fosse – non riescono proprio a concepire un pensiero… ‘bigotto’ del genere, che oltretutto molti di essi vivono inconsciamente come un rimprovero a quel residuo di coscienza ancora fumigante che persiste nel profondo del loro cuore.
Tuttavia anche le persone migliori non riescono a capacitarsi del fatto che tutto ciò possa dipendere dal Peccato collettivo dell’Umanità e dal conseguente allontanamento di Dio. Sembra impossibile!
Ad esempio - nel caso dei noti gravi disturbi climatici mondiali che producono alterazioni di clima e stagioni - se la ‘causa prossima’ fosse il famoso ‘effetto serra’ più che non le macchie solari in continua periodica eruzione atomica, o altro ancora, cosa impedisce di pensare che questo effetto disordinato, non abbia forse avuto come ‘causa remota’, a monte, il disordine spirituale nei comportamenti degli uomini nel loro complesso rispetto a quanto vorrebbe Dio?
Uomini che - all’insegna del profitto e degli abusi morali, di quelli scientifici e di quelli sulla natura e cioè all’insegna delle violazioni dell’Ordine divino - non hanno neanche più il minimo rispetto della natura creata ordinata da Dio e producono ‘modelli di sviluppo’ micidiali?
Taluni filosofi hanno sentenziato in passato che ‘Dio è morto’, ma la vera spiegazione delle rovine e del ‘silenzio di Dio’ – a costo di fare inorridire atei e laicisti - è proprio l’abbandono da parte di Dio addotto da Gesù poco sopra nei termini che vi ripeto:
Il mondo vuole il potere a qualunque costo, la ricchezza a qualunque costo, l’appagamento del senso a qualunque costo, tutte le gioie della terra a qualunque costo, e respinge e bestemmia lo Spirito Santo e impugna la sua Verità, e si paluda di vesti profetiche parlando parole che non escono dal seno della Trinità Ss. ma dall’antro di Satana.
E ciò non è e non sarà perdonato. Mai.
E che non sia perdonato lo vedete.
Dio si ritira nell’alto dei suoi Cieli perché l’uomo respinge il suo amore e vive per e nella carne.
Ecco le cause della vostra rovina e del nostro silenzio.
Il Ritiro di Dio! E’ una spiegazione estremamente semplice: Dio è Ordine, ed è anche il suo Ordine quello che mantiene ‘in ordine’ la natura e l’universo.
Nel momento in cui l’uomo respinge l’Ordine divino, il Dio respinto e oltraggiato si ritira, ed al suo Ordine subentra il Disordine: Satana.
Gli spazi lasciati vuoti vengono sempre occupati, e Satana subentra a Dio non solo nella psiche e nel cuore degli uomini ma anche nella natura sempre più disordinata.
L’argomento del secondo Discorso della montagna: la Grazia e le beatitudini, è tuttavia troppo importante per esaurirlo in una sola riflessione, lo riprenderemo dunque approfondendolo nella prossima.
La prossima riflessione sarà dedicata a:
3. IL SECONDO DISCORSO DELLA MONTAGNA: IL DONO DELLA GRAZIA E LE BEATITUDINI - (Seconda parte di due)


1 Tobia 12, 11-22: «…Voglio dirvi tutta la verità, senza nulla nascondervi: vi ho già insegnato che è bene nascondere il segreto del re, mentre è motivo d'onore manifestare le opere di Dio. 12Ebbene, quando tu e Sara eravate in preghiera, io presentavo l'attestato della vostra preghiera davanti alla gloria del Signore. Così anche quando tu seppellivi i morti. 13Quando poi tu non hai esitato ad alzarti e ad abbandonare il tuo pranzo e sei andato a seppellire quel morto, allora io sono stato inviato per metterti alla prova.
14Ma, al tempo stesso, Dio mi ha inviato per guarire te e Sara, tua nuora. 15Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti a entrare alla presenza della gloria del Signore».
16Allora furono presi da grande timore tutti e due; si prostrarono con la faccia a terra ed ebbero una grande paura. 17Ma l'angelo disse loro: «Non temete: la pace sia con voi. Benedite Dio per tutti i secoli. 18Quando ero con voi, io stavo con voi non per bontà mia, ma per la volontà di Dio: lui dovete benedire sempre, a lui cantate inni. 19Quando voi mi vedevate mangiare, io non mangiavo affatto: ciò che vedevate era solo apparenza. 20Ora benedite il Signore sulla terra e rendete grazie a Dio. Ecco, io ritorno a colui che mi ha mandato. Scrivete tutte queste cose che vi sono accadute». E salì in alto. 21Essi si rialzarono, ma non poterono più vederlo. 22Allora andavano benedicendo e celebrando Dio e lo ringraziavano per queste grandi opere, perché era loro apparso l'angelo di Dio».
2  Lc 7, 36-50: 36Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
40Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa».
Ed egli rispose: «Di' pure, maestro».
41«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?».
43Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più».
Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco».
48Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati».
49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va' in pace!».
3  Gv 12, 1-12: 1 Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.
4  Gv 6, 22-72
5  Gv 7, 37-53
6  Gv 8, 11-20
7  Gv 10, 1-21
8  N.d.A.: Per uomo creato dal o col ‘fango’ – come dice la Genesi - deve intendersi uomo composto degli elementi che compongono la ‘terra’, a cominciare dall’acqua costituente in gran parte il corpo umano per finire ai vari minerali (calcio, etc.) dai quali - come noto – il nostro corpo è pure composto.
9  Mt 5, 3-12: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.4Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 5Beati i miti, perché erediteranno la terra. 6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 7Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 9Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.
10 N.d.A.: Stefano è un brillante discepolo del grande Rabbi Gamaliele. Era molto amico di Erma anch’egli discepolo del Rabbi. Diverranno entrambi discepoli di Gesù e Stefano dopo la morte e ascensione al Cielo di Gesù verrà processato e lapidato – presente Saulo poi divenuto San Paolo - divenendo il primo martire cristiano.
11  M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. III, Cap. 170 – Centro Editoriale Valtortiano
12 N.d.A.: Nel corso dei secoli gli ebrei avevano stravolto il senso originario spirituale del Regno di Dio, immaginandolo come un Regno materiale in terra, governato da un Messia che avrebbe sottomesso ‘con la spada’ tutti gli altri popoli. Questa è una delle ragioni per cui era stato poi rifiutato il messaggio di Gesù circa un regno di Dio in terra puramente spirituale.
13 N.d.A. Qui emerge implicitamente e deduttivamente anche un altro concetto: l’evoluzione dell’uomo è stata discendente, rispetto ai Due Progenitori, non solo a causa del Peccato originale con la perdita della Grazia, ma anche a causa dell’interazione psico-somatica, e cioè dell’influenza negativa della psiche-spirito, ormai corrotti, sul metabolismo dell’uomo e sul suo sistema endocrino. La vita di peccato, ancora peggiorata nei secoli, ha sempre più prodotto - come un virus che agisce lentamente ed inesorabilmente - uomini meno sani, meno vitali, soggetti a morte e ad una sempre maggiore decadenza fisica e morale. Il peccato agisce dunque non solo sullo spirito ma anche sulla genetica, sul metabolismo, sul sistema endocrino e quindi sulla salute, così come uno stress prolungato può provocare l’insorgenza di gastriti, ulcere allo stomaco quando non anche cancro, come ha oggi ben accertato la Medicina psicosomatica. Oggi sono le scoperte della tecnologia e della Medicina quelle che ci salvano o prolungano la vita, ma solo per chi se le può permettere.
14 N.d.A.: La Grazia santificante – per esprimerci in linguaggio né dottrinario né teologico - la potremmo immaginare come un dono, una sorta di benevolenza, anzi di amore, con cui Dio ci concede vari altri doni non perché tenuto a farlo ma perché liberamente lo vuole e sceglie di farlo. La Grazia che è Amore è in sostanza Dio stesso che si concede.
15  Vedi Matteo 5, 1-12 e notare il diverso ordine e anche le leggere differenze fra il testo di Matteo e le parole del Gesù valtortiano, spiegazioni sapienziali a parte:
1Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
3Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
5Beati i miti, perché erediteranno la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
7Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
8Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
9Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
10Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.
16  M.V.: ‘I Quaderni del 1944’ – 19.7.1944 – Centro Editoriale Valtortiano
17  N.d.A.: Il riferimento che Gesù in questo brano dei ‘Quaderni’ fa al pubblicano e ricco Zaccheo – del quale i Vangeli canonici riportano la conversione – è dovuto al fatto che questi nel momento in cui si mise al seguito di Gesù comprese il senso e l’importanza di essere ‘poveri di spirito’, non solo e non tanto nel rinunciare alle proprie ricchezze, che distribuì infatti ai poveri ed a coloro che egli aveva defraudato nel richiedere tasse superiori al dovuto trattenendo per sé il di più incassato, quanto al fatto dell’aver compreso che la vera ricchezza dell’uomo è il liberarsi dell’attaccamento alle ‘ricchezze’ che non sono costituite dal solo denaro ma da tutti quei beni, anche immateriali, che vengono normalmente ‘idolatrati’ dall’uomo che se ne rende schiavo.
18  Mt 19, 16-26
19  M.V.: ‘I Quaderni del 1943’ – 13.10.1943 – seconda parte ‘serale’ – Centro Ed. Valtortiano
20 N.d.A.: Anche Matteo, il pubblicano poi chiamato da Gesù all’apostolato, si comportò con le proprie ricchezze guadagnate ingiustamente come avrebbe fatto in seguito il suo ‘collega’ Zaccheo più sopra citato in nota.
21  P. Enrico Zoffoli: ‘Dizionario del Cristianesimo’ - Grazia
22  M.V.: ‘I Quaderni del 1943’ – 6.6.1943 – Centro Editoriale Valtortiano
23  M.V.: ‘I Quaderni del 1943’ – 7.6.1943 – Centro Editoriale Valtortiano

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