BS2-005 - ilCATECUMENO.it

Vai ai contenuti
5. La PROFEZIA ESCATOLOGICA sul MONTE degli ULIVI: la DISTRUZIONE di GERUSALEMME, la «GRANDE TRIBOLAZIONE», la SCONFITTA dell’ANTICRISTO, la REALIZZAZIONE del REGNO di DIO in TERRA.
5.1 Il destino di Israele: «E qui non potrai tornare a ricostruire un solido nido se non quando riconoscerai con gli altri popoli che questo è Gesù, il Cristo, il Signore Figlio del Signore…».
Dopo avervi schematizzato per rapidi cenni gli aspetti complessivi dei vari giorni della ‘settimana santa’ mi preme attirare la vostra attenzione sulla giornata del Mercoledì.
Quel giorno - vi avevo detto - avevano chiesto a Gesù quale era il maggiore dei comandamenti. C’era poi stato l’episodio dell’obolo della vedova povera che aveva messo nella cassa del Tempio solo due ‘spiccioli’ che però contavano più dei tanti soldi dei ricchi che li davano senza sacrificio. Quindi c’erano state le invettive contro scribi e farisei e infine… le profezie di Gesù sulla distruzione futura del Tempio e sui cosiddetti ‘ultimi tempi’.
Il Gesù della mistica, lasciata Gerusalemme alla fine di quella mattinata, a causa della calura si rifugia con apostoli, discepoli e discepole in una zona alberata fuori città, dove tutti prendono riposo e consumano successivamente un pranzo all’aperto con vettovaglie portate da altri discepoli.
Quando, poche ore prima, Gesù si era allontanato dal Tempio, aveva profetizzato - volgendo lo sguardo alle mura ciclopiche ed alla sua imponente costruzione - che di tutto quello non sarebbe rimasta pietra su pietra.1
Il Tempio, nella cultura religiosa ebraica, rappresentava tutto, ed i discepoli e gli apostoli erano rimasti storditi da questa profezia.
In seguito - dopo il pranzo ed il riposo - il gruppo si sposta sul Monte degli Ulivi, sedendo all’ombra degli alberi.
Alcuni discepoli gli si fanno vicini, desiderosi di chiarimenti, in particolare su alcune parole precedentemente dette da Gesù su un futuro ‘Nuovo Tempio’ che sarebbe stato edificato dopo la distruzione del primo.
Bisogna fare attenzione al linguaggio velato ed allegorico che Gesù era spesso solito utilizzare, come quando ad esempio aveva parlato del ‘segno di Giona’ intendendo i tre giorni in cui il profeta era rimasto chiuso nella bocca del pesce per uscirne poi vivo, ma dove Gesù aveva in realtà voluto alludere ai suoi tre giorni chiusi nella tomba dalla quale sarebbe risorto.
Il ‘Tempio’ propriamente detto era il Tempio in muratura di Gerusalemme, ma il termine stava anche allegoricamente a significare il ‘Tempio di Dio’ rappresentato dallo  stesso Gesù, Verbo divino incarnato, il quale (alludendo alla morte del proprio corpo) aveva detto a scribi e farisei che il (proprio) ‘Tempio’ sarebbe stato distrutto ma che in tre giorni lo avrebbe ‘riedificato’, riferendosi  qui - simbolicamente come nel caso del segno di Giona - non alla distruzione e riedificazione del Tempio fisico ma alla morte del proprio corpo e alla sua risurrezione dopo i tre giorni nella tomba.
Per  ‘Tempio di Dio’ si poteva intendere tuttavia anche l’anima del ‘giusto’, dove lo Spirito Santo, riposa.
I discepoli, però, sulle pendici del Monte degli ulivi, riferendosi alla costruzione in muratura ed alla precedente profezia sulla distruzione del Tempio fatta da Gesù uscendo da Gerusalemme, chiedono al Gesù valtortiano2: ‘Dove mai edificheremo questo nuovo Tempio che tu hai detto che non morrà in eterno, se tu stesso, Gesù, hai detto che questo luogo in Gerusalemme rimarrà deserto… fino a che essi (ndr: i giudei) - non ti benediranno come mandato da Dio’?
Facciamo una parentesi e poniamo attenzione a quest’ultima frase ‘… questo luogo in Gerusalemme rimarrà deserto… fino a che essi non ti benediranno come mandato da Dio’.
Cosa significa dire che quel luogo di Gerusalemme sarebbe rimasto deserto, cioè non più abitato dai giudei, fino al giorno in cui i giudei non avessero conosciuto Gesù come inviato di Dio?
Dopo la ribellione a Roma guidata da un falso messia, le legioni romane assediarono per alcuni anni la città sorpresa durante le festività pasquali e dunque piena all’inverosimile di pellegrini. L’assedio durò alcuni anni e quando la città fu presa nel 70 d.C. - come narra lo storico dell’epoca Giuseppe Flavio, ufficiale ebraico fatto prigioniero e ‘convertitosi’ a Roma - i sopravvissuti furono centomila ed i morti un milione.
Roma decretò a quel punto la ‘diaspora’, disperdendo nel mondo gli ebrei ed inibendo loro per sempre il ritorno nella loro patria.
Solo recentemente - dopo duemila anni - essi hanno potuto ricostituirsi in nazione negli stessi luoghi, senza peraltro avere ora che un controllo parziale sulla città di Gerusalemme e le regioni limitrofe e senza nemmeno potere ricostruire il Tempio, raso al suolo a quei tempi, e la cui ‘spianata’ è ‘occupata’ da secoli dagli islamici che ne hanno fatto il loro terzo luogo santo con una propria imponente moschea.
Oggi - di Israele - tutto si può dire tranne che abbia confini solidi e possa vivere in sicurezza, accerchiato come è da nemici che - per le loro ragioni che essi ritengono non meno legittime di quanto gli israeliani ritengano le proprie - lo vorrebbero ricacciare a mare, con il rischio che in un conflitto moderno - da una parte o dall’altra - possano essere utilizzate armi atomiche o comunque di sterminio di massa per di più con un effetto ‘domino’ che potrebbe coinvolgere altri belligeranti a livello mondiale.
A questo riguardo non dobbiamo dimenticare quanto approfondito nel precedente Cap. 3 con particolare riferimento a quanto detto dal Gesù valtortiano (alludendo Egli alla profezia di Geremia che avevamo trascritto in nota) allo scriba Gioele ed a quei suoi tre compagni notabili.
Qui per maggior comodità e comprensione del lettore  trascriviamo nuovamente quelle parole di Gesù:
“…Dunque si direbbe che, per i suoi lumi, il Profeta vede che più che Giuda sarà eletto Israele, che il Re andrà ad Israele, e già grazia sarà se Giuda avrà unicamente salvezza.
Il Regno sarà dunque detto di Israele? No. Di Cristo sarà detto. Di Colui che unisce le parti disperse e ricostruisce nel Signore, dopo avere, secondo l’altro Profeta, in un mese – che dico in un mese? – in men di un giorno, giudicato e condannato i tre falsi pastori e chiusa a loro la mia anima, perché la loro restò chiusa a Me e, desiderandomi in figura, non seppero amarmi in natura.
Or dunque, Colui che mi manda e che mi ha dato le due verghe spezzerà l’una e l’altra, perché la Grazia sia persa per i crudeli, perché il flagello non più dal Cielo ma dal mondo venga. E nulla è più duro dei flagelli che gli uomini danno agli uomini.
Così sarà. Oh! Così!
Io sarò percosso e le pecore saran disperse per due terzi.
Solo un terzo, sempre solo un terzo se ne salveranno e persevereranno sino alla fine. E questa terza parte passerà per il fuoco per il quale Io passo per primo, e sarà purificata e provata come argento e oro, e ad essa verrà detto: ‘Tu sei il mio popolo’ ed essa mi dirà: ‘Tu sei il mio Signore’.
Non dobbiamo infine neppure dimenticare quanto era stato detto dalla profetessa Sabea, citata dal Gesù valtortiano:
“…Israele, piangi il tuo fallo e non imprecare al Signore mentre vai verso il tuo esilio, che non avrà termine come quelli di un tempo.
Tutta la terra scorrerai, Israele, ma come popolo vinto e maledetto, inseguito dalla voce di Dio, e con le stesse parole dette a Caino.
E qui non potrai tornare a ricostruire un solido nido se non quando riconoscerai con gli altri popoli che questo è Gesù, il Cristo, il Signore Figlio del Signore…
In sostanza Sabea – alludendo profeticamente alla dispersione in esilio del popolo di Israele che una quarantina di anni dopo avrebbe fatto seguito alla distruzione di Gerusalemme ad opera dei romani - lega cronologicamente il concetto della ricostituzione di un ‘solido nido’ da parte di Israele in Palestina al riconoscimento - da parte di Israele - del fatto che Gesù era stato veramente l’atteso Messia e che quindi andava adorato dal popolo ebraico come Figlio di Dio.
Oggi, dopo duemila anni, Israele non ha affatto riconosciuto la messianicità di Gesù e il suo ‘nido’ di Israele - cioè la Nazione – ancorché in parte ricostruito, é tutt’altro che solido. E allora?
Allora, facciamo qui un’altra parentesi.
Non bisogna dimenticare che il Gesù che parla nell’Opera della mistica Valtorta3 ribadisce e ‘martella’ continuamente su di un concetto, ripreso anche da San Paolo in una sua famosa epistola.
Buona parte dei cristiani ad un certo punto della storia perderà la fede originaria. Essi verranno fuorviati prima dallo ‘spirito’ dell’Anticristo, una sorta di influenza spirituale demoniaca, e poi dalla personificazione di tale spirito in un essere umano - una sorta di possessione al massimo livello - dato che l’Apocalisse confermerà che l’Anticristo è rappresentato simbolicamente dal numero misterioso ‘666’ precisando che questo numero rappresenta un nome d’uomo.4
La perdita della fede autentica - secondo il Gesù valtortiano - avverrà innanzitutto ai vertici delle gerarchie ecclesiastiche e dal ‘capo’ si diffonderà più in basso fra le ‘membra’ e cioè fra i sacerdoti e da essi nel popolo dei ‘fedeli’.
Si tratta di quella che viene chiamata ‘Apostasia’, cioè - per i cristiani - l’abbandono della fede bimillenaria con i suoi dogmi.
L’apostasia riguarderà però anche l’intera Umanità in genere nei suoi rapporti con Dio dal quale essa pure si allontanerà.
È la situazione di degrado morale, spirituale, politico e sociale che ci sembra di poter constatare già oggi leggendo i giornali e guardando la televisione che ci comunicano peraltro solo una piccola parte di questa realtà.
Il Dio respinto si ritirerà, abbandonando gli uomini a se stessi, alla loro libertà, e gli uomini - non più uniti a Dio - finiranno per abbandonarsi a loro volta ai propri peggiori istinti seguendo le ispirazioni di Satana, nonché dell’Anticristo, suo emissario umano in terra.
Sarà un tempo di guerre e disastri anche ambientali sulla terra che porteranno rovine e lutti tremendi.
L’Anticristo, il vero Anticristo distruttore - per i cristiani - non sarà tuttavia un ‘uomo politico di mondo’, come molti tendono ad immaginare, ma – secondo il Gesù dell’Opera valtortiana - un misterioso personaggio ai vertici della Chiesa, già ‘astro‘ della stessa ma poi precipitato nelle spire di Satana per orgoglio e superbia.5
Sarà un personaggio annidato all’interno della struttura ecclesiale come già lo era stato Giuda all’interno del Gruppo apostolico, e dall’interno tenterà di distruggere la fede e la Chiesa.
La Chiesa cristiana è sempre sopravvissuta alle persecuzioni politiche degli Anticristi esterni, risollevandosi anzi sempre più forte dopo ogni persecuzione, rivitalizzata dal sangue dei Martiri.
Il vero pericolo mortale può invece essere costituito per essa da una implosione interna: la perdita della fede, appunto, che la minerebbe come un corpo invaso da una cancro.
Gesù-Verbo però non lo permetterà e ad un certo punto, mentre l’Anticristo sembrerà trionfare, interverrà ‘distruggendolo’ ed instaurando - dopo una fase immane di dolore per l’intera Umanità provocata da non si sa bene quali altri vicende terrene - il suo Regno di Pace in terra: il Regno di Dio nel cuore degli uomini.
Tale ‘regno’ non ha niente a che vedere con il vero Regno di Dio ‘spirituale’ che si instaurerà invece nei Cieli solo alla fine del mondo, dopo la resurrezione dei corpi ed il Giudizio universale.
La manifestazione di Gesù Cristo per la sconfitta dell’Anticristo e l’instaurazione del suo ‘Regno’ viene detta comunemente ‘seconda venuta’ o ‘venuta intermedia’ per distinguerla - dopo la venuta dell’Incarnazione - da quella finale del Giudizio universale.
In realtà, secondo il Gesù valtortiano, la seconda venuta non è un avvenimento futuro ma è in atto perché - per un Dio-Verbo che è fuori dello spazio-tempo - essa è iniziata con la Resurrezione e termina con la fine del mondo, in un ‘continuo presente’.
La ‘venuta’ per la sconfitta dell’Anticristo e l’instaurazione del Regno in terra nel cuore degli uomini non va dunque interpretata in termini di successione temporale fra la venuta dell’Incarnazione e quella della fine del mondo, ma come una sorta di manifestazione pentecostale (parusìaca) del Verbo-Gesù il quale - dopo la Resurrezione - continua ad essere per noi presente nella Storia, anche se invisibile, fino alla fine del mondo per la piena realizzazione del Regno di Dio in terra: quello invocato con la Preghiera del ‘Padre nostro’.
Tale ‘venuta’ o manifestazione – nel ‘nostro’ spazio-tempo, che è diverso dall’eterno ‘continuum’ in cui vive Dio - avverrebbe però dopo che il popolo di Israele, ricostituitosi in nazione  ma colpito da tragedie di cui  la Shoah della seconda guerra mondiale è un esempio (tragedie di cui parla anche l’Apocalisse di San Giovanni dove si accenna a due terzi di Israele che perirebbero mentre un terzo, un ‘resto’, si salverebbe), si renderà finalmente conto di aver creduto fino a quel momento in un ‘falso messianismo’, fonte delle sue disgrazie, e che il vero Messia predetto dai profeti dell’Antico Testamento è stato invece quel Gesù che i Capi di allora avevano fatto mettere a morte.
Israele a quel punto, sotto la spinta tremenda di un proprio dolore che toccherà però anche il resto dell’Umanità, aprirà gli occhi e si convertirà, e sarà solo allora che Gesù si manifesterà nella sua cosiddetta ‘seconda venuta’ o Parusìa intermedia, per instaurare appunto in maniera definitiva il suo Regno in terra.
In terra, e non ancora in Cielo alla fine del mondo, perché - come dice chiaramente Matteo nel Cap. 24 del suo Vangelo - dopo quelle terribili tribolazioni che riguarderanno l’intera Umanità non ci sarà la fine del mondo ma la vita continuerà.
Chiusa questa parentesi sulla ‘seconda venuta o ‘venuta intermedia’, utile a comprendere meglio il seguito di cui parleremo, Gesù - continuando sul Monte degli Ulivi il discorso con gli apostoli che gli avevano chiesto chiarimenti su cosa fosse il misterioso ‘Nuovo tempio’ di cui Egli aveva parlato - dà loro una interessante spiegazione che chiarisce i concetti di Regno di Dio e di Tempio.
Il Regno di Dio è la presenza di Dio in noi e rappresenta l’unione spirituale di tutti coloro che - vivendo in 'Grazia' - hanno Dio dentro se stessi.
Questa unione degli uomini che hanno il Regno di Dio in sé, rappresenta il Regno di Dio in terra, la Nuova Gerusalemme (figura della vecchia città santa), la quale nei secoli futuri finirà - specie dopo la sconfitta dell'Anticristo e grazie al recupero della Fede e ad una Nuova Evangelizzazione - per espandersi in tutto il mondo, figura a sua volta della Gerusalemme celeste, cioè il Paradiso, che si aprirà agli uomini – con i loro corpi ormai glorificati – dopo la fine del mondo e il Giudizio universale.
Il Tempio di Dio in noi e la Nuova Gerusalemme verranno edificati da Dio, ma lo saranno in funzione della buona volontà che gli uomini ci metteranno per vivere la dottrina che Gesù-Verbo è venuto ad insegnarci.
Tempio Nuovo – e questo è un ulteriore significato - sarà dunque anche la futura Chiesa che sorgerà quando il nostro cuore comincerà ad ospitare Dio.
Nella Chiesa, Pietro e i suoi successori sono come il ‘cervello’ per il  corpo umano.
Il ‘cervello’ percepisce dagli ‘organi’ le sensazioni e trasmette alle ‘membra’  i conseguenti impulsi.
Gesù – rispetto al corpo - rappresenta l’Intelletto, cioè la Mente che ispirerà il ‘cervello’ affinché esso sappia guidare nel modo migliore le membra della Chiesa, e cioè i cristiani.
Gesù, anche dopo la sua Ascensione al Cielo, continua quindi a guidare la Chiesa come Capo Mistico.
La Chiesa rappresenta dunque il corpo spirituale di Gesù, corpo di cui Gesù  costituisce il ‘capo’, corpo che Egli, come Capo mistico, continua ad ispirare e guidare attraverso lo Spirito Santo nelle tempeste e nelle vicende della vita.
La Chiesa spirituale rimarrà invincibile fino alla fine resistendo agli attacchi delle potenze demoniache che con tutti i mezzi tenteranno di distruggerla.
La Chiesa degli albori, già allora nascente, era come il germe di un seme, e si sarebbe sviluppata nei secoli fino a divenire gigantesco albero ombroso, avendo però continuamente bisogno del tocco di Dio per divenire più perfetta nel tempo, essendo pur sempre formata da uomini fallaci ed imperfetti, soggetti alle tentazioni ed alle insidie di Satana che l’avrebbe attaccata con eresie, divisioni e scandali anche ad opera di rappresentanti stessi della Chiesa indegni della loro missione.
Gesù Cristo ha posto fondamenta rocciose a questa Chiesa, ma gli uomini – ognuno per la propria parte – dovranno farsi ‘mattoni’ sui quali  dovranno essere costruiti nei secoli futuri mura ed edifici, il tutto sotto la direzione e le ispirazioni di Dio.
E se alcuni ‘mattoni’, cioè alcuni di noi, non si riveleranno abbastanza robusti per una solida costruzione, i ministri della Chiesa dovranno guardarsi bene dallo scartarli, mortificandoli, ma anzi dovranno utilizzarli per altri impieghi dove non sarà necessaria la loro ‘robustezza’ ma dove saranno parimenti utili al complesso della costruzione.
Vi dovrà essere invece il coraggio di allontanare dalla Chiesa quei ‘mattoni’ che si dovessero rivelare pericolosi.
Questo l’insegnamento ai discepoli da parte del Gesù valtortiano.
5.2 Non turbatevi. Non sarà la fine. Bisogna che tutto avvenga prima della fine, ma non sarà ancora la fine
Ritorniamo però a quella precedente domanda fatta a Gesù dai discepoli sul Nuovo Tempio: ‘Dove mai edificheremo questo Nuovo Tempio che tu hai detto che non morrà in eterno, se tu stesso hai detto che questo luogo in Gerusalemme rimarrà deserto… fino a che essi non ti benediranno come mandato da Dio?’.
Dopo le precedenti spiegazioni di Gesù sul Nuovo Tempio, apostoli e discepoli erano intanto giunti a destinazione sulle pendici del Monte Uliveto e si erano seduti a terra intorno a Gesù.
Avendo di fronte a sé il Tempio illuminato dal sole ormai al tramonto, gli apostoli - che avevano nel frattempo rimuginato fra di loro sulla profezia di Gesù in merito alla sua futura distruzione - non si rassegnavano ad accettarne l’idea non vedendo peraltro all’orizzonte politico né eserciti in armi né segnali di prossime guerre.
Essi chiedono pertanto a Gesù che Egli spieghi bene loro quando tutto ciò avverrà, quali saranno le circostanze che consentiranno di capire quale sarà il momento della sua venuta e il momento della fine del mondo.
Matteo ci racconta i due episodi dell’uscita dal Tempio e delle successive  domande sulle pendici del Monte degli ulivi nei termini seguenti:
Mt 24, 1-51:
Mentre Gesù, uscito dal Tempio, se ne andava, i suoi discepoli gli si avvicinarono per fargli osservare la costruzione del Tempio.
Ma egli disse loro: ‘Vedete voi tutte queste cose? In verità vi dico: non resterà qui pietra su pietra che non sia diroccata’.
Mentre poi se ne stava seduto sul Monte degli Olivi, gli si avvicinarono i discepoli e, in disparte, gli domandarono: ‘Spiegaci, quando avverranno queste cose, e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo?’
Gesù rispose loro: ‘Badate che nessuno vi seduca. Perché molti verranno in nome mio a dire: ‘Io sono il Cristo!’ e sedurranno molti.
Allora sentirete parlare di guerre e di rumori di guerre.
Guardate di non turbarvi perché non è ancora la fine.
Infatti si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno pestilenze, carestie e terremoti in vari luoghi.
Ma tutte queste cose non saranno che il principio dei dolori.
Allora vi metteranno al supplizio e vi uccideranno, e sarete odiati da tutte le nazioni per causa del mio nome. Allora molti soccomberanno e si tradiranno l’un l’altro e si odieranno a vicenda.
Sorgeranno molti falsi profeti e sedurranno molti.
E, per il moltiplicarsi dell’iniquità, in molti si raffredderà la carità.
Ma chi avrà perseverato sino alla fine, questi sarà salvo.
E questa buona novella del regno sarà predicata in tutto il mondo, in testimonianza in tutte le nazioni. Allora verrà la fine.
Quando, dunque, vedrete l’abominazione della desolazione predetta dal profeta Daniele, posta nel luogo santo, comprenda chi legge,  allora quelli che saranno nella Giudea fuggano ai monti; chi si troverà sulla terrazza, non scenda a prendere nessuna cosa di casa sua; e chi si troverà nel campo, non torni indietro a prendere il mantello. Guai alle donne incinte e allattanti, in quei giorni!
Pregate che la vostra fuga non debba avvenire d’inverno o di sabato, perché vi sarà allora una tribolazione sì grande, quale non vi fu mai dal principio del mondo fino ad ora, né mai vi sarà.
E se quei giorni non fossero abbreviati, non scamperebbe anima viva: ma, in grazia degli eletti quei giorni saranno abbreviati.
Allora, se qualcuno vi dirà: ‘Ecco, il Cristo è qui!’ oppure: ‘E’ là!’, non gli credete; perché sorgeranno falsi Cristi  e falsi profeti che faranno grandi portenti e prodigi da sedurre anche gli eletti, se fosse possibile.
Ecco, ve l’ho predetto.
Se, dunque, vi diranno: ‘Ecco, è nel deserto’, non vi andate; ‘Ecco, è nell’interno della casa’, non ci credete; perché, come il lampo esce dal levante e si mostra fino a ponente, così pure sarà la venuta del Figlio dell’uomo.
Dovunque sarà il cadavere, quivi si raduneranno le aquile.’
Or, subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte.
Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell’Uomo, tutte le tribù della terra si batteranno il petto e vedranno il Figlio dell’Uomo venire sulle nubi del cielo con gran potenza e gloria.
Egli manderà i suoi Angeli che, con tromba dallo squillo potente, raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un’estremità all’altra dei cieli.
Imparate dal fico la similitudine: quando i suoi rami si fanno teneri e mettono le foglie, voi sapete che l’estate è vicina.
Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che il Figlio dell’uomo è vicino, alle porte. In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto ciò avvenga.
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto poi a quel giorno e a quell’ora, nessuno ne sa nulla, né gli Angeli dei cieli, né il Figlio, ma solo il Padre.
E quello che avvenne ai tempi di Noè, avverrà pure alla venuta del Figlio dell’Uomo.
Infatti come nei giorni avanti il diluvio gli uomini mangiavano e  bevevano, si sposavano e maritavano fino al giorno in cui Noè entrò nell’Arca, e non si rendevano conto di nulla finché venne il diluvio e tutti li travolse, così sarà alla venuta del Figlio dell’uomo.
Allora di due uomini che si troveranno nel campo, uno sarà preso e l’altro lasciato.
Di due donne che saranno a macinare la mola, una sarà presa e l’altra lasciata.
Vegliate adunque, perché non sapete in che giorno verrà il vostro Signore.
Considerate bene questo: se il padrone di casa sapesse in quale vigilia della notte il ladro deve venire, veglierebbe certamente e non lascerebbe spogliare la sua casa.
Quindi anche voi state preparati, perché il Figlio dell’Uomo verrà nell’ora più impensata.
Quale è dunque il servo fedele e prudente, che il suo padrone ha costituito sopra la gente di casa sua, per dar loro il cibo a suo tempo?
Beato quel servo che il padrone, al suo ritorno, troverà così occupato.
In verità vi dico, che lo costituirà sopra tutti i suoi beni.
Ma se il servo è cattivo e pensa in cuor suo: ‘Il mio padrone tarda a tornare’, e si mette a percuotere i suoi compagni, a mangiare e bere con gli ubriaconi, il padrone di questo servo verrà nel giorno in cui meno se l’aspetta, e nell’ora che non sa, lo castigherà e gli riserverà la sorte degli ipocriti, là dove sarà pianto e stridor di denti’.
Alla luce di quanto avevo spiegato in precedenza vi sarà ora più chiara l'interpretazione di questo brano famoso un poco oscuro del Vangelo di Matteo.
Brano quindi anche controverso, la cui sostanza coincide però con la Rivelazione dell’Apocalisse, ma che oggi - contrariamente alla Tradizione degli antichi Padri della Chiesa - viene comunemente interpretato dall’opinione corrente dei teologi cattolici come un riferimento alla sola distruzione di Gerusalemme ed alla fine del mondo con una vita dell’Umanità che cessa in occasione della venuta del Signore che vi viene profetizzata.6
Ci troviamo invece di fronte ad una profezia apocalittico-escatologica velata, in perfetto stile ‘profetico’, dove negli orrori della distruzione di Gerusalemme ad opera dei Romani nel 70 d.C., si vedono in trasparenza, come sovrapposti in filigrana, quelli ben maggiori della grande tribolazione dell’epoca dell’Anticristo e gli orrori successivi della fine del mondo, tutti l’uno ‘figura’ dell’altro in un crescendo sempre maggiore.
Parimenti la venuta del Figlio dell’Uomo per la sconfitta dell’Anticristo e l’instaurazione generale del Regno di Dio in terra è figura e anticipazione della manifestazione o venuta finale di Gesù-Giudice per la sconfitta finale di Satana in occasione della fine del mondo e del Giudizio universale.

1  Mt 24, 1-2
2  M.V.: ‘L’Evangelo…’ - Vol. IX, Cap. 596.38 - 596.43 - 597.13 - C.E.V.
G.L. ‘I Vangeli di Matteo…’ - Vol. IV - Cap. 11 - Ed. Segno - vedi anche sito internet www.ilcatecumeno.net - Sez. Opere
3  In particolare i tre volumi de ‘I Quaderni’ (1943, 1944, 1945/50) - C.E.V.
4  G.L.: ‘Viaggio nell’Apocalisse verso l’Anticristo prossimo Venturo’ - Ed. Segno 2007
5  Dell’autore: ‘VIAGGIO NELL’APOCALISSE VERSO L’ANTICRISTO PROSSIMO VENTURO’, Cap. 13 – Ed. Segno, 2007 – vedi anche sito internet autore www.ilcatecumeno.net , Sezione Opere
6  Per una trattazione più ampia di questa tematica, ripresa in molte opere dell’autore, vedi dell’autore stesso: “Il Vangelo di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” - Vol. IV (in particolare nei capp. 11 e 12 ma anche in numerosi altri capitoli della stessa opera). L’opera è consultabile ed interamente scaricabile dal sito internet dell’autore già citato.
Torna ai contenuti